L’incubo di altre Columbine. E Bush convoca una conferenza
SANGUE NELLE SCUOLE USASALGONO A CINQUE LE VITTIME DELL’ASSALTO ALLA SCUOLA AMISH DI NICKELS MINE. NEL PAESE CRESCE LA PAURA
L’incubo di altre Columbine. E Bush convoca una conferenza
di STEFANO BALDOLINI
Europa Quotidiano mercoledi 4 ottobre 2006
George W. Bush vuole convocare una conferenza per discutere il problema della violenza nelle scuole.
La decisione è stata presa dopo l’assalto di lunedì scorso alla scuola Amish di Nickels Mine in Pennsylvania, che è costata la vita a cinque studentesse più quella dell’assalitore, un conducente di furgoni per la consegna del latte, animato da un non precisato risentimento per fatti accaduti vent’anni fa.
L’obiettivo, hanno spiegato alla Casa Bianca, sarà quello di determinare la natura del problema e le azioni che il governo federale potrà adottare per aiutare le comunità a prevenire episodi del genere. La conferenza è ancora in fase di preparazione, e non è stata ancora decisa una data precisa.
Vi stanno lavorando il ministro dell’istruzione, il ministro della giustizia ed il consigliere per la politica interna, che coinvolgeranno anche l’associazione nazionale studenti e genitori, e i sindacati degli insegnanti.
Intanto nel paese cresce la paura.
La strage in Pennsylvania è il terzo fatto di sangue registrato negli Stati Uniti in pochi giorni. Solo venerdì scorso nel Wisconsin un ragazzo di 15 anni ha sparato ed ucciso il preside del suo liceo, mentre due giorni prima un uomo è entrato in una scuola del Colorado, ha preso in ostaggio un gruppo di ragazzine, le ha aggredite sessualmente e poi ha ucciso una studentessa prima di suicidarsi. Inevitabile poi tornare al 20 aprile 1999, alla Columbine Hig School, quando due studenti, dopo aver acquistato sul web un fucile-semiautomatico, entrarono a scuola e uccisero tredici compagni, ne ferirono molti altri, e infine si tolsero la vita.
Allora si parlò dell’influenza dell’heavy metal, di “cattivi maestri” come la rock starMarylin Manson, e le indagini successive portarono alla luce le simpatie neonazi dei due killer.
Oggi, alla luce degli attacchi recenti – alcuni condotti da allievi, altri da adulti – il quadro è complesso. Varia il movente, ma il filo conduttore resta quello denunciato da Michael Moore nel suo documentario “Bowling for Columbine”: la relativa facilità con cui i killer hanno reperito le armi. Un gioco da ragazzi in un paese in cui c’è più di un’arma da fuoco per cittadino (stime Fbi), esistono 250 mila rivenditori autorizzati, e una pistola può essere acquistata anche in un grande magazzino per soli quindici dollari.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Ogni tre ore un bambino muore sotto i colpi di un’arma da fuoco.
Solo nel 2003, secondo il rapporto del movimento per i diritti dei bambini in America, il Children’s Defense Fund, sono rimasti uccisi in 2867, tra bambini e adolescenti americani. E secondo il ministero della giustizia, tra il 1976 e il 2000, il 14 per cento delle vittime di arma da fuoco sono state ad opera di familiari, il 37,7 per cento di conoscenti, e appena il 15 per cento di sconosciuti.
La questione è nota. La principale responsabile della proliferazione di armi e fucili è la National Rifle Association (Nra), l’organizzazione di produttori fondata a New York nel 1871 col nome di American Rifle Association, vicina al Partito repubblicano, e protetta dal Secondo emendamento della Costituzione che garantisce ai cittadini il diritto di armarsi. Con oltre quattro milioni di membri, più del triplo dal 1978, la battaglia della Nra parte nel 1968 quando gli Stati Uniti si dotarono della prima legge sul controllo delle armi da fuoco, il “Gun Control Act”, e raggiunge il culmine nel 1986 con il “Firearms Owners’ Protection Act”, firmato dal presidente Reagan.
Per farsi un’idea della sua in- fluenza, basta tornare allo scorso 7 luglio quando la forte pressione della Nra sulla delegazione degli Stati Uniti – maggior produttore ed esportatore mondiale di "small arms" – ha portato praticamente al fallimento la Conferenza mondiale dell’Onu sulle armi leggere e di piccolo calibro.
Naturalmente la parte del leone, la fa tra le mura domestiche. Come nel novembre del 2004, quando San Francisco approvò due referendum per mettere al bando le armi da fuoco (oltre a vietare ai reclutatori delle forze armate l’accesso alle scuole pubbliche) e la Nra annunciò subito di fare ricorso: secondo la costituzione californiana, infatti, i provvedimenti sulle armi possono essere adottati solo a livello statale e non dalle singole città.
Sempre lunedì scorso, nelle stesse ore della strage nella comunità Amish della Pennsylvania, l’Istitute for Legislative Action (il gruppo di lobbying della Nra, creato nel 1975), ringraziava senza mezzi termini Arnold Schwarzenegger per essersi opposto alle proposte di legge di due esponenti democratici:« California Governor Stands Up for Gun Owners’ Rights!», campeggiava sul sito www.NRAILA.org.
L’incubo di altre Columbine. E Bush convoca una conferenza
di STEFANO BALDOLINI
Europa Quotidiano mercoledi 4 ottobre 2006
George W. Bush vuole convocare una conferenza per discutere il problema della violenza nelle scuole.
La decisione è stata presa dopo l’assalto di lunedì scorso alla scuola Amish di Nickels Mine in Pennsylvania, che è costata la vita a cinque studentesse più quella dell’assalitore, un conducente di furgoni per la consegna del latte, animato da un non precisato risentimento per fatti accaduti vent’anni fa.
L’obiettivo, hanno spiegato alla Casa Bianca, sarà quello di determinare la natura del problema e le azioni che il governo federale potrà adottare per aiutare le comunità a prevenire episodi del genere. La conferenza è ancora in fase di preparazione, e non è stata ancora decisa una data precisa.
Vi stanno lavorando il ministro dell’istruzione, il ministro della giustizia ed il consigliere per la politica interna, che coinvolgeranno anche l’associazione nazionale studenti e genitori, e i sindacati degli insegnanti.
Intanto nel paese cresce la paura.
La strage in Pennsylvania è il terzo fatto di sangue registrato negli Stati Uniti in pochi giorni. Solo venerdì scorso nel Wisconsin un ragazzo di 15 anni ha sparato ed ucciso il preside del suo liceo, mentre due giorni prima un uomo è entrato in una scuola del Colorado, ha preso in ostaggio un gruppo di ragazzine, le ha aggredite sessualmente e poi ha ucciso una studentessa prima di suicidarsi. Inevitabile poi tornare al 20 aprile 1999, alla Columbine Hig School, quando due studenti, dopo aver acquistato sul web un fucile-semiautomatico, entrarono a scuola e uccisero tredici compagni, ne ferirono molti altri, e infine si tolsero la vita.
Allora si parlò dell’influenza dell’heavy metal, di “cattivi maestri” come la rock starMarylin Manson, e le indagini successive portarono alla luce le simpatie neonazi dei due killer.
Oggi, alla luce degli attacchi recenti – alcuni condotti da allievi, altri da adulti – il quadro è complesso. Varia il movente, ma il filo conduttore resta quello denunciato da Michael Moore nel suo documentario “Bowling for Columbine”: la relativa facilità con cui i killer hanno reperito le armi. Un gioco da ragazzi in un paese in cui c’è più di un’arma da fuoco per cittadino (stime Fbi), esistono 250 mila rivenditori autorizzati, e una pistola può essere acquistata anche in un grande magazzino per soli quindici dollari.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Ogni tre ore un bambino muore sotto i colpi di un’arma da fuoco.
Solo nel 2003, secondo il rapporto del movimento per i diritti dei bambini in America, il Children’s Defense Fund, sono rimasti uccisi in 2867, tra bambini e adolescenti americani. E secondo il ministero della giustizia, tra il 1976 e il 2000, il 14 per cento delle vittime di arma da fuoco sono state ad opera di familiari, il 37,7 per cento di conoscenti, e appena il 15 per cento di sconosciuti.
La questione è nota. La principale responsabile della proliferazione di armi e fucili è la National Rifle Association (Nra), l’organizzazione di produttori fondata a New York nel 1871 col nome di American Rifle Association, vicina al Partito repubblicano, e protetta dal Secondo emendamento della Costituzione che garantisce ai cittadini il diritto di armarsi. Con oltre quattro milioni di membri, più del triplo dal 1978, la battaglia della Nra parte nel 1968 quando gli Stati Uniti si dotarono della prima legge sul controllo delle armi da fuoco, il “Gun Control Act”, e raggiunge il culmine nel 1986 con il “Firearms Owners’ Protection Act”, firmato dal presidente Reagan.
Per farsi un’idea della sua in- fluenza, basta tornare allo scorso 7 luglio quando la forte pressione della Nra sulla delegazione degli Stati Uniti – maggior produttore ed esportatore mondiale di "small arms" – ha portato praticamente al fallimento la Conferenza mondiale dell’Onu sulle armi leggere e di piccolo calibro.
Naturalmente la parte del leone, la fa tra le mura domestiche. Come nel novembre del 2004, quando San Francisco approvò due referendum per mettere al bando le armi da fuoco (oltre a vietare ai reclutatori delle forze armate l’accesso alle scuole pubbliche) e la Nra annunciò subito di fare ricorso: secondo la costituzione californiana, infatti, i provvedimenti sulle armi possono essere adottati solo a livello statale e non dalle singole città.
Sempre lunedì scorso, nelle stesse ore della strage nella comunità Amish della Pennsylvania, l’Istitute for Legislative Action (il gruppo di lobbying della Nra, creato nel 1975), ringraziava senza mezzi termini Arnold Schwarzenegger per essersi opposto alle proposte di legge di due esponenti democratici:« California Governor Stands Up for Gun Owners’ Rights!», campeggiava sul sito www.NRAILA.org.
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