Friday, December 31, 2004

Altra emergenza clima, in accelerazione lo scioglimento del permafrost

Altra emergenza clima, in accelerazione lo scioglimento del permafrost
Stefano Baldolini (da Europa Quotidiano del 30/12/04)
Si è da poco conclusa in un’atmosfera tutt’altro che serena la conferenza annuale di Buenos Aires sui cambiamenti climatici. Al centro dei lavori, il destino del protocollo di Kyoto, che sarà in vigore dal 16 febbraio 2005 al 2012. Il compromesso raggiunto prevede un singolo incontro che si terrà nel maggio del 2005, a Bonn, per discutere della riduzione dei famigerati gas serra dopo il 2012.

Innalzamento dei mari, scioglimento dei ghiacciai e recenti stranezze del clima sono spesso legate al cosiddetto riscaldamento globale del pianeta. Che però potrebbe essere la causa di altre emergenze per ora soltanto presentite. Una di queste ci porta in una regione dallo strano nome anglosassone, il permafrost (lett. gelo permanente) che non è definita a partire da un tipo di suolo, né da un luogo particolare, ma solo dalla temperatura che la caratterizza. Ogni roccia o terreno che rimane a zero gradi (o sotto zero) per due o più anni è considerato permafrost.

Tale area è interessata da un pericoloso fenomeno. Da quanto emerge dal recente “Fall Meeting of the American Geophysical Union” (Agu) di San Francisco, “lo scioglimento del permafrost è in accelerazione in tutte le regioni fredde del globo”. “A causa del drammatico innalzamento delle temperature dell’ultima metà del secolo”, affermano gli scienziati, che si sono avvalsi del rapporto “Arctic Climate Impact Assessment”. Il fenomeno potrebbe causare danni a case e infrastrutture, rimodellare vette millenarie, e alterare ecosistemi che si credevano consolidati.

Per la verità, usare il condizionale è poco corretto o quantomeno poco rispettoso degli abitanti di Fairbanks, in Alaska, che vedono le proprie abitazioni lesionarsi come fossero fondate su un terreno in frana. O degli abitanti delle Svalbard, al nord della Norvegia, dove la temperatura del suolo è cresciuta di circa 0.4 °C negli ultimi dieci anni. “Quattro volte più velocemente che in tutto il secolo”, secondo Charles Harris, geologo dell’Università di Cardiff, e coordinatore del programma “Permafrost and Climate in Europe” (Pace).

Ma non si deve pensare che il problema sia limitato alle inaccessibili regioni del nord. Quasi un quarto delle terre emerse nell’Emisfero Settentrionale è perennemente ricoperto da ghiacci (circa 23 milioni di km quadrati). Altri due terzi lo sono periodicamente. Oltre al nord dell’Alaska, l’area “permafrost” include molte altre terre Artiche, come il nord del Canada e gran parte della Siberia, e a latitudini più contenute, le vette di regioni montagnose come le Alpi e il Tibet. Qui, tra le cime più impervie del pianeta, si sta costruendo la linea ferroviaria Qinghai-Xizang, 1.118 km per gran parte sopra ai 4000m e per circa la metà sul permafrost, “molto del quale inizierà a sciogliersi tra pochi anni” ha dichiarato il professor Zhang, dell’Università del Colorado.

“E’ un problema molto diffuso” ha dichiarato Frederick Nelson, geografo dell’Università del Delaware. “Se le aree ghiacciate dell’emisfero settentrionale sono diminuite del 15-20 per cento nello scorso secolo”, ha detto il professor Zhang. "negli ultimi 20 anni, il calo è stato ancora più drammatico”. Per comprendere l’entità del fenomeno, basta pensare che circa l’80 per cento del suolo degli Stati Uniti ghiaccia ogni inverno. Il paventato cambio del ciclo dovrebbe avere ripercussioni sui raccolti, sulla vegetazione e sulla fauna locale (molte specie artiche potrebbero mutare le proprie rotte migratorie).

Altro problema, pare senza precedenti e di non facile soluzione, quello legato al possibile rilascio nell’atmosfera del carbonio organico depositato nel permafrost. Secondo le previsioni, mentre nelle aree più secche, molte delle emissioni potrebbero avvenire sotto forma di biossido di carbonio (CO2), in quelle più umide, si verrebbe a rilasciare metano, un gas serra a tutti gli effetti. Inoltre gli scienziati non conoscono esattamente quanto carbonio sia contenuto nelle zone considerate ma stimano che potrebbe essere più di un quarto di quello immagazzinato nella Terra.

Nonostante “la diffusa evidenza” che il maggior responsabile dello scioglimento del permafrost sia il riscaldamento globale, permangono dei dubbi. “In prima istanza, le connessioni tra il global warming e la crisi del permafrost possono sembrare dirette” ha dichiarato il professor Nelson. Ma “l’innalzarsi delle temperature potrebbe aumentare il numero e la densità della vegetazione arbustiva che ricopre la superficie, e per assurdo aiutare a proteggere il permafrost stesso”. D’altra parte, c’è la testimonianza di chi, come Antoni Lewkowicz dell’Università di Ottawa, ha studiato diversi episodi franosi “attribuibili all’indebolimento del ghiaccio causato dal global warming”.

Si tratta insomma di un fenomeno esteso e relativamente recente. A fronte del quale – a meno della Russia che vanta una lunga tradizione nel monitorare il problema – scarsi sono i dati a disposizione. Il tempo stabilirà l’efficacia del programma attivato, il “Global Terrestrial Network for Permafrost” (GTNP). Nell’attesa, non resta che osservare i costruttori di case in Alaska, o gli ingegneri ferroviari cinesi, usare le necessarie (e costose) precauzioni.

www.europaquotidiano.it

Wednesday, December 29, 2004

Terremoti: Icrc, servono 44 mln $

Terremoti: Icrc, servono 44 mln $
Ad Organizzazione per migrazioni ne servono 4,7 milioni (ANSA) - GINEVRA, 28 DIC - La Federazione internazionale della Croce Rossa ha chiesto aiuti per 44 milioni di dollari in favore delle vittime del maremoto. 'Si tratta della catastrofe peggiore alla quale dobbiamo far fronte da decenni, e non ne abbiamo ancora constatato tutta la ampiezza', ha detto il segretario generale. L'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) chiede inoltre una raccolta di 4,7 milioni di dollari da utilizzare in aiuti urgenti a favore delle vittime dell'Asia

modificato asse terra

Terremoti: modificato asse terra
Lo afferma Agenzia spaziale italiana (Asi) di Matera (ANSA) - ROMA, 28 DIC - Il sisma del 26 dicembre 'e' stato talmente violento da modificare in modo considerevole l'inclinazione dell'asse di rotazione terrestre'. E' quanto verificato dai ricercatori del Centro di Geodesia Spaziale dell'Agenzia spaziale italiana (Asi) di Matera che stanno elaborando in tempo reale i dati prodotti dalla rete mondiale di telemetria laser satellitare, della quale l'osservatorio lucano e' uno dei capisaldi fondamentali.

Sisma: causa rotazione terrestre?

Sisma: causa rotazione terrestre?
Secondo l'esperto russo Aleksandr Ponomariov (ANSA)-MOSCA, 28 DIC- Un cambiamento nella velocita' di rotazione della Terra potrebbe essere all'origine del maremoto che ha devastato i paesi dell'Oceano Indiano. Lo sostiene un esperto russo, Aleksandr Ponomariov, vicedirettore dell'Istituto di Fisica Terrestre a Mosca. 'Il terremoto al largo dell'isola di Sumatra si e' rivelato uno dei 5 piu' pericolosi degli ultimi 120 anni, da quando c'e' il monitoraggio sismico', rileva Ponomariov secondo il quale la rottura della crosta terrestre e' di quasi 600 chilometri'.

SHARON ESCLUDE UE DA PROCESSO DI PACE

MO: SHARON ESCLUDE UE DA PROCESSO DI PACE, RADIO
(ANSA) - GERUSALEMME, 28 DIC - Il premier israeliano Ariel Sharon ha detto oggi che i paesi europei non potranno partecipare al processo politico per una soluzione del conflitto israelo-palestinese fino a quando continueranno a tenere una politica ''sbilanciata'' ai danni di Israele. Lo ha riferito la radio statale, secondo la quale Sharon si e' cosi' espresso nel corso di un incontro con gli ambasciatori israeliani accreditati in Europa. Il premier ha invece detto che l' Europa puo' svolgere un ruolo positivo nel contribuire alla ricostruzione dell' Autorita' nazionale palestinese e nel premere perche' siano promulgate leggi palestinesi contro le organizzazioni terroristiche. (ANSA). XRH

surfisti romani si salvano cavalcando tsunami

Terremoti: surfisti romani si salvano cavalcando tsunami

swissinfo
29 dicembre 2004 09.56

Terremoti: surfisti romani si salvano cavalcando tsunami

ROMA - Nella tragedia del maremoto, c'è anche chi si è salvato trasformando un hobby in un segreto di sopravvivenza. Come un gruppo di surfisti romani, bagnini di Ostia (Lazio) con il pallino del mare e delle onde, che, in vacanza a Ikkadua, nello Sri Lanka, si sono salvati all'arrivo dello tsunami, cavalcando l'onda e restando al largo per circa un'ora in attesa che il mare si calmasse.Una sfida agonistica, che nemmeno i campioni di surf si augurerebbero. Ma per fortuna finita bene e da raccontare al ritorno in Italia. "Eravamo a Ikkadua. È stato mostruoso - ha raccontato uno di loro, Marco Tartaglia - eravamo sul surf quando si è alzato il mare di 6 metri. Sono riuscito a salvare un cingalese che stava annaspando a nuoto e che stava tirando giù anche a me, e poco dopo ho ritrovato anche la mia ragazza.Ci siamo salvati cavalcando le onde, rimanendo al largo quasi per un'ora finché il mare non si è ritirato". Il gruppo è formato da amici, tutti bagnini del lungomare di Ostia. Erano partiti per una vacanza di sole e sport e con l'immancabile tavola da surf, che questa volta ha salvato loro la vita."Quando siamo tornati a riva - raccontano - a terra era la distruzione totale:non si può descrivere la scena del treno rovesciato dal maremoto, morti dappertutto. Era il giorno di mercato: l'onda ha spazzato via persone e cose".


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Merrill Lynch: tenta sbarco in Cina

Merrill Lynch: tenta sbarco in Cina

swissinfo
29 dicembre 2004 11.01

Merrill Lynch: tenta sbarco in Cina

NEW YORK - La banca d'affari Merrill Lynch sta cercando di realizzare un'attività di collocamento in Cina per mettersi al passo con la banca di investimenti Goldman Sachs e per questo ha avviato colloqui con la Huaan Securities ed altre società cinesi.La conferma della trattativa con Huaan e di colloqui con altri potenziali partner è stata data dal segretario del board della società di intermediazione mobiliare cinese, Wu Gaochao.Le banche d'investimento di Wall Street come Goldman, Lehman Brothers e Morgan Stanley si stanno espandendo in Cina dopo che il governo del Sol Levante ha ridotto le restrizioni nei confronti delle banche straniere.


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vv

InternazionaleD O M A N I A C C A D R A 'Fatti previsti nel mondo domani, martedì 28 dicembre 2004=> Khartoum, Sudan. Incontro tripartito per riavvicinareEritrea, Etiopia e Sudan.=> Lisbona, Portogallo. Ventisettesimo incontro dellacomunità di Taizé (fino al 1 gennaio 2005).


December 28, 2004THE FOOD CHAIN SURVIVAL OF THE BIGGEST
Supermarket Giants Crush Central American FarmersBy CELIA W. DUGGER
ALENCIA, Guatemala - Mario Chinchilla, his face shaded by a battered straw hat, worriedly surveyed his field of sickly tomatoes. His hands and jeans were caked with dirt, but no amount of labor would ever turn his puny crop into the plump, unblemished produce the country's main supermarket chain displays in its big stores.
For a time, the farmer's cooperative he heads managed to sell vegetables to the chain, part owned by the giant Dutch multinational, Ahold, which counts Stop & Shop among its assets. But the co-op's members lacked the expertise, as well as the money to invest in the modern greenhouses, drip irrigation and pest control that would have helped them meet supermarket specifications.
Squatting next to his field, Mr. Chinchilla's rugged face was a portrait of defeat. "They wanted consistent supply without ups and downs," he said, scratching the soil with a stick. "We didn't have the capacity to do it."
Across Latin America, supermarket chains partly or wholly owned by global corporate goliaths like Ahold, Wal-Mart and Carrefour have revolutionized food distribution in the short span of a decade and have now begun to transform food growing, too.
The megastores are popular with customers for their lower prices, choice and convenience. But their sudden appearance has brought unanticipated and daunting challenges to millions of struggling, small farmers.
The stark danger is that increasing numbers of them will go bust and join streams of desperate migrants to America and the urban slums of their own countries. Their declining fortunes, economists and agronomists fear, could worsen inequality in a region where the gap between rich and poor already yawns cavernously and the concentration of land in the hands of an elite has historically fueled cycles of rebellion and violent repression.
"It's like being on a train with a glass on a table and it's about to fall off and break," said Prof. Thomas Reardon, an agricultural economist at Michigan State University. "Everyone sees the glass on the table - but do they see it shaking? Do they see the edge? The edge is the structural changes in the market."
In the 1990's supermarkets went from controlling 10 to 20 percent of the market in the region to dominating it, a transition that took 50 years in the United States, according to researchers at Michigan State and the Latin American Center for Rural Development in Santiago, Chile.
Brazil, Argentina, Chile, Costa Rica and Mexico are furthest along. While the changes have happened more slowly in poorer, more rural Central American countries, they have begun to quicken here, too. In Guatemala, the number of supermarkets has more than doubled in the past decade, as the share of food they retail has reached 35 percent.
The hope that small farmers would benefit by banding together in business-minded associations has not been borne out. Some like Aj Ticonel, in the city of Chimaltenango, have succeeded. But the evidence suggests that the failure of Mr. Chinchilla's co-op is the more common fate.
Its feeble attempts to sell to major supermarkets illustrate how the odds are stacked against small farmers, as well as the uneven effects of globalization itself. Many small farmers in the region are getting left behind, while medium-sized and larger growers, with more money and marketing savvy, are far more likely to benefit.
Most fruits and vegetables in the region are still sold in small shops and open-air markets, but the value of supermarket purchases from farmers has soared and now surpasses that of produce exports by two and half times, researchers say.
The bottom line: supermarkets and their privately set standards already loom larger for many farmers than the rules of the World Trade Organization.
Still, stiff competition from foreign growers is also quite real. To enter the supermarkets of Guatemala's dominant supermarket chain, La Fragua - part of a holding company one-third owned by Ahold - is to understand why Professor Reardon likens them to a Trojan horse for foreign goods.
At La Fragua's immense distribution center in Guatemala City, trucks back into loading docks, where electric forklifts unload apples from Washington State, pineapples from Chile, potatoes from Idaho and avocados from Mexico.
The produce is trucked from here to the chain's supermarkets, which now span the country. Scenes at a mall in Guatemala City anchored by Maxi Bodega, one of the company's stores, suggest the evolving nature of grocery shopping for Latin America's 512 million people.
On the ground floor was a sprawling, old-fashioned produce market. At the entry, there was a shrine to its patron saint, the Virgin of Rosario, who had plastic flowers sprinkled at her queenly feet.
The sound of women patting out tortillas and the sweet smells of ripe tropical fruits drifted through the market as people stopped to squeeze the avocados, sniff the pineapples and haggle for cheaper oranges.
To go upstairs was to leave Guatemala behind and enter a mall that could be in Bangkok or New York, with its synthetic Christmas wreaths, cheap clothing stores and oversized discount packages of napkins and symmetrical tomatoes in plastic trays at the Maxi Bodega.
The Baldetti family exemplified the generational change unfolding here.
Delia Baldetti, an 81-year-old housewife, will only shop for produce amid the heaps of tomatoes, chilies and papayas where she can bargain to her heart's content. Her daughter Elsa, a 56-year-old painter, shops both here and at Maxi Bodega, while Elsa's daughter, a 36-year-old business administrator, only has time for the supermarket.
Elsa wistfully predicted that while the country's fragrant, raucous markets will never disappear, they will diminish. "We'll lose some of our identity," she said. "We're copying the foreigners."
Farmers who do not or cannot afford to change fast enough to meet the standards set by supermarkets are threatened.
The tiny farming community of Lo de Silva clings to a steep, verdant hillside. Slanting cornstalks look as if they would slide into the valley if they were not rooted to the earth.
Some of the more than 300 farmers who originally belonged to Mr. Chinchilla's co-op, the Association of Small Irrigation Users of Palencia - known by its Spanish acronym, Asumpal - were from this village. Only eight remain. The only product they still sell is salad tomatoes - and they sell to middlemen, not supermarkets.
José Luis Pérez Escobar, 44, a member of the co-op, scratched out a living for 20 years from his small field, perched in the clouds here.
But after his potato crop failed last year, he migrated to the United States to save his land from foreclosure by the bank, leaving his wife, María Graciela Lorenzana, and their five children behind. He now works the graveyard shift at a golf course in Texas for $6 an hour so he can pay his debts.
He had dreamed his cooperative would help him escape poverty by selling directly to the supermarkets. "It would be magnificent," Mrs. Lorenzana recalled of that more hopeful time. "The small farmer would not need a middleman. But he was never able to achieve it."
A Transformation Begins
The transformation of Latin America's food retailing system began in the 1980's and accelerated in the 1990's as countries opened their economies, often to satisfy conditions for loans from the International Monetary Fund and the World Bank. As foreign investment flooded in, multinational retailers bought up domestic chains or entered joint ventures with them.
Most concern about the perils of globalization for local farmers has focused on unfair trade competition from heavily subsidized American and European producers.
But increasingly, supermarkets also leave small farmers exposed as the stores spread from big cities to small towns, from well-to-do enclaves to working-class neighborhoods, from richer countries to poorer ones.
The chains now dominate sales of processed foods and their share of produce sales is growing. In Guatemala, supermarkets still control only 10 to 15 percent of fruit and vegetable sales. But in Argentina, their slice has grown to as much as 30 percent, while in Brazil they control half the market, according to Professor Reardon.
As the chains' market share expands, farmers who are shut out find themselves forced to retreat to shrinking rural markets.
The changes would not be so troubling if the region's economies were growing robustly and generating decent jobs for globalization's losers. After all, supermarkets are providing consumers with cheaper, cleaner places to buy food, economists say.
"It would be an appealing transformation of the sector if alternative jobs could be made available," said Samuel Morley, an economist at the International Food Policy Research Institute in Washington.
But economic growth has not kept pace with rising populations. The number of people living below poverty lines in Latin America has risen from 200 million in 1990 to 224 million this year. More than 6 in 10 people living in rural areas are still poor.
Given the difficulties small farmers face in doing business with multinational corporations, traditional strategies, like providing peasants with fertilizer and improved seeds, now seem quaint here.
Professor Reardon and Julio A. Berdegué, an agronomist who heads the Latin American Center for Rural Development, are collaborating with supermarket researchers across Asia and Africa, as well as Latin America, to document the trends.
In addition, a team at Michigan State has financing from the United States Agency for International Development to help small farmers in Central America, India and Kenya sell to supermarkets. They and other development experts are brainstorming about what to do.
Among the ideas: Regulations requiring that farmers be paid promptly. Enforcement of laws meant to curtail monopolies and oligopolies, including mergers of supermarket chains. Improved security and cleanliness at open-air markets. Infusions of credit and technical expertise for co-ops.
But while such cooperatives are almost certainly necessary if small growers are to amass the clout and scale to sell to multinational chains, they have been a disappointment so far.
Even in economically vibrant Chile, which has invested $1.5 billion in small-scale farming since 1990, a study of 750 farmer organizations found that 8 of 10 had failed or survived only with continuous infusions of government aid.
Mr. Berdegué, author of the Chile study, had sought to make the associations work in the 1990's when he was a senior government official there. The pressure from the I.M.F. and the World Bank to allow greater foreign investment was intended to make Latin American economies more competitive.
"But the model did not have a social dimension at the real center," he said. "It was trickle-down economics."
An Experiment Disappoints
Mr. Chinchilla, 46, drove his battered, 20-year-old pickup, laden with crates of tomatoes, into his cooperative's spacious packing shed. The building and the business are in decay.
The water had been cut off. Toilets no longer flushed. The roof was missing over the bathroom, its floor covered with bird droppings. The live-in caretakers who sort the co-op's tomatoes had only an open pail of rainwater to wash their hands. They wore no gloves while handling the fruit.
Typically, each farmer is growing less than an acre of salad tomatoes in rustic greenhouses that are fast deteriorating. Their production has plummeted because of the blight that dries out the plants, which then yield very small tomatoes.
"We haven't found a solution," María Antonietta Muralles, a co-op member, said with a shrug. "Maybe it's the water."
Mr. Chinchilla treated his plants with pesticides to no effect. "You can't fight it with chemicals," he said. Maybe the soil itself is infected, they speculated.
"Everything costs money," he explained - money he does not have and cannot afford to borrow at the going rate of 21 percent. "When you don't have access to credit, you can't expand," he said. "We don't want anything given to us, but we need a hand."
As the farmers talked, two workers separated tomatoes by size, with the shrunken ones far too numerous. But their co-op's hopes of selling to big supermarket chains withered well before the plants. The co-op got started in the late 1990's, with a small grant from the government to upgrade the packing shed. An agronomist, Candelario López, was given a two-year contract, also at government expense, to advise them.
Over the next couple of years, Mr. López helped the co-op get its foot in the door with La Fragua and C.S.U., another major supermarket chain. The chains have since united to become the Central American Retail Holding Company, with 332 stores and almost $2 billion in sales in 2003. It is one-third owned by Ahold, which had more than $68 billion in sales last year.
But the co-op did not manage to supply the big chains for long. The farmers themselves were uncomfortable with the rules of the supermarket game. They found it difficult to wait weeks to get paid. They did not want to sell their vegetables on the books and pay taxes that sharply cut profits. And some of what they supplied was rejected as too bruised or too limp or too ripe.
The co-op's leaders said they quit selling to C.S.U. through its dedicated wholesaler in 2000 after two container loads of vegetables got held up for days at the Nicaraguan border, severely damaging the produce. "We weren't prepared to absorb that kind of loss," said Marco Tulio Alvizures, who then headed the co-op.
Perhaps more fundamental, co-op members had trouble consistently delivering the quantity and quality of produce the supermarkets demanded, a problem Mr. Chinchilla readily acknowledged.
In the case of La Fragua, Mr. Alvizures contended that the chain never gave the co-op a chance to sell the amount it was capable of. But Jorge González, the chain's manager for vegetables, said the small orders likely reflected La Fragua's judgment, based on weekly evaluations, that the co-op was not up to the task. The co-op was such a small supplier that Mr. González could not recall all the details of their dealings.
The corporate imperative is to reward suppliers who consistently provide what the chain requires. If the vegetables do not arrive, shelves stand empty. "We punish farmers very hard if they don't deliver what we order," said Bernardo Roehrs, a spokesman for the chain.
As the co-op members sought to navigate the difficult new world of supermarkets, they lost the critical guidance of Mr. López, the agronomist, when his contract expired in 2001. He is now a salesman for a company that makes high-tech greenhouses the co-op's farmers could never afford.
A Rare Success Story
Not too far from Palencia, in the city of Chimaltenango, is Aj Ticonel, an association of small farmers that has thrived because it has something Mr. Chinchilla's co-op lacked: a shrewd and enterprising businessman to run it.
But even for a savvy company like Aj Ticonel, success came not from supplying choosy supermarket chains but rather from its ability to exploit a global market.
Aj Ticonel sells three million pounds of mini-vegetables and snow peas for export to the United States, but only 80,000 pounds to supermarkets. Alberto Monterroso said he gave up on growing broccoli for La Fragua. He found the chain bought inconsistent amounts. "There are a lot of competitors here," he said, "a lot of small farmers trying to sell to them, so the prices are low."
The company's success has been built instead on sales of pricey vegetables for export. It now sells the same to La Fragua, and its membership has risen from 40 families in 1999 to 2,000 today.
Its plant sparkles. Its 53 packers wear gloves, face masks and hairnets as they sort slender French beans on stainless steel tables. Each box produce is marked with a bar code traceable to the family that grew it.
Aj Ticonel sold $2.5 million worth of vegetables last year, but Mr. Monterroso, a sociologist and deal maker with a passion for justice, paid himself only $18,000. Most of the company's profits are plowed back into the plant, marketing campaigns and agricultural education for the farmers.
"I want a different country for my sons," Mr. Monterroso said. "I'm trying to redistribute the wealth so people will live in harmony."
One recent afternoon, a big Aj Ticonel truck took a meandering path into the hilly countryside, stopping for peasants waiting roadside with crates of vegetables to load.
Many of them grumbled that Aj Ticonel does not pay enough and rejects too many of their vegetables, but most had been selling to the company for years. The evidence of their profit could be seen in new roofs, freshly painted homes and well-clothed children.
Still, Mr. Monterroso acknowledged how hard it will be to replicate Aj Ticonel. Three times, the company loaned money to farmers to clone itself. Three times the farmers went out of business.
For Latin America's millions of small farmers, he offered this sobering fact of life: "The client buys from us not because poor people produce it, but because it's a good product."
http://www.nytimes.com/2004/12/28/international/americas/28guatemala.html?th=&pagewanted=print&position=

Friday, December 24, 2004

il primo di mieli

CRONACHE
L'editoriale
La libertà di stampa
Il potere di criticare i poteri
di PAOLO MIELI

La libertà di stampa non sembra godere oggi in Italia di una buona salute. Il Corriere della Sera ha sempre aspirato ad essere nei periodi chiave che hanno fatto la sua storia e in qualche modo anche quella della democrazia italiana il custode di tale libertà. Non da solo, naturalmente, ma di certo in una posizione di preminenza che gli è stata data dalla sua stessa forza editoriale. La libertà di stampa riveste oggi una duplice, vitale importanza. Come sempre, essa costituisce l'elemento fondamentale di una società democratica dal momento che in essa si realizzano due condizioni cruciali per la sua vitalità: da un lato l'esistenza di un pubblico informato dei fatti, dall'altro una discussione collettiva sul significato di tali fatti, sulle conseguenze politiche da trarne, sui provvedimenti da prendere in relazione ad essi. Tutto ciò, come è noto, ha sempre costituito e costituisce il miglior antidoto contro il diffondersi di quel nemico mortale della democrazia che sono il fanatismo e l'ideologismo. Oggi, tuttavia, a questa funzione per così dire classica, se ne sta aggiungendo un'altra non meno importante, anzi forse di più: la libertà di stampa ai giorni nostri significa anche la difesa della parola scritta contro l'invadenza (non solo televisiva) dell'immagine, della percezione della realtà sotto specie esclusivamente visiva. La difesa della libertà di stampa significa salvare per le future generazioni il lascito immenso della lettura, da cui dipende tutta intera la trasmissione del patrimonio culturale della nostra civiltà e la possibilità che continui ad esistere un valido sistema di istruzione.

La libertà di stampa è una libertà di un tipo tutto particolare. Essa esiste solo se i giornali, gli organi di informazione in generale, hanno il potere, la capacità e la volontà di opporsi al potere. La libertà di stampa è dunque un potere per contrapposizione, per contrasto: se la stampa è compiacente, infatti, essa finisce molto rapidamente per non contare più nulla, per non avere più potere. Libertà di stampa vuol dire dunque, alla fine, solo e sempre libertà di criticare i poteri. Avendo costantemente presente che è bene ad ogni critica accoppiare un'idea di costruzione, ad ogni scelta che si giudica sbagliata contrapporre una soluzione alternativa. Pronti, inoltre, a dare atto a colui che corregge i propri errori della sua buona volontà e del coraggio che spesso richiede averla. In una democrazia la verità non è in linea di principio monopolio di alcuno. Proprio per questo è necessario che la stampa abbia una costante disponibilità ad ascoltare ogni voce ed eviti di appiattirsi sullo scontro politico con troppo facili entusiasmi e troppo facili anatemi. Ciò non vuol dire che quando è giusto - come è stato per esempio in occasione del conflitto di interessi, delle leggi ad personam, della nuova regolamentazione radiotelevisiva - i giornali non abbiano il dovere, sì il dovere, di prendere posizione senza reticenza e chiamare i responsabili davanti al tribunale dell'opinione pubblica.

Sotto la guida di Ferruccio de Bortoli e di Stefano Folli, la direzione e l'intera redazione del Corriere della Sera sono sempre state fedeli a questi indirizzi. Chi viene dopo di loro non può che impegnarsi a seguire la stessa strada, cercando altresì di assicurare al giornale una sempre maggiore incisività e una sempre maggiore severità. Questo chiedono i tempi che il Paese sta vivendo.
24 dicembre 2004 -

Thursday, December 23, 2004

addio di folli

Da domani Mieli firma il Corsera Folli, direzione non si misura da durata (ANSA) - MILANO, 23 DIC - Il Corriere della Sera esce oggi per l'ultimo giorno con la firma di Stefano Folli. Paolo Mieli si insedia oggi nella funzione di direttore responsabile e firmera' il quotidiano da domani. Nel salutare i lettori con un fondo intitolato 'Un giornale credibile', Folli, in quello che viene definito il bilancio di una direzione breve', sottolinea che una direzione 'non si misura dalla sua durata', 'bensi' dall'impronta che lascia di se''.© Ansa
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CRONACHE
Bilancio di una direzione breve
Un giornale credibile
di Stefano Folli

Il bene più prezioso di un giornale è sempre la sua indipendenza. E si può stare certi che non c’è mai nulla di scontato nella ricerca di una vera autonomia. E’ un esercizio indispensabile e faticoso che si rinnova ogni giorno, tra gli eventi imposti dall’attualità, su di una strada irta di ostacoli. Poi, quando si sente di aver raggiunto un sufficiente grado di indipendenza morale e intellettuale, si scopre di essere ancora lontani dalla meta. Perché alla fine chi giudica è soltanto il lettore. Sta a lui percepire quanto il giornale e le persone che lo preparano sappiano essere libere, sta a lui apprezzare questo dono quotidiano. Senza il giudizio del lettore, lo sforzo è inutile. In questi diciotto mesi, i giornalisti del Corriere e il loro direttore si sono adoperati non solo per essere liberi nella loro coscienza, ma per essere percepiti come tali da chi legge e giudica. Lungo tale cammino, si sono ispirati alla migliore tradizione, antica e recente, di via Solferino, dimenticando le pagine buie che pure non sono mancate in una storia di quasi 130 anni. Consapevoli che non esiste altro modo per difendere l’identità della testata rispetto a tutti i centri di potere: della politica non meno che dell’economia. Non ci può essere retorica quando si tratta di affermare il valore dell’indipendenza. Né ci può essere scorciatoia nella ricerca quotidiana delle vie concrete per tutelarla. Intorno a essa si costruisce, giorno dopo giorno, l’autentica credibilità di un grande giornale. E la credibilità è la premessa indispensabile, se si vuole essere autorevoli.

Se una direzione si misura non dalla sua durata - che dipende da molti fattori e non è un criterio di valore - bensì dall’impronta che lascia di sé, forse allora possiamo dire che il Corriere è stato all’altezza della sua storia migliore, cioè della sua anima profonda: ha saputo essere autorevole e credibile agli occhi che contano, quelli dei suoi lettori. Ha saputo porsi al centro del dibattito politico e civile del Paese senza fare sconti ad alcun protagonista o comprimario. Questo può essere dispiaciuto a qualcuno, ma fa parte delle regole del gioco. Meglio scontentare un po’ tutti che compiacere solo una parte.

Il giornale ha seguito con attenzione lo sviluppo del nostro bipolarismo, che è senza alternative ma carico di difetti. Ha incalzato le grandi forze sulla via del riformismo, invitandole a offrire ai cittadini elettori un’idea, una visione dell’Italia che vorrebbero. Ha sollevato temi e proposto inchieste sul territorio che sono servite a comporre una fotografia abbastanza nitida del Paese che siamo. Era l’ambizione del giorno d’esordio: raccontare l’Italia con i suoi volti e le sue storie, attraverso un linguaggio chiaro, senza mai evitare le posizioni scomode. Nel rispetto di una vicenda nazionale complessa che non si presta a eccessive semplificazioni. Siamo riusciti a farlo grazie alla forza del Corriere e alla bravura dei suoi giornalisti. A loro, al vertice e a tutte le redazioni, va un sincero ringraziamento. E’ motivo di profonda soddisfazione che in questo periodo si siano affermate nuove giovani firme e si sia ampliato il numero dei collaboratori. Un giornale di qualità, ma non un giornale élitario: in fondo era questo l’obiettivo. «Andandomene, mi sento la coscienza tranquilla, come di uno che ha fatto il suo dovere». Sono parole scritte quasi sessant’anni fa da un direttore che si chiamava Mario Borsa. Sono perfettamente attuali. Auguri calorosi a Paolo Mieli, l’uomo giusto per il Corriere di domani .

23 dicembre 2004


Il comunicato dell’editore
Stefano Folli lascia la direzione del Corriere della Sera. A lui vanno i ringraziamenti dell’Editore per l’opera svolta e i migliori auguri per il futuro prezioso contributo che si appresta a dare al giornale da editorialista. Esaurite le previste procedure sindacali, Paolo Mieli si insedierà domani, giovedì 23 dicembre (oggi per chi legge, ndr), nella funzione di Direttore Responsabile del Corriere della Sera, a cui era stato designato dal Consiglio di Amministrazione di Rcs Quotidiani nella riunione di domenica 19 dicembre, e firmerà il quotidiano a partire dal numero in edicola venerdì 24 dicembre. A Paolo Mieli i migliori auguri di buon lavoro.


Il parere dei giornalisti sulla designazione di Mieli
Martedì e ieri, tutti i giornalisti del Corriere della Sera sono stati chiamati a pronunciarsi con voto segreto sulla proposta di nomina di Paolo Mieli a direttore. Lo scrutinio ha dato il seguente risultato: aventi diritto (compresi i giornalisti con contratto a termine): 379; votanti 318; favorevoli: 243; contrari: 55; schede bianche: 19; nulle 1. Le operazioni di voto sono state assistite a Milano dal notaio Umberto La Porta e a Roma dal notaio Giorgio Intersimone. Il Comitato di redazione ha quindi reso noto al presidente della Rcs Quotidiani Piergaetano Marchetti e all’amministratore delegato, Vittorio Colao, il parere positivo sulla proposta. I rappresentanti dei redattori del Corriere della Sera avevano incontrato lunedì il direttore designato e hanno ridefinito le tradizionali regole che garantiscono ai giornalisti, nell’esercizio del loro lavoro, l’autonomia rispetto alle possibili interferenze di natura economico-finanziaria, politica e pubblicitaria, anche da parte degli azionisti della Rcs MediaGroup. Queste «carte» stabiliscono anche con quali principi il Corriere debba essere fatto ogni giorno e sono un presidio a tutela dei lettori che possono essere considerati i veri «proprietari» del giornale. Chi vuole, può leggere una sintesi dei testi (che Paolo Mieli sottoscrive al momento della nomina) nel sito www.corriere.it alla sezione «Via Solferino». I documenti sono due: lo «Statuto dei giornalisti del Corriere della Sera» (scritto nell’aprile 1972) e la «Dichiarazione d’indipendenza del Corriere» presentata per la prima volta nel 2002 e ufficialmente operante dalla crisi per l’uscita di Ferruccio de Bortoli nel giugno 2003. Lo «Statuto» e gli accordi storici pongono l’accento sull’autonomia dei giornalisti. La «Dichiarazione di indipendenza» dà priorità alle garanzie per i lettori, descrivendo i modi per assicurare in particolare: imparzialità, completezza, accuratezza, correttezza e comprensibilità dei fatti. Paolo Mieli ha anche concordato il numero dei giornalisti (portati a 371, più due vicedirettori preannunciati in aggiunta a quelli esistenti) necessario per far uscire ogni giorno al meglio in edicola il Corriere della Sera e la loro dislocazione di massima nelle diverse sezioni. Comitato di redazione del Corriere della Sera Gabriele Dossena, Raffaele Fiengo, Rodolfo Grassi, Stefania Tamburello e Giuseppe Pullara


01w

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/2004/12_Dicembre/21/yahoo.shtml
TECNOLOGIA
Per la privacy impedito ai genitori di accedere alla posta del figlio
Marine morto, Yahoo nega password dell'email
Il caporale Ellsworth è deceduto in Iraq. Il padre: voglio ricordarlo con le sue mail. Parte una causa contro la società


NEW YORK - La password è la password. O la sai, o non la sai. E se non la sai, noi non te la diciamo: neppure se è quella di tuo figlio morto in Iraq. Questa la vicenda che ha coinvolto i familiari del caporale Justin M. Ellsworth, un marine americano di vent’anni morto a novembre in Iraq in un attentato nella provincia di Anbar. I signori Ellsworth hanno fatto causa a Yahoo!, il colosso dei provider, che per questioni di privacy impedisce alla famiglia di accedere alla casella e-mail del defunto. INFLESSIBILI - «Voglio che mi diano la possibilità di ricordare mio figlio attraverso le sue parole, scritte nelle sue mail, che sono l’ultima cosa che ho di lui», ha detto John Ellsworth, padre del marine morto. Senza la password, però, questo desiderio resta irrealizzabile. Un sogno che si scontra con le severe politiche di Yahoo! sulla privacy: l’account si estingue in caso di morte. Inoltre, l’account si cancella automaticamente dopo 90 giorni di mancato utilizzo. Inflessibile la risposta di Yahoo!: «Siamo solidali con il dolore della famiglia, ma i contenuti immagazzinati nella posta di Yahoo! non sono trasferibili».
21 dicembre 2004

Wal-Mart debuts $498 Linux laptop
Published: December 20, 2004, 9:14 AM PST
Wal-Mart debuts $498 Linux laptop

Walmart.com and Linspire on Monday unveiled a Linux-based laptop priced at $498.
The computer, dubbed Balance, comes loaded with the Linspire operating system and the OpenOffice.org office suite, the companies said.

The companies said Balance is the lowest-priced laptop currently available with an operating system and an office suite. It features a VIA C3 1-GHz processor, 128MB RAM, a 30GB hard drive, a CD-ROM drive and a 14.1-inch liquid crystal display. The software includes a built-in firewall to protect users from viruses, spam and pop-ups.
The laptop launch comes as part of Wal-Mart's efforts to market low-priced consumer electronics. The retailer has sold other inexpensive PCs and notebooks, some of which come without operating systems.
The Balance laptop is available at Wal-Mart's Web site.
http://news.com.com/Wal-Mart+debuts+498+Linux+laptop/2100-1044_3-5498006.html

FDA Warns of Naproxen By TSC Staff12/21/2004 8:26 AM EST



There's more pain for drugmakers and more worries for drug users.
The Food and Drug Administration is now warning about heart risks related to the use of Naproxen, a popular pain killer sold over the counter under various names.
The latest shock to the industry came Monday night when federal regulators disclosed that the National Institutes of Health last Friday halted a drug study involving certain anti-inflammatory drugs and patients at risk for Alzheimer's disease.
One of the drugs involved, Naproxen, is sold in generic form but is also the key ingredient in such brands as Aleve, sold by Germany's Bayer (BAY:NYSE - news - research) and Naprosyn, sold by a subsidiary of Switzerland's Roche.
The NIH study in question also involved Celebrex, Pfizer's (PFE:NYSE - news - research) prescription drug approved for treating arthritis which is now the subject of its own safety concerns after the company last Friday disclosed that it had raised questions about increased cardiovascular risk in one of two clinical trials for cancer patients. Pfizer has pulled its consumer Celebrex ads but has maintained its position that the drug is safe for its original FDA-approved use.
Celebrex had previously come under scrutiny because it comes from the same class of COX-2 inhibitors as Vioxx, the painkiller Merck (MRK:NYSE - news - research) pulled from the market in late September because of heart attack-risk issues.
Celebrex, Vioxx and Pfizer's other painkiller Bextra, which has also come under fire, are in a broader group of drugs that include Naproxen, ibuprofen and aspirin.
The FDA warning advises consumers to use Naproxen-based drugs for no longer than 10 days and not diverge from label instructions.
Bayer shares were down 11 cents, or 0.3%, to $33.50 in premarket trading Tuesday.
Pfizer shares were up 34 cents, or 1.4%, to $24.63, having been pounded down to new 52-week lows after the latest Celebrex development Friday. They closed at $28.98 last Thursday before the disclosure.
http://www.thestreet.com/_googlen/stocks/biotech/10200147.html?cm_ven=GOOGLEN&cm_cat=FREE&cm_ite=NA
21 dic 15:46 Farmaci: gratuiti in Lombardia gli antidolore
MILANO - Sono diventati gratuiti in Lombardia i nuovi farmaci antidolore che servono nei casi di malattie come il cancro. Gratuiti anche i prodotti galenici, quelli cioe' preparati da farmacisti. L'unica richiesta e' che la prescrizione arrivi da un medico convenzionato o dipendente del servizio sanitario nazionale. Lo comunica l'assessore regionale della Sanita', Carlo Borsani. (Agr)
http://www.corriere.it/ultima_ora/agrnews.jsp?id={9F05344C-3B9C-4B41-9E99-489856C83BE7}
Economia 21 dic 15:16 Air Europe: fermo un nuovo volo
MILANO - Nuova cancellazione per un volo di Air Europe: si tratta del charter Malpensa-Mombasa-Zanzibar, programmato per stasera. La motivazione sarebbe ''sempre la decisione della Sea di non concedere la lettera liberatoria indispensabile per consentire all'aeromobile Boeing 767 300ER di atterrare ed operare da Malpensa'' secondo il direttore generale di Volare Group, Domenico Dal Bo'. (Agr
http://www.corriere.it/ultima_ora/agrnews.jsp?id={A07917D5-C15E-4E78-84BE-00402E4E1201}

Reapertura- Periférico Sur
Decenas de vehículos circulan en ambos sentidos, luego de que fue reabierto uno de los carriles del Periférico Sur que permaneció varios meses cerrado por la edificación de los segundos pisos de esa arteria. El gobierno capitalino informo que aún no hay una fecha para inaugurarlos. http://edicion.yucatan.com.mx/noticias/noticia.asp?cx=9$4101030000$3148691
181204

http://a-praia.blogspot.com/2004_12_01_a-praia_archive.html#110330933082290377

http://www.margheritaonline.it/stampa/scheda.php?id_stampa=16846
Politica 21 dic 16:25 Ambiente: nel codice penale introdotto il delitto ambientale
ROMA - Il "delitto ambientale" da oggi ha il via libera per entrare nel Codice penale. Il documento che contiene la proposta e' stato approvato oggi dalla Commissione Parlamentare d'inchiesta sulle ecomafie. Ora attende l'approvazione di Camera e Senato. (Agr)
http://www.corriere.it/ultima_ora/agrnews.jsp?id={B91B023D-E25E-4944-9551-411C84D441A1}

Automated Systems For Drugs Examined Automated Systems For Drugs Examined Automated Systems For Drugs Examined
1.1 Report: Computers Can Add to Errors
By Rob Stein
Washington Post Staff WriterTuesday, December 21, 2004; Page A03
Computer systems designed to prevent medication errors in hospitals can actually contribute to mistakes, according to a new report.
As more hospitals have implemented automated systems for administering drugs, the number of errors associated with them has risen, according to an annual report on medication errors released yesterday by the U.S. Pharmacopeia (USP), a nonprofit group that sets standards for the drug industry.
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/articles/A15178-2004Dec20.html?referrer=email
December 19, 2004 Medicine Fueled by Marketing Intensified Trouble for Pain Pills
By BARRY MEIER


Aleve Ingredient Joins Painkillers Linked to Risks
Aleve Ingredient Joins Painkillers Linked to Risks
By Rick Weiss
Washington Post Staff WriterTuesday, December 21, 2004; Page A01
The epidemic of bad news about the potential risks of popular anti-inflammatory medications expanded yesterday as federal officials announced that naproxen, a painkiller sold by prescription and also over the counter as Aleve, might increase people's risk of having a heart attack or stroke.
http://www.washingtonpost.com/ac2/wp-dyn/A14596-2004Dec20?language=printer

December 21, 2004OP-ED CONTRIBUTOR
2.1 Overdosed and Oversold
By MERRILL GOOZNER

ashington
IN the early 1960's, Congressional hearings on skyrocketing drug prices went nowhere. But the political logjam was broken when a eagle-eyed doctor at the Food and Drug Administration averted a potential disaster by advising the agency not to let thalidomide into the United States market.
While the final legislation back then had little to do with prices or safety, the new law ushered in efficacy testing and led to the withdrawal of hundreds of drugs of no medical benefit from the market.
http://www.nytimes.com/2004/12/21/opinion/21goozner.html?th=&pagewanted=print&position=

3.1 Rural Exodus for Work Fractures Chinese Family
By JIM YARDLEY Published: December 21, 2004
HUANGHU, China - Yang Shan is in fourth grade and spends a few hours every day practicing her Chinese characters. Her script is neat and precise, and one day, instead of drills, she wrote letters to her parents and put them in the mail.
http://www.nytimes.com/2004/12/21/international/asia/21china.html?th

December 21, 2004
4.1 President of China Warns Hong Kong's Leader to Do a Better Job
By KEITH BRADSHER

MACAO, Dec. 20 - President Hu Jintao of China publicly urged Hong Kong's leader on Monday to improve his management of the semiautonomous Chinese territory, a comment widely seen as a rebuke.
http://www.nytimes.com/2004/12/21/international/asia/21macao.html?th=&pagewanted=print&position=

Two Opponents of Abortion Are Tapped for Senate Judiciary Panel
5.1 Democrats Question Effect on Supreme Court Nominations
By Charles Babington
Washington Post Staff WriterTuesday, December 21, 2004; Page A23
Senate Republican leaders yesterday appointed two of Congress's most outspoken antiabortion members to the Senate Judiciary Committee, which is bracing for potentially bruising hearings on nominations to the Supreme Court.
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/articles/A14759-2004Dec20.html?referrer=email



UE-12: COMMERCIO ESTERO, SURPLUS DI 5,5 MLD EURO AD OTTOBRE
(ANSA) - BRUXELLES, 21 DIC - Il commercio estero della zona euro con il resto del mondo, secondo una prima stima, ha registrato nello scorso ottobre un surplus di 5,5 miliardi di euro rispetto ai 9,1 miliardi dello stesso mese del 2003.Lo rende noto Eurostat, l'ufficio di statistica dell'Unione europea. Nel settembre scorso invece la bilancia aveva visto un surplus di 2,5 miliardi contro gli 8,5 miliardi dello stesso mese dell'anno precedente.
http://www.ansa.it/europa/fattidelgiorno/200412211509179963/200412211509179963.html

MEDITERRANEO: EUROPA-MAGHREB PER SICUREZZA E DIFESA
(di Fausto Belia) (ANSA) - PARIGI, 21 DIC - Fornire sicurezza e protezione alle popolazioni della regione in un contesto internazionale segnato dalla lotta ''contro il terrorismo e la criminalita' organizzata''. E' il principale obiettivo dell' iniziativa '5+ 5', assunta da cinque paesi europei e da cinque del Maghreb arabo, che stamani ha mosso ufficialmente i suoi primi passi a Parigi con la firma di una dichiarazione d' intenti e con l' approvazione di un primo ''piano d' azione''.
http://www.ansa.it/europa/fattidelgiorno/200412211714179986/200412211714179986.html

UE: AMNESTY, PIU' RISORSE PER I DIRITTI UMANI
(ANSA) - BRUXELLES, 21 DIC - Il divario tra le ambizioni dell' Unione europea (Ue) in materia di diritti umani e le risorse disponibili per concretizzarle si sta allargando. Lo ha affermato oggi Amnesty International, presentando le sue raccomandazioni alla presidenza del Lussemburgo che entrera' in carica dal 1 gennaio 2005. Tra le aree critiche messe in evidenza nel documento di Amnesty, vi e' la cronica mancanza di risorse per l' azione in favore dei diritti umani da parte del Consiglio.
http://www.ansa.it/europa/fattidelgiorno/200412211600179981/200412211600179981.html

KYOTO: EUROPA CENTRA OBIETTIVI, ITALIA ED ALTRI IN RITARDO
(ANSA) - BRUXELLES, 21 DIC - L'Unione europea potra' realizzare una riduzione di emissioni di gas ad effetto serra leggermente superiore a quella richiesta dal protocollo di Kyoto, a patto che gli Stati membri attuino tutte le politiche necessarie. Lo rileva l'Agenzia europea per l'ambiente secondo la quale dalle proiezioni risulta pero' che attualmente l'Italia, con la Danimarca, il Portogallo e la Spagna stanno per superare i rispettivi limiti di emissione, a volte con ampi margini, ed anche la Germania rischia di sforare lievemente.
http://www.ansa.it/europa/fattidelgiorno/200412211339179961/200412211339179961.html

Troppe chiese per Gesù Bambino

swissinfo
20 dicembre 2004 17.57


Prima luogo di culto, poi luogo d'incontro, ora in vendita: la chiesa di San Leonardo (Keystone)
Meno fedeli, meno preti e pastori, meno soldi: molti edifici sacri sono vuoti. A San Gallo, la comunità evangelica ha deciso di mettere in vendita una chiesa.

Il fenomeno delle chiese trasformate in teatro, museo, galleria o altro sta diventando una realtà anche in Svizzera.



A metà ottobre, un'inserzione alquanto curiosa ha attirato l'attenzione dell'opinione pubblica svizzera: «Vendesi chiesa storica». L'oggetto in questione è la chiesa evangelica di San Leonardo, costruita in stile neogotico alla fine dell'Ottocento, quando la città di San Gallo, con i suoi pizzi e i suoi ricami, si trovava in pieno boom economico.

http://www.swissinfo.org/sit/swissinfo.html?siteSect=108&sid=5373965

DA LEGARE ALLA GRANDE MURAGLIA?
I banchi e le casse delle chiese svizzere non sono ancora vuoti al punto da rendere drammatica la situazione. La messa in vendita di San Leonardo potrebbe però segnare un primo passo in direzione dello sviluppo che si è avuto in Inghilterra e in Olanda, dove numerose chiese sono state trasformate in discoteche, uffici, supermercati o ristoranti. Come il "tempio" del gourmet che lo chef svizzero Anton Mosimann ha aperto in una ex chiesa presbiteriana di Londra, costruita nel 1830.


This week in Mohawk ValleySun, Oct 17, 2004



1866/138 years ago
Historic church sold
The Bleecker Street Methodist Church in Utica -- once a station on the "underground railroad" -- conducts its last service.
The church -- on the south side of Bleecker, between Charlotte and Burnet streets -- was built in 1826 and was a place where fugitive slaves fleeing the south could find food and a resting place on their way to Canada and freedom during the height of the abolition movement in the 1830s and 1840s.
Last month, parishioners joined the State Street Methodist Church and sold their church building on Bleecker to Mooney & Howe, tobacco manufacturers.

http://www.uticaod.com/archive/2004/10/17/news/10300.html

Historic Northside Church Sold On The Auction Block Reported by: 9NewsWeb produced by: Neil RelyeaPhotographed by: 9News12/14/2004 10:53:31 PM
An important part of Tri-state history was on the auction block Tuesday.
The United Methodist Church in Northside is listed on the National Register of Historic Places and was designed by the architect who also designed Cincinnati's Music Hall and City Hall.
Don Hogle bought it for $93,500 and plans to live in it.
The church also sold its stained glass windows, organ and pews.
Efforts to revitalize the church and another in Mt. Auburn failed and both were put up for auction.
http://www.wcpo.com/news/2004/local/12/14/church_auction.html

Cristo s'è fermato alle soglie d'Europa
Chiese in vendita, preti in estinzione, messe dimezzate. Il continente perde la sua fede storica Intanto l'etica esce dalla sfera religiosa. E diversi studiosi lamentano: "Siamo alla deriva" di Marco Politi (11 Gennaio 2003
RomaIn qualche città dell'Europa del Nord è già successo. Chiese cristiane vendute ai musulmani per farci una moschea. Chiese vuote, diventate un peso inutile, troppo costose da mantenere. Templi, che anche se restano in funzione, si riempiono soltanto al 7, al 10, al 20 per cento. Monumenti di un' epoca in cui il cristianesimo dettava le sue leggi alla comunità, perché era la comunità. Finito. Archiviato. Il cristianesimo comincia a ritirarsi dalla società europea come una bassa marea. Giovanni Paolo II teme che la religione venga limitata solo all' ambito del culto. Vescovi e preti sono riveriti e spesso finanziati, ma incidono sempre meno sul vissuto delle generazioni. I preti diminuiscono, le parrocchie restano sguarnite. Da tempo la gerarchia opera come i generali che accorciano il fronte. Usa trucchi per controllare il territorio, quando le forze non bastano più. Parroci che sono titolari di due o tre parrocchie. Gruppi di preti incaricati di badare insieme a numerose parrocchie, che girano stressati da una chiesa all'altra simili a commessi viaggiatori del sacro. Sempre più spesso i laici sono chiamati a guidare le celebrazioni domenicali: messe dimezzate, senza la consacrazione dell'eucarestia. A volte i parrocchiani improvvisano come a Natale in un paesino della Lunigiana, dove i fedeli senza prete hanno inventato una messa virtuale, mettendo accanto all'altare un registratore per ascoltare canti, musiche e preghiere.L'Europa, centro e colonna del cristianesimo, si sta svuotando della sua fede storica. Perché cristianesimo non significa semplicemente dirsi cristiani o celebrare riti per costume o abitudine. Seguace di Cristo è chi crede in alcune cose molto precise su Dio, Gesù, l' Aldilà, la Resurrezione, l' Eternità. Proprio questo vacilla. Il secolo si chiude con una cultura abbondantemente de-cristianizzata. Il millennio si apre con masse di giovani che non sanno, che non imparano, che non trovano adulti capaci di trasmettere credo e memoria.Da un capo all'altro dell'Europa si sentono segnali di allarme. Il professor Per Beskov, studioso dei Padri della Chiesa all' università svedese di Lund, riferisce che parrocchie e organizzazioni cattoliche sono diventate insufficienti a conservare l'identità cristiana: "I giovani sono abbarbicati all'individualismo, non entrano più in movimenti politici, non socializzano, vivono nel mondo di Internet dove ognuno sta per conto suo e i messaggi si confondono e Dio è uguale a Satana". Il nuovo modello sociale, spiega il professore, è quello del rave party: "Si entra e si esce nell'anonimato".Nodar Ladaria, un docente cattolico di Tblisi che ha tradotto in georgiano il Catechismo universale e in russo le Cinque piaghe della Chiesa di Rosmini, lamenta che il concetto di individuo si sia "mangiato tutti gli altri concetti cristiani". La corsa in chiesa di tanti giovani dell'ex Urss non va sopravvalutata: "Chi va in chiesa perché non sa dove andare vale meno di chi fa un sacrificio specifico". Luigi Tomasi, sociologo di Trento, definisce la gioventù dell'Europa orientale immersa nell'iperconcreto: "Non hanno tempo di occuparsi del passato e non comprendono il futuro". Vale anche per tanti loro coetanei dell'Europa occidentale.Per le chiese istituzionali è un fenomeno esiziale. Le statistiche raccolte in questo decennio aumentano l'allarme. Nella Francia di qualche anno fa, il 53 per cento dei giovani fra i 18 e i 24 anni si diceva cattolico, ma poi si scopre che solo il 28 per cento crede in Gesù figlio di Dio, ancora meno - il 18 per cento - nella sua resurrezione e una frazione minima nella sua presenza reale nell'eucarestia: l'8 per cento. Se la domanda investe l' origine del mondo, il 24 per cento privilegia il big bang a fronte di un 21 che crede in Dio creatore.Intanto l'etica esce dalla sfera religiosa. "Siamo", afferma Jacques Sutter del Centro nazionale di ricerche sociali di Parigi, "alla deriva delle religioni". Nessuno nega il cristianesimo. Lo si accetta come "un'eredità senza testamento". In Gran Bretagna il processo di scristianizzazione è largamente diffuso tra giovani e adulti. Solo il 30 per cento crede ad un Dio personale, il 40 ad una "qualche forma di forza vitale", il 26 nella reincarnazione, il 44 nella vita dopo la morte. Nel microcosmo di una città di provincia come Belluno negli anni Novanta il rimescolamento è altrettanto evidente. L' 88 per cento dei giovani dà priorità alla famiglia, l'82 all'amicizia, il 12 solamente alla religione.Ronald Inglehart, che per vent'anni ha seguito il fenomeno a livello europeo, è convinto che moltissimo dipenda dal mutamento della visione del mondo. La nostra religione declina, perché "l'esperienza quotidiana odierna è fondamentalmente diversa dal tipo di esperienza che modellava la tradizione giudaico-cristiana". Cambiano i simboli. È più facile imbattersi in un computer che in una pecora.Il cardinale Poupard, ministro della Cultura di papa Wojtyla, denuncia la paradossale apoteosi della scristianizzazione culturale, manifestatasi dopo il crollo del sistema comunista: "Cresce l'indifferenza, la pluralità degenera in pluralismo scettico, si perde la fiducia nell'avvenire". Alla crisi del cristianesimo in Europa Giovanni Paolo II dedicherà quest'anno un Sinodo straordinario dei vescovi del continente. Poupard ha aperto la pista con un convegno in Vaticano. C'è urgenza di riscoprire le radici cristiane dell'Europa, ristabilendo - ha detto il cardinale - la superiorità dello spirito sulla materia, dell'etica sulla tecnica, della persona sulle cose. È uno sforzo in salita. Il calo di influenza del cristianesimo si incrocia, infatti, con un revival di religiosità orientata altrove. Stanislaw Grygiel, filosofo polacco, è certo che l'uomo sia sempre religioso, ma può imboccare vie sbagliate: "Cristo è la risposta alla ricerca di speranza dell'uomo, ma se per vari motivi l'immagine di Cristo è offuscata, la natura degli uomini cercherà uno sfogo altrove". Magari nel buddismo, nel fondamentalismo protestante, nell'islamismo o nelle credenze magiche. Per Cristina Odone, scrittrice inglese, la grande sfida non è l'agnosticismo, ma la capacità di penetrazione dei movimenti fondamentalisti protestanti. È anche una questione di linguaggio, spiega: "A Roma si parla in termini teorici, retorici, universali, che un tassista o una cameriera non sentono come propri. I fondamentalisti evangelici usano il linguaggio concreto di ogni giorno, si confrontano con le ansie vere, toccano i problemi quotidiani: l'angoscia di vivere, un divorzio, l'aborto, l'omosessualità. Magari danno risposte sbagliate, attaccandosi ad una lettura letterale della Bibbia, negando con passione ai diversi, spaccando il mondo tra Noi e Loro. Ma si fanno capire".L'oblio del cristianesimo in Europa, dice Cristina Odone, porterà ad una confusione spirituale, perché l'identità europea è culturalmente, sociologicamente, persino individualmente intrecciata al cristianesimo. "La storia dell'Occidente", le fa eco Ida Magli, "si spiega soltanto con il cristianesimo". Perderlo è per l'Europa un pericolo gravissimo, sostiene l'antropologa che pure spesso ha criticato ferocemente la Chiesa cattolica e papa Wojtyla. Nel vuoto si fa largo l' islamismo - continua la Magli - che rappresenta una religiosità primaria, antecedente per sua natura al cristianesimo e all'evoluzione occidentale dell'ebraismo. Ma così si ritornerebbe ad un tipo di fede primitiva e andrebbe perso il salto, la grande rottura culturale introdotta da Gesù: il passaggio dalla religiosità dei segni materiali (l'ariete sacrificale, la circoncisione, il sabato) ad una fede in cui il primato sta nel simbolo. In cui la fede religiosa deve intrecciarsi alla totalità dell'essere. Il rigore del pensiero al rigore etico. "Qualcuno deve salvare il cristianesimo", esclama la Magli, "bisogna tornare ad una predicazione popolare come ai tempi degli apostoli e di San Francesco".Il cardinale Ratzinger, pessimista sulla sopravvivenza delle burocrazie istituzionali su cui si sono appoggiate per secoli le Chiese cristiane, ripete spesso una sua ricetta. Il futuro del cristianesimo non sta nel ruolo di "strumento moralizzatore della società" o di promotore di utili iniziative sociali. "No, in questo modo non si può salvare la Chiesa. Essa deve anzitutto e con risolutezza adempiere al proprio compito, su cui si fonda la sua identità: far conoscere Dio e proclamare il suo regno".Come? È l'enigma del terzo millennio.

http://www.we-are-church.org/it/rassegna/politi.htm

Economist

Poverty

Powerful women in Africa – Strong Stuff

Press freedom

Personality cults

Sins of the fleshy

21 dicembre 2004 20.11

Farmaci: studi evidenziano altri rischi

WASHINGTON - Le brutte notizie per le Case farmaceutiche americane non finiscono mai. Dopo il Vioxx e il Celebrex, un altro popolare antidolorifico americano, l'Aleve, è nel mirino per il rischio di infarto.L'Fda, l'ente federale responsabile per la sicurezza di almimenti e farmaci, ha annunciato di aver sospeso uno studio in cui l'Aleve, un medicinale da banco a base di naprossene prodotto dalla Bayer e facilmente reperibile negli Stati Uniti senza la necessità di ricetta medica, era uno degli antinfiammatori somministrati ai partecipanti. L'obiettivo dello studio in questione era di scoprire se alcuni farmaci, come appunto l'Aleve e il Celebrex, quest'ultimo prodotto dalla Pfizer, fossero in grado di prevenire il morbo di Alzheimer negli anziani considerati a rischio per motivi genetici.È stato invece scoperto un altro effetto, non desiderato: i partecipanti che prendevano l'Aleve avevano un'incidenza di disturbi cardiaci 50% più alto dei co-partecipanti che prendevano il Celebrex o un placebo.

SDA-ATS

GB: "sì" Comuni a reintroduzione carta identità

swissinfo
21 dicembre 2004 07.46


GB: "sì" Comuni a reintroduzione carta identità

LONDRA - Il primo ministro britannico Tony Blair ha vinto una prima battaglia nella sua campagna per reintrodurre la carta d'identità, considerata dal suo governo uno strumento chiave nella lotta contro il terrorismo e per migliori condizioni di sicurezza nel Paese.La Camera dei Comuni si è in pronunciata in serata - con 385 voti contro 93 - in favore del documento di identità, abolito oltre 50 anni fa dall'allora primo ministro Winston Churchill.Blair ha sottolineato che la carta d'identità aiuterà nella caccia ai terroristi e nella lotta all'immigrazione clandestina e alla criminalità organizzata, mentre gli oppositori sostengono che la reintroduzione del documento mette a repentaglio le libertà civili.Alla reintroduzione della carta d'identità si è opposta, ai Comuni, una minoranza 'trasversalè di deputati sia laburisti sia conservatori, contro l'avviso dei loro leader (anche il capo dei conservatori Michael Howard è favorevole al provvedimento).All'inizio del dibattito in aula, durato cinque ore, il neoministro dell'Interno Charles Clarke ha difeso a spada tratta la proposta di legge, presentata dal suo predecessore David Blunkett.Al suo 'battesimo del fuocò in Parlamento, cinque giorni dopo aver preso il posto di Blunkett - dimessosi per una vicenda di presunte agevolazioni per la bambinaia di una sua ex amante - Clarke ha contestato che la carta d'identità possa costituire un attentato alle libertà civili e alla 'privacy', sostenendo invece che rappresenterà un efficace strumento contro il terrorismo e l'illegalità."È assolutamente falso dire che le carte di identità restringeranno le nostre libertà civili, ci faranno entrare in un nuovo '1984' e nella società del 'Grande fratellò o creeranno una sorta di Stato di polizia e totalitario", ha detto. "Un sistema sicuro di carte d'identità contribuirà a impedire l'attività terroristica, più di un terzo della quale avviene utilizzando false identita"', ha aggiunto.Secondo il ministro, l'introduzione del documento faciliterà inoltre "la lotta contro l'ignobile traffico di esseri umani vulnerabili" e "'ridurrà le truffe sulle identità, che costano oggi al Regno Unito più di 1,3 miliardi (di sterline) ogni anno".La proposta di legge sulla carta di identità è considerata dal premier Blair una parte importante dell'iniziativa per porre il tema della sicurezza nel Paese al centro della sua campagna elettorale per le politiche della primavera prossima.Appoggio alla proposta è venuto anche dal leader dei conservatori Howard, che sul 'Daily Telegraph' di ieri ha scritto: "Ho ascoltato i capi della polizia e dei servizi di sicurezza. Mi hanno detto che le carte di identità possono aiutare, e aiuteranno, i loro sforzi per proteggere le vite dei cittadini britannici contro atti terroristici".Dopo il voto di ieri sera, il Parlamento esaminerà più in dettaglio la proposta di introduzione del documento di identità.



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Usa: sanità; Pfizer ritira pubblicità antinfiammatorio

swissinfo
20 dicembre 2004 19.51


Usa: sanità; Pfizer ritira pubblicità antinfiammatorio

WASHINGTON - La casa farmaceutica americana Pfizer ci ha ripensato: ha deciso di sospendere la campagna pubblicitaria per il suo popolare analgesico contro il dolore dell'artrite, Celebrex, dopo la diffusione di uno studio da cui risulta che dosi elevate del farmaco aumentano il rischio di infarto.Ma a differenza di quanto accadde a settembre con il Vioxx, un analogo antidolorifico della Merck, la Pfizer non intende, almeno per il momento, ritirare il suo prodotto dal mercato.Vioxx, Celebrex e altri medicinali, come il Bextra, appartengono alla stessa classe degli inibitori 'Cox-2'. Sono stati concepiti per offrire ai pazienti un antidolorifico che non crei disturbi di stomaco, come invece fanno gli analgesici tradizionali in base di acido acetilsalicilico (aspirina) e all'ibuprofen.L'anno scorso i medici americani hanno prescritto 21 milioni di ricette per il Celebrex, uno dei farmaci più venduti nel mondo.Una portavoce della Pfizer ha precisato che Celebrex non verrà più pubblicizzato in televisione, alla radio, nei giornali e nelle riviste.L'Fda, l'ente federale responsabile per i prodotti alimentari e farmaceutici, si è detto d'accordo con la decisione della Pfizer di sospendere la pubblicità. L'agenzia non ha ancora preso una decisione sul destino del prodotto. Potrebbe decidere di imporre l'inserimento di un avviso sui pericoli del farmaco sulle confezioni oppure vietarne del tutto la vendita.



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Messa del Papa live su videofonino
I clienti di '3' potranno accedere all'evento
(ANSA) - ROMA, 22 DIC - La messa di mezzanotte celebrata dal Papa per il Natale sara' visibile in diretta per la prima volta su videofonino. L'iniziativa che abbina il Papa alle tecnologie e' dovuta alla Mobile Video Company del Gruppo Hutchison. Il 24 e il 25 dicembre, i clienti di 3 potranno 'accendere' una specie di tv personale e nello stesso tempo contribuire alla raccolta fondi per il Progetto 50 Chiese per Roma Terzo Millennio e per la Fondazione Buon Samaritano.© Ansahttp://notizie.tiscali.it/feed/news/2004/12/22/ansa/ansak2004-12-22_3787072.html

Fame nel mondo, l’amministrazione Bush taglia i fondi

Fame nel mondo, l’amministrazione Bush taglia i fondi ai programmi umanitari
www.europaquotidiano.it

“Noi abbiamo il denaro, abbiamo le medicine, abbiamo la conoscenza, ma abbiamo la volontà per passare alla storia?” Citava la rock star degli U2, l’Economist del 18 dicembre scorso, per descrivere un 2005 decisivo per la battaglia alla povertà nel mondo. Diversi infatti gli appuntamenti in programma per il prossimo anno, a partire da gennaio con il rapporto Onu della Jeffrey Sachs, fino al meeting Wto di dicembre ad Hong Kong dove - sostengono i più ottimisti – dovrebbe essere data una “spinta decisiva” a sostegno delle economie dei paesi poveri.

Il problema è che per quella data i termini della questione potrebbero essere cambiati. La cattiva notizia in questo senso arriva dagli Stati Uniti. A lanciare l’allarme, il New York Times. “Negli ultimi due mesi l’amministrazione Bush ha ridotto i fondi destinati alla lotta alla fame nel mondo”. Il taglio, stimato in 100 milioni di dollari, è frutto delle recenti politiche di riduzione della spesa a fronte del deficit di bilancio sempre crescente, e produrrà la sospensione o la soppressione di numerosi programmi umanitari.

“Il taglio coinvolgerà tra i cinque e i sette milioni di persone” dichiara Lisa Kuennen, del “Catholic Relief Services”. Ina Schonberg, di “Save the Children” rincara la dose: “Siamo ad un crocevia, alle prese con la contrazione del budget, ma il problema c’è, non è sufficiente girarci intorno”. “Riconosciamo la necessità di reperire nuove risorse per gli aiuti alimentari”, la replica dell’amministrazione, “ma non c’era un’altra strada percorribile”.

Il paradosso è che il giro di vite arriva in un momento in cui l’emergenza della fame del mondo, per la prima volta dopo diversi anni, è di nuovo in crescita. “Ogni cinque secondi un bambino muore di fame” denunciava nei giorni scorsi il rapporto annuale della Fao. Circa 815 milioni di persone nel mondo in via di sviluppo e 28 milioni nei cosiddetti paesi ex comunisti hanno troppo poco cibo per condurre vite attive e produttive. Appena nove milioni in meno del biennio tragico di riferimento, il 1990-2.

Negli stessi giorni giungeva l’allarme della Croce Rossa Internazionale. “Per poter essere maggiormente presente laddove ci sono situazioni di crisi, occorrono più soldi.” L’appello era per la concessione di un budget 2005 di 970 milioni di franchi (un aumento del 8,6% rispetto al 2004). Per metà assorbito dal continente africano, a sostegno delle vittime dei conflitti e delle violenze interne, Sudan e crisi del Darfour in primis. “L'Africa rischia sempre di essere dimenticata”, avvertiva il direttore del CICR, Jakob Kellenberger.

Ma a riscaldare i cuori degli americani non c’è solo la (pur legittima) questione umanitaria. I tagli dell’amministrazione Bush potrebbero diventare uno dei cavalli di battaglia per i democratici alle prese con la riconquista dell’elettorato più religioso. Da un lato infatti appare innegabile che la tensione cristiana ad aiutare i poveri e a ridistribuire le ricchezze caratterizzi il recente “mainstream” evangelico. Dall’altro, diversi opinionisti negli ultimi tempi si sono affaccendati nello spiegare come questo aspetto potrebbe alla lunga scontrarsi con i "business conservatives”, per tradizione poco attratti dalle questioni di politica estera e restii ad allargare i cordoni della borsa per la cooperazione internazionale.

Messa così, la questione sembra semplice, e i democratici avviati ad un recupero dei consensi. “Ma qualcosa sta cambiando” avverte Nicholas Kristof dalle colonne dello stesso New York Times. “Quando l’altro giorno il senatore conservatore Brownback mi ha parlato con entusiasmo del suo viaggio nel nord dell’Uganda e mi ha invitato con urgenza a scrivere delle violenze commesse laggiù, sono rimasto disorientato. Ero abituato a pensare che ero l’unico che provava a richiamare l’attenzione della gente su paesi remoti.”

”Oggi non si possono capire le relazioni internazionali senza comprendere i nuovi movimenti fondati sulla fede”, chiude l’opinionista liberal, citando Allen Herzke e il suo “Freeing God’s Children”, un libro sull’inedito interesse della destra religiosa nelle questioni che tirano in ballo i diritti umani.

Che escono comunque malconci dai tagli. Unico aspetto positivo della vicenda, che una volta ridotti a zero gli aiuti alimentari, cadranno le accuse di dumping agli Stati Uniti nei confronti dei paesi in via di sviluppo. Forse un problema in meno per i contadini locali, che a malapena sopravvivono per fronteggiare le nostre sovrapproduzioni “gonfiate” a colpi di sussidi. Di certo non una soluzione “storica” al problema della fame nel mondo.

[Stefano Baldolini - Europa Quotidiano]