«Il Pakistan ridotto in macerie se non collaborerà»
«Il Pakistan ridotto in macerie se non collaborerà». Musharraf rivela le minacce americane dopo l’11/9
Intervistato dalla Cbs, il presidente pachistano accusa Washington che avrebbe minacciato di riportare il Pakistan «all’età della pietra» se non avesse cooperato dopo l’11 settembre
di stefano baldolini
EUROPA, sabato 23 settembre 2006
L’asse Washington-Islamabad per ora tiene. Almeno a giudicare dalle battute a caldo dei rispettivi presidenti che si sono incontrati ieri alla Casa Bianca, sembrerebbe rientrata la crisi tra Pakistan e Stati Uniti. Ma i rapporti tra i due paesi non sono più quelli dei tempi della “War on Terror”.
A dare fuoco alle polveri, era stata un’intervista del programma «60 Minutes » della Cbs a Pervez Musharraf: all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001, l’amministrazione Bush avrebbe minacciato di colpire il Pakistan e di riportarlo «all’età della pietra» se le autorità di Islamabad non avessero cooperato con Washington nella guerra al terrorismo. A lanciare il monito, sarebbe stato Richard Armitage, allora vice segretario di stato, incontrando il direttore dell’intelligence nazionale pachistana. Con il suo messaggio l’esponente dell’amministrazione Bush, recentemente coinvolto nel Plame Affair (sarebbe lui la fonte che rivelò a Bob Woodward l’identità Cia di Valerie Plame Wilson) fece pervenire alle autorità pachistane anche la richiesta di mettere a disposizione degli americani posti di confine e basi da utilizzare nella guerra contro i Taleban in Afghanistan. Tra le altre richieste, definite «assurde» da Musharraf, quella di eliminare ogni espressione di sostegno interno al terrorismo contro gli Stati Uniti. «Non possiamo impedire di esprimere opinioni», ha aggiunto il presidente pachistano.
Le parole che Armitage avrebbe pronunciato riecheggiano in modo sinistro un’altra celebre minaccia. «Vi ricacceremo all’età della pietra», disse all’allora ministro degli esteri iracheno Tareq Aziz, il segretario di stato di Bush padre, James Baker. Era, quello del gennaio del 1991 a Ginevra, l’ultimo incontro prima della guerra del Golfo.
E l’intervista rilasciata alla Cbs è solo l’ultimo di una lunga serie di “sgarbi” reciproci.
Se Osama bin Laden venisse localizzato in Pakistan, gli Stati Uniti non esiterebbero a catturarlo o ucciderlo, aveva dichiarato solo qualche ora prima il presidente Bush alla Cnn. Parole accolte con freddezza da Musharraf, a New York per l’Assemblea generale dell’Onu, che ribadiva che il Pakistan è un territorio sovrano. Quanto alla cattura o all’uccisione di bin Laden in territorio pachistano, aggiungeva: «Preferiremmo farlo da noi». Che l’aria fosse cambiata lo testimoniavano anche i media americani.
«Pakistan: alleato o nemico?», si chiedeva il Los Angeles Times lo scorso 5 settembre, invitando senza mezzi termini l’amministrazione a mollare il regime militare di Musharraf al suo destino. E, in vista delle presidenziali fissate per il prossimo anno, se non fosse il caso di sostenere l’alleanza dei due ex leader in esilio, Benazir Bhutto e Nawaz Sharif. L’indice è puntato anche contro l’ingente aiuto economico – pari a 3,6 miliardi di dollari, senza contare i 900 milioni in aiuti militari, e l’impegno di Washigton a posticipare la riscossione del debito di 15,5 miliardi – concesso al regime dall’11 settembre.
Tutta un’altra storia rispetto all’”età della pietra” di cui ha parlato Musharraf.
Suscitando le perplessità della Casa Bianca – che si è affrettata a smentire attraverso il suo portavoce Tony Snow – e quelle di Bush, che dopo l’incontro di ieri ha detto di essere «rimasto sbigottito» dalla crudezza della minaccia riportata da Musharraf. La cui replica a proposito ha sorpreso tutti: «Ho un libro in uscita il prossimo 25 settembre. Non posso commentare su questa questione perché violerei gli obblighi con l’editore Simon & Schuster», ha detto il generale. Si tratterebbe di "In the Line of Fire: A Memoir", che racconta la guerra al terrorismo vista dal suo punto di vista. La sua battuta è stata salutata con una sonora risata dal presidente Bush. «È una risposta da manuale », ha detto.
Allentando la tensione, in attesa del nuovo colloquio ancora a Washington, la settimana prossima, allargato al presidente afghano Hamid Karzai.
Intervistato dalla Cbs, il presidente pachistano accusa Washington che avrebbe minacciato di riportare il Pakistan «all’età della pietra» se non avesse cooperato dopo l’11 settembre
di stefano baldolini
EUROPA, sabato 23 settembre 2006
L’asse Washington-Islamabad per ora tiene. Almeno a giudicare dalle battute a caldo dei rispettivi presidenti che si sono incontrati ieri alla Casa Bianca, sembrerebbe rientrata la crisi tra Pakistan e Stati Uniti. Ma i rapporti tra i due paesi non sono più quelli dei tempi della “War on Terror”.
A dare fuoco alle polveri, era stata un’intervista del programma «60 Minutes » della Cbs a Pervez Musharraf: all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001, l’amministrazione Bush avrebbe minacciato di colpire il Pakistan e di riportarlo «all’età della pietra» se le autorità di Islamabad non avessero cooperato con Washington nella guerra al terrorismo. A lanciare il monito, sarebbe stato Richard Armitage, allora vice segretario di stato, incontrando il direttore dell’intelligence nazionale pachistana. Con il suo messaggio l’esponente dell’amministrazione Bush, recentemente coinvolto nel Plame Affair (sarebbe lui la fonte che rivelò a Bob Woodward l’identità Cia di Valerie Plame Wilson) fece pervenire alle autorità pachistane anche la richiesta di mettere a disposizione degli americani posti di confine e basi da utilizzare nella guerra contro i Taleban in Afghanistan. Tra le altre richieste, definite «assurde» da Musharraf, quella di eliminare ogni espressione di sostegno interno al terrorismo contro gli Stati Uniti. «Non possiamo impedire di esprimere opinioni», ha aggiunto il presidente pachistano.
Le parole che Armitage avrebbe pronunciato riecheggiano in modo sinistro un’altra celebre minaccia. «Vi ricacceremo all’età della pietra», disse all’allora ministro degli esteri iracheno Tareq Aziz, il segretario di stato di Bush padre, James Baker. Era, quello del gennaio del 1991 a Ginevra, l’ultimo incontro prima della guerra del Golfo.
E l’intervista rilasciata alla Cbs è solo l’ultimo di una lunga serie di “sgarbi” reciproci.
Se Osama bin Laden venisse localizzato in Pakistan, gli Stati Uniti non esiterebbero a catturarlo o ucciderlo, aveva dichiarato solo qualche ora prima il presidente Bush alla Cnn. Parole accolte con freddezza da Musharraf, a New York per l’Assemblea generale dell’Onu, che ribadiva che il Pakistan è un territorio sovrano. Quanto alla cattura o all’uccisione di bin Laden in territorio pachistano, aggiungeva: «Preferiremmo farlo da noi». Che l’aria fosse cambiata lo testimoniavano anche i media americani.
«Pakistan: alleato o nemico?», si chiedeva il Los Angeles Times lo scorso 5 settembre, invitando senza mezzi termini l’amministrazione a mollare il regime militare di Musharraf al suo destino. E, in vista delle presidenziali fissate per il prossimo anno, se non fosse il caso di sostenere l’alleanza dei due ex leader in esilio, Benazir Bhutto e Nawaz Sharif. L’indice è puntato anche contro l’ingente aiuto economico – pari a 3,6 miliardi di dollari, senza contare i 900 milioni in aiuti militari, e l’impegno di Washigton a posticipare la riscossione del debito di 15,5 miliardi – concesso al regime dall’11 settembre.
Tutta un’altra storia rispetto all’”età della pietra” di cui ha parlato Musharraf.
Suscitando le perplessità della Casa Bianca – che si è affrettata a smentire attraverso il suo portavoce Tony Snow – e quelle di Bush, che dopo l’incontro di ieri ha detto di essere «rimasto sbigottito» dalla crudezza della minaccia riportata da Musharraf. La cui replica a proposito ha sorpreso tutti: «Ho un libro in uscita il prossimo 25 settembre. Non posso commentare su questa questione perché violerei gli obblighi con l’editore Simon & Schuster», ha detto il generale. Si tratterebbe di "In the Line of Fire: A Memoir", che racconta la guerra al terrorismo vista dal suo punto di vista. La sua battuta è stata salutata con una sonora risata dal presidente Bush. «È una risposta da manuale », ha detto.
Allentando la tensione, in attesa del nuovo colloquio ancora a Washington, la settimana prossima, allargato al presidente afghano Hamid Karzai.
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