Il generale “occidentale” che non deve nulla ai punjabi
RITRATTO DI MUSHARRAF AL POTERE DAL 1999 DOPO IL GOLPE NON VIOLENTO, È CONSIDERATO UN LEADER MODERATO DALL’OCCIDENTE
Il generale “occidentale” che non deve nulla ai punjabi
di STEFANO BALDOLINI
Europa, sabato 23 settembre 2006
Pervez Musharraf sale alla ribalta della cronaca nell’ottobre del 1999, quando, con un colpo di stato non violento, destituisce il primo ministro Nawaz Sharif, che era salito al potere nel 1997, dopo la deposizione di Benazir Bhutto ad opera del presidente Farooq Leghari. Nel giugno del 2001 si auto-nomina presidente del Pakistan, senza abbandonare l’uniforme militare, sulle orme del generale Zia ul-Haq.
Secondo di tre figli, nato a Delhi nell’agosto del 1943, proviene da una famiglia middle class (il padre lavora per il ministero degli esteri) che emigra in Pakistan, a Karachi, durante la divisione del sub continente indiano.
Seguendo il padre, passa la gioventù in Turchia, ad Ankara, dal 1949 al 1956. Nel 1958 il diploma al Saint Patrick’s High School di Karachi, poi gli studi al Forman Christian College di Lahore.
Pur non appartenendo alla famiglia punjabi, da cui discende generalmente la classe dirigente del Pakistan, Musharraf, che inizia la carriera nelle forze armate nel 1964, scala le vette politico-militari del paese.
Durante gli anni in cui Benazir Bhutto è primo ministro del Pakistan, viene nominato alla guida del settore operativo dell’esercito.
Nel 1998 il capo delle forze armate Jehangir Karamat si dimette e Musharraf ne prende il posto. Secondo diversi osservatori, alla base della promozione, proprio il fatto che Musharraf non apparteneva alla classe dominante, cosa che gli avrebbe impedito di costituire un proprio blocco di potere.
Poi nell’ottobre del 1999, il colpo di stato, per difendersi dal complotto di Nawaz Sharif, dal quale era diviso da profondi contrasti dopo la scelta di quest’ultimo di adottare una linea di dialogo con l’India durante la crisi del Kashmir nel 1998. Il primo esponente di spicco pachistano a portare le truppe nel settore amministrato da Delhi, intervistato dalla Bbc, definirà la crisi un «grande successo» per Islamabad.
Salito al potere, Musharraf cerca di frenare l’ascesa dei gruppi islamici integralisti e taglia gli aiuti all’Afghanistan, nel tentativo di dare un’impronta più laica rispetto ai suoi predecessori. Tra le sue proposte anche la modifica della legge sulla blasfemia; tuttavia, in seguito alle forti pressioni dei fondamentalisti, lascia cadere quest’ultimo progetto, creando fra le minoranze non musulmane forte disappunto.
Intanto Musharraf legittima il colpo di stato prendendo l’impegno dinanzi alla Corte suprema di indire libere elezioni nell’ o t t o b r e del 2002, che si svolgono senza che nessun partito riesca ad ottenere la maggioranza.
Dopo l’11 settembre, stretto tra l’appoggio agli Stati Uniti e i numerosi gruppi islamici che minacciano di scatenare un’ondata di violenza, Islamabad sceglie di appoggiare Washington, intimando ai Talebani, nascosti e rifugiati sulle montagne afgane, la consegna di Osama Bin Laden.
Considerato un leader moderato dai governi occidentali, fortemente contrario all’idea di scontro di civiltà, conia il termine “moderazione illuminata” come base teorica della sue politiche.
Anche la sua condotta di vita può essere considerata relativamente liberal per gli standard pachistani: sua moglie ha lavorato all’International Labour Organization (l’Ilo) e vanta amicizie con esponenti liberali del paese, sua figlia è architetto.
I suoi legami con gli Stati Uniti sono rafforzati dal fatto che due parenti stretti di Musharraf, che parla un inglese fluente, vivono lì: suo fratello, medico, a Chicago e suo figlio, laureato ad Harvard, a Boston, dove dirige una compagnia high-tech.
Il generale “occidentale” che non deve nulla ai punjabi
di STEFANO BALDOLINI
Europa, sabato 23 settembre 2006
Pervez Musharraf sale alla ribalta della cronaca nell’ottobre del 1999, quando, con un colpo di stato non violento, destituisce il primo ministro Nawaz Sharif, che era salito al potere nel 1997, dopo la deposizione di Benazir Bhutto ad opera del presidente Farooq Leghari. Nel giugno del 2001 si auto-nomina presidente del Pakistan, senza abbandonare l’uniforme militare, sulle orme del generale Zia ul-Haq.
Secondo di tre figli, nato a Delhi nell’agosto del 1943, proviene da una famiglia middle class (il padre lavora per il ministero degli esteri) che emigra in Pakistan, a Karachi, durante la divisione del sub continente indiano.
Seguendo il padre, passa la gioventù in Turchia, ad Ankara, dal 1949 al 1956. Nel 1958 il diploma al Saint Patrick’s High School di Karachi, poi gli studi al Forman Christian College di Lahore.
Pur non appartenendo alla famiglia punjabi, da cui discende generalmente la classe dirigente del Pakistan, Musharraf, che inizia la carriera nelle forze armate nel 1964, scala le vette politico-militari del paese.
Durante gli anni in cui Benazir Bhutto è primo ministro del Pakistan, viene nominato alla guida del settore operativo dell’esercito.
Nel 1998 il capo delle forze armate Jehangir Karamat si dimette e Musharraf ne prende il posto. Secondo diversi osservatori, alla base della promozione, proprio il fatto che Musharraf non apparteneva alla classe dominante, cosa che gli avrebbe impedito di costituire un proprio blocco di potere.
Poi nell’ottobre del 1999, il colpo di stato, per difendersi dal complotto di Nawaz Sharif, dal quale era diviso da profondi contrasti dopo la scelta di quest’ultimo di adottare una linea di dialogo con l’India durante la crisi del Kashmir nel 1998. Il primo esponente di spicco pachistano a portare le truppe nel settore amministrato da Delhi, intervistato dalla Bbc, definirà la crisi un «grande successo» per Islamabad.
Salito al potere, Musharraf cerca di frenare l’ascesa dei gruppi islamici integralisti e taglia gli aiuti all’Afghanistan, nel tentativo di dare un’impronta più laica rispetto ai suoi predecessori. Tra le sue proposte anche la modifica della legge sulla blasfemia; tuttavia, in seguito alle forti pressioni dei fondamentalisti, lascia cadere quest’ultimo progetto, creando fra le minoranze non musulmane forte disappunto.
Intanto Musharraf legittima il colpo di stato prendendo l’impegno dinanzi alla Corte suprema di indire libere elezioni nell’ o t t o b r e del 2002, che si svolgono senza che nessun partito riesca ad ottenere la maggioranza.
Dopo l’11 settembre, stretto tra l’appoggio agli Stati Uniti e i numerosi gruppi islamici che minacciano di scatenare un’ondata di violenza, Islamabad sceglie di appoggiare Washington, intimando ai Talebani, nascosti e rifugiati sulle montagne afgane, la consegna di Osama Bin Laden.
Considerato un leader moderato dai governi occidentali, fortemente contrario all’idea di scontro di civiltà, conia il termine “moderazione illuminata” come base teorica della sue politiche.
Anche la sua condotta di vita può essere considerata relativamente liberal per gli standard pachistani: sua moglie ha lavorato all’International Labour Organization (l’Ilo) e vanta amicizie con esponenti liberali del paese, sua figlia è architetto.
I suoi legami con gli Stati Uniti sono rafforzati dal fatto che due parenti stretti di Musharraf, che parla un inglese fluente, vivono lì: suo fratello, medico, a Chicago e suo figlio, laureato ad Harvard, a Boston, dove dirige una compagnia high-tech.
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