«Dico sì a colpire i clienti delle prostitute»
Amato: non sono interessato alla privacy di squallidi maschi a caccia di ragazze a pagamento «Molti italiani sfruttano gli immigrati, ne fanno una fonte di reddito. L'Ucoii? Non è illegale»
ROMA — Semaforo rosso. Macchine in fila. Una vecchia zingara traballante tende la mano. Tutti la scacciano con fare infastidito. Solo una signora, impietosita, abbassa il finestrino per porgerle una moneta. Scatta il verde. Gli altri automobilisti chiedono strada suonando irosi i clacson. Un giovane sgomma con la sua rombante vettura e affianca l'incauta elemosiniera coprendola di insulti.
Al racconto di questa scena, Giuliano Amato sorride: «Tutti noi tendiamo all'intolleranza quando siamo in strada. L'automobilista è sempre un essere umano sull'orlo di una crisi di nervi». Una battuta e il ministro dell'Interno torna subito serio. «Certo, c'è un'ostilità nei confronti di alcune categorie di immigrati. Che nel caso dei Rom per la verità non sono neppure tali. Sono una minoranza apolide».
Non immigrano perché non emigrano?
«È così. Si muovono e rappresentano un problema davvero speciale di cui l'Italia ancora non si è fatta carico, così come l'Europa ritiene che si debba fare. Per la nostra coscienza sono il caso più difficile. Dobbiamo saper tutelare i loro diritti come minoranza non territoriale e dobbiamo difenderci dall'attività criminale di alcuni di loro senza cancellare una cosa in nome dell'altra».
Finora siamo di fronte ad un fallimento.
«Dipende. Di recente ho visitato il campo nomadi della borgata Gordiani, che si è auto-diviso in due parti. Quelli che sono principalmente dediti al furto e quelli che sono persone perbene e aspirano ad integrarsi. Il parroco, allo scopo di dare un'identità a queste persone, ha caricato il proprio stato civile di 450 nomi che risultano conviventi con lui».
Ma chi lava i vetri ai semafori o pretende l'elemosina non fa che alimentare l'intolleranza.
«Ci sono i ragazzini che lo fanno timidamente, ci sono quelli che lo fanno in modo aggressivo. Quasi tutti sono sfruttati. Ma ricordiamoci che tanti sono sfruttati anche da italiani. Buona parte della nostra edilizia vive di lavoro nero immigrato. Costano molto meno. Si denuncia la loro presenza nel cantiere solo quando hanno un incidente, per evitare guai. E sono i più fortunati. Altri ricevono una somma cash purché spariscano. E non voglio generalizzare il caso di quelli che vengono gettati dal camion dopo aver avuto un incidente e vengono trovati morti. È una storia complicata. Non c'è un bianco e un nero. Non ci siamo solo noi italiani virtuosi, disturbati nella nostra vita quotidiana da persone che sgradevolmente ci si sono inserite. Ci sono anche diversi di noi che di questa sgradevolezza fanno la fonte del proprio reddito. Il principale incentivo all'immigrazione clandestina non sono i semafori ma il lavoro nero».
Poi però c'è Torino, tossic park, gli spacciatori in corteo, i sassi contro la polizia.
«E allora sa come rispondo? Consumiamo meno droga e ci sarà meno offerta. All'eroina, consumo del giovane privo di identità che sprofonda nell'isolamento della siringa, si viene sempre più sostituendo la cocaina che è la droga non dei poveracci ma di coloro che passano un weekend a tutta birra oppure si caricano prima di un incontro importante sniffando un po' di polvere bianca».
Lei è un socialista, un riformista, e quindi indica come rimuovere le cause dei mali sociali. Ma in attesa gli effetti sono devastanti...
«Ma quale attesa! Ci mancherebbe altro. Le forze dell'ordine combattono quotidianamente».
Ma intanto si arriva a costruire i muri come quello di Padova.
«Questo è un altro capitolo, rappresentato dalle politiche urbaniste che debbono accompagnare l'inserimento delle comunità di immigrati e dovrebbero prevenire il fenomeno banlieu, dove le forze dell'ordine possono solo spegnere gli incendi. Si tratta di decongestionare questo eccesso di presenze. Vuole che le dica una cosa socialista?».
Prego.
«Questi fenomeni li crea l'ingordigia di alcuni proprietari di immobili i quali all'affitto di una famiglia preferiscono sei studenti o ancora meglio sedici immigrati che vengono messi a centimetri quadrati, realizzando un profitto fuori di misura. Via Anelli è figlia di questo. Due bravi sindaci, una di centrodestra prima e uno di centrosinistra poi, si sono adoprati per decongestionare le due concentrazioni etniche che si sono formate. Ma se non si fa in tempo, prima le forze dell'ordine debbono sbrogliare la matassa, poi ci si mette un muro per evitare che si riaggrovigli».
Il muro per il momento sta lì.
«Verrà tolto quando l'operazione di decongestionamento sarà completata. Non vediamo l'Italia all'ombra di quel muro. Nella maggior parte delle nostre città le comunità di immigrati vivono in realtà sufficientemente integrate. I fenomeni sono diversi. A Milano c'è un'insofferenza verso gli immigrati che è legata all'intensità del mercato del lavoro nero, figlio della ricchezza della città, e al conseguente fatto che la criminalità di extracomunitari supera di gran lunga la media nazionale. Al contrario, a Napoli il tasso di criminalità è prevalentemente locale».
A Napoli gli scippi e le rapine sono opera dei guaglioni. Ma che intendete fare per l'emergenza criminalità nel capoluogo partenopeo?
«Un lavoro di pubblica sicurezza che è fondamentale per garantire una visibile presenza delle forze dell'ordine. C'è già il più alto concentrato di poliziotti».
Forse non bastano.
«Non è questo il punto. Come hanno fatto gli americani ad Harlem o a sud di Washington Square, dove un tempo non si poteva neppure entrare, va creata una vita sana dove ora c'è degrado. Io sto riducendo da venti a dieci i commissariati in città, in modo da togliere gli uomini dagli uffici e raddoppiare le pattuglie in strada, ma la cosa più utile che sto facendo è dare il via alla cittadella della polizia. Cambierà un quartiere, creerà attività che poi ne genereranno altre in un circuito virtuoso».
Tornando all'immigrazione, un'inchiesta del Corriere ha evidenziato che stanno nascendo nuovi ghetti. È il caso del quartiere Braida, a Sassuolo.
«Il sindaco è stato da me una settimana fa. Anche lì si lavora al decongestionamento».
Ma l'Italia si deve adattare a tanta immigrazione?
«Secoli fa, a Venezia unMoro dominava. Poi siamo diventati tendenzialmente bianchi e cristiani, con qualche ebreo che abbiamo vergognosamente ritenuto di troppo. Ora il mondo entra anche da noi. La viviamo come un'invasione intollerabile, come qualcosa che deve finire. Tendiamo a difendercene invece di affrontarla come fecero gli italiani dei tempi delle repubbliche marinare. Non è una risposta da ministro dell'Interno ma è l'unica che si possa dare. E allora uno deve dire: forza italiani, guardate al futuro. E non abbiate paura degli immigrati, chiedete a me di difendervi dai criminali».
Entro ottobre lei presenterà il disegno di legge che modificherà la Bossi-Fini. Sarà scontro con l'opposizione?
«Vorrei che su un tema epocale come questo le forze politiche avessero delle linee guida condivise. Spero che vinca la ragione ma temo che lo sfruttamento dell'emotività e le pregiudiziali ideologiche possano prevalere».
Qual è la più grossa differenza tra il suo progetto e la legge attuale?
«Il mio progetto dovrà aiutarci a tenere distinti con maggior rigore gli immigrati regolari da quelli clandestini e dovrà evitare ai primi le inutili vessazioni alle quali l'attuale legge in più casi li assoggetta».
Legata all'immigrazione clandestina, c'è la prostituzione. Strade di periferia invase da nigeriane e ragazze dell'Est. In un trionfo dell'ipocrisia del quale a farne le spese sono solo le schiave del sesso. Ma non sarebbe il caso o di riaprire le case chiuse o di punire anche i clienti?
«Non ho alcuna obiezione a prendersela con i clienti. Quando si cita la privacy a difesa di uno squallido maschio che gira per la Salaria alla ricerca di ragazze dalle quali ottenere a pagamento ciò che non sa ottenere altrimenti, beh, della sua privacy mi interessa ben poco».
Islam. Lei è accusato di essere un tollerante buonista.
«È la cosa che mi diverte di più. Io sono tollerante nei confronti di tutte le religioni. Chi è intollerante nei confronti dell'Islam è uno sciagurato al quale conviene leggere i vangeli ed apprendere il significato dei valori cristiani. Sono anche uno dei pochi che ha denunciato le scuse fatte per paura che rischiano di sostituire il dialogo tra le religioni. Continuo a ritenere che dobbiamo fare non la guerra alle religioni ma la guerra all'estremismo. Non la guerra ad Allah ma a chi fa perdurare un oscurantismo dogmatico nell'Islam. In passato il rapporto tra fede e ragione è stato offuscato anche dalla cristianità. Anche noi abbiamo fatto guerre sante e l'odio verso gli ebrei, accusati di aver ucciso Cristo, ha portato la cristianità a perseguitare altri così come oggi dei folli, in nome di Allah, perseguitano i cristiani».
Ma l'Ucoii non è un'organizzazione estremista, quasi da mettere fuorilegge?
«Non ci risultano ragioni per metterla fuori legge, ma è certo che tende non all'integrazione, ma alla preservazione di una identità separata che è quella su cui fa leva il fondamentalismo. In ogni caso non coincide con la Consulta islamica e rappresenta in essa una posizione minoritaria. La Consulta, e non l'Ucoii, ha offerto una cena islamica nel corso del Ramadan, sulla base di una decisione presa in passato, che prevede anche l'offerta di una cena cristiana da parte nostra in prossimità del Natale».
Lei è tra coloro che puntano tutto sull'Islam moderato. Non crede che alla fine bisognerà comunque prendere la spada contro la scimitarra?
«Il mondo islamico ha dentro di sé delle tensioni irrazionali ed estremiste forti. Non si può prevenire il trionfo del fanatismo islamico ricreando un fanatismo cristiano. Occidente svegliati, è un qualcosa che anch'io mi sento di dire. Ma non per riorganizzare la crociata. L'Occidente è anche gli Stati Uniti, che sono quello che sono — tanti estremisti nostrani amici dell'America lo dimenticano — perché hanno integrato e integrano le etnie e le religioni più diverse e che oggi sembrano una babele di lingue, ma contano già sul ritorno al dominio dell'inglese fra alcuni anni, proprio grazie all'integrazione delle nuove generazioni. L'Occidente è quello che è perché ha saputo essere la casa dei cristiani, ma anche degli altri. L'Occidente non è quello che alzava la croce contro la scimitarra, né è quello che metteva al rogo chi rifiutava la sua fede».
Ma ci sono pericoli di terrorismo in Italia?
«Non ci sono segnali accentuati. Ma chi deve farlo, tiene gli occhi aperti».
Per tornare ai semafori, lei si fa lavare il vetro?
«Ora ho la macchina blindata e non si avvicina nessuno. Prima, se il parabrezza non era sporco, dicevo di no. Se era sporco, me lo facevo pulire. Non era elemosina ma la remunerazione di un lavoro».
Marco Cianca
08 ottobre 2006
Corriere