Wednesday, January 31, 2007
Monday, January 29, 2007
Tech Barons Take on New Project: Energy Policy
SAN FRANCISCO, Jan. 28 — President Bush set broad goals last week for the adoption of alternative energy. Hoping to take on the role of filling in the details is an unlikely group: Silicon Valley’s technology investors.
These venture capitalists, backers of giants like Google and Genentech, have traditionally been free-market advocates, favoring ideas and innovation over government intervention. Now they are heading to Washington on a crusade to influence energy policy because they have a big stake in the outcome.
NytimesMaglia nera alla Cina per il rispetto dell'ambiente
Maglia nera alla Cina per il rispetto dell'ambiente
Stefano Baldolini
«Confrontato con la sua modernizzazione sociale ed economica, quella ambientale resta molto indietro», ha dichiarato al quotidiano China Daily, He Chuanqi, responsabile della ricerca. Una pessima notizia, considerato che dopo gli Stati Uniti, la Cina è il principale responsabile di emissioni di gas serra nell’atmosfera e che vaste aree del paese sono colpite da inquinamento prodotto da industrie, automobili e impianti alimentati ancora a carbone. E l’inquinamento non risparmia le fonti di acqua e il terreno. I dati ufficiali indicano che oltre 320 milioni di contadini non hanno accesso a fonti d’acqua potabile e che circa 190 milioni bevono acqua inquinata.
Una novità positiva però c’è: dopo anni di industrializzazione “selvaggia”, la sensibilità della popolazione sembra mutata. Secondo una recente indagine dell’Agenzia per la protezione ambientale dello Stato (Sepa), la grave situazione ambientale è la prima preoccupazione per la popolazione cinese. Se è risultata scarsa la conoscenza e l’attenzione su problemi mondiali come il buco nell’ozono e il global warming, acqua, aria e cibi inquinati sono sentiti come «una grave minaccia» dall’80 per cento della popolazione.
Parallelamente cresce l’attenzione della comunità internazionale. Solo sabato scorso Tony Blair, intervenendo al World Economic Forum di Davos, ha lanciato un appello per rivisitare Kyoto in chiave più radicale, cercando di coinvolgere i giganti emergenti Cina e India. Senza i quali «non abbiamo nessuna speranza di successo», ha dichiarato il premier britannico.
Così, fattori interni ed esterni, ma forse anche il recente interesse delle grandi corporation per il “business verde”, considerato sempre più come opportunità che come ostacolo, sembrano produrre almeno un cambiamento di prospettiva di Pechino. Tanto che la protezione dell’ambiente è la terza delle priorità economiche annunciate dal governo centrale per il 2007, dopo il controllo dei parametri macro economici e lo sviluppo dell’agricoltura.
Intanto, mentre la Banca mondiale stima che la Cina crescerà del 6 per cento nei prossimi quindici anni (più del doppio della media mondiale) gli esperti cinesi prevedono per il 2015 la fine della transizione da paese agricolo a industrializzato. In questo senso il “China Modernisation Report 2007” prende in esame dieci indicatori che misurano l’industrializzazione del paese. Buoni i risultati sin qui raggiunti in termini di aspettativa di vita, alfabetizzazione della popolazione adulta ed educazione secondaria, ma rimane molto da fare in altri quattro fattori chiave: il Pil pro capite, qualità nell’industria dei servizi, proporzione di popolazione che lavora nelle campagne, forte urbanizzazione del paese. Solo lavorando anche su questi aspetti, Pechino potrà concludere la sua “seconda lunga marcia”, e gli indicatori socio economici raggiungere il livello che i paesi sviluppati avevano nel 1960.
Pubblicato il: 29.01.07
Modificato il: 29.01.07 alle ore 18.46
Thursday, January 25, 2007
Des PME italiennes créent une zone industrielle au coeur de la Slovaquie
Slovacchia.
Nessuno avrebbe potuto prevedere che i destini di Vicenza,
città storica nel nordest italiano, e Samorin, piccola
città del sudest della Slovacchia, si sarebbero incrociati.
Alcune piccole imprese del Veneto in cerca di opportunità e
un paese diventato la tigre ultraliberale dell'Europa
dell'est si sono incontrati tramite i loro rappresentanti,
il presidente dell'associazione degli industriali della
provincia di Vicenza, Giordano Malfermo, e il sindaco di
Samorin, Karoly Domsitz. In appena sei anni è nata un'area
industriale a venti chilometri da Bratislava. Le filiali
delle imprese italiane impiegano un centinaio di persone,
che hanno la possibilità di imparare l'italiano.
Internazionale
La Monde, Francia
http://www.lemonde.fr/web
Quanto costano i figli? Ricadute socio-economiche e fiscali per le famiglie italiane.
Quanto costano i figli? Ricadute socio-economiche e fiscali per le famiglie italiane.
(CNEL)
I DATI ISTAT AL CNEL Seminario del Cnel , 24 gennaio 2007 L'Italia è oramai un Paese a bassa natalità: nel 2005 solo 1,3 figli per donna, ma, da oltre 20 anni, l'Italia è al di sotto di 1,4 figli per donna. E' da segnalare altresì che le nascite da genitori stranieri sono passate dal 6% del 1995 al 12% del 2004 e che l'età media delle madri straniere è di 27,4 anni contro i 31,1 delle italiane. In realtà non c'è disaffezione verso la maternità in quanto il numero di figli desiderati è più alto di quello reale, ma è il clima sociale sfavorevole alla maternità a dettare questa tendenza. In effetti la divisione dei ruoli all'interno della famiglia è ancora assai rigida e asimmetrica come dimostra il fatto che ben il 73,8% del tempo per lavoro familiare nelle coppie con donne occupate è assorbito dalle donne stesse. Inoltre la rete dei servizi sociali è scarsa : sono cresciuti soprattutto i nidi privati che, essendo molto costosi, non possono essere fruiti dagli strati della popolazione più povera. I figli costituiscono ancora una barriera all'accesso e al mantenimento del lavoro: le donne tra i 35 e i 44 anni sono single per l'84,6% a fronte del 3,4% di donna in coppia con 3 figli e 1 donna su 5 lascia il lavoro alla nascita di un figlio (1 su 4 nel Mezzogiorno). Ciò è anche dovuto alla poca flessibilità per esigenze di famiglia, il poco part-time, e il fatto che la spesa sociale – in particolare per famiglia e figli – è la più bassa di tutta l'Europa. Tale spesa rappresenta nel nostro Paese il 26,1% rispetto al PIL contro il 27,3% di media dell'Europa a 25; in tale contesto la quota destinata alla famiglia è di solo il 4,4,% della spesa sociale, la più bassa insieme alla Spagna. Ciò porta a determinate conseguenze. Così, su 2,585 mila famiglie italiane, la soglia di povertà è dell'11,1% , ma nelle famiglie con figli tale valore sale al 13,3% arrivando al 24,5% in presenza di tre o più figli. La situazione diventa ancora più pesante al Sud che registra sempre valori più elevati rispetto alla media nazionale: infatti nel Mezzogiorno risiede oltre il 70% delle famiglie povere con figli minori.
Data Comunicato: 24/01/2007
Area Tematica: POLITICHE SOCIALI; Welfare
Wednesday, January 24, 2007
Genova per Curzio Maltese
Davos e cooperazione
Ieri sul Manifesto bel pezzo di Michele Nardelli (osservatoriobalcani) sui "paradossi della cooperazione" (rassegna Camera)
Anche in America il clima è cambiato. Ora la parola spetta a Bush
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Sarà l’effetto delle nevicate in California, delle tempeste di ghiaccio in Texas o dei fiori decisamente fuori stagione apparsi a Central Park, ma l’America sta rivedendo le sue posizioni sul problema del cambiamento climatico. |
Lo stato dell’Unione non è dei migliori. Grazie a un presidente mai così impopolare
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Probabilmente mai nella storia, un leader americano aveva avuto minore sostegno popolare. Sia nel suo paese, sempre più sfi- duciato e ostile, sia nella comunità internazione. |
Friday, January 19, 2007
Another mouse in the house
From Economist.com
The computer industry targets the living room
LAST week’s headlines were grabbed by Apple’s gorgeous iPhone; a nifty high-definition video disc from Warner: and a high-definition video-disc player from LG Electronics that can cope with two rival formats, HD DVD and Blu-ray. But at the big trade shows where these were unveiled—the Consumer Electronics Show in Las Vegas, and Macworld in San Francisco—the big preoccupation was the computer industry’s quest to take over the living room.
The computer makers have already persuaded us to buy one box for the study and a laptop for the road. Now they want to get a third machine into the household: a “home server”, or entertainment hub.
This latest push began a couple of years back with “media centre” computers, pricey PCs decked out like set-top boxes that hooked up to a TV. Beneath the hood was a souped-up version of Windows XP called Media Centre Edition. You could operate the computer with a remote control, and view the display from ten feet instead of two—for conventional television, video and photographs from disc, or anything streamed from the web. A whole new market was thought to exist here, where the lean-back mode of living-room leisure met the forward crouch of the workspace. Nice try, but no banana.
Now the offer is getting better. In the past month firms such as Apple, Hewlett-Packard, Advanced Micro Devices, NetGear and SanDisk have launched all sorts of gadgetry for showing computer content on television screens. They are exploiting three things that weren’t around before. One is the rapid penetration of high-definition television with flat screens measuring 40 inches or more. Another is the proliferation of home-based wireless networks operating at Ethernet speeds. A third is the humungous size of the hard-drives in new PCs.
Sling Media has been testing the possibilities. It scored a hit a couple of years ago with its Slingbox, which could redirect your home television signal via internet to a computer anywhere in the world. Last week it unveiled a device called Sling Catcher that does the opposite—beaming video content from a computer (think YouTube or webcasts) to the big screen in the living room. True believers see the internet as a big DVR in the clouds, and the PC as the remote control.
They call this a smart TV? |
The bandwagon looks unstoppable now that Microsoft has jumped fully on board. Windows Vista, the latest iteration of Microsoft’s operating system, has all the features of Media Centre Edition bundled into its high-end versions. It also has a powerful set of multimedia tools called DirectX 10, which speeds up 3D graphics processing dramatically for video and games. These features alone let a lowly PC double as a high-definition television. And Microsoft has struck a deal with Fox Sports to offer interactive high-definition programming for a new generation of Media Centre PCs that will be in the stores this spring.
The battle for the living room has further to go. The last thing anybody wants is a television beset, as their computer often is, with bugs, spyware, viruses and Trojan horses. Vista may prove more secure than its predecessors, but even then, why would anyone want a machine with the firepower to manage a business, simply to run a telly?
Television makers are going to fight back, borrowing from computers to make their sets smarter. Already they have twigged that hard drives make better storage than magnetic tapes or optical discs. As more improvements follow, smart TVs will need an operating system to manage their internal chores, but this is more likely to be a stripped-down and embedded version of Linux than an overly complicated solution such as Vista.
So whatever you end up calling the machine in your living room a couple of years from now, it is likely to be the product of a collision between a smart TV and a super-wide PC. And probably you won’t mind which it most resembles―so long as the picture doesn’t also crash.
Donne senza mariti
CHIARA SARACENO | |
Il matrimonio è sempre meno una condizione che caratterizza tutta la vita adulta. Vale sia per gli uomini che per le donne, ma soprattutto per queste ultime. Negli Stati Uniti nel 2005 per la prima volta le donne che non vivono con un marito hanno superato di numero le coniugate che vivono con il proprio marito. In Italia questo non è ancora avvenuto, ma ci siamo vicini. Nel 2005, le coniugate (che pure possono comprendere una percentuale di persone che non vivono regolarmente con il proprio marito) erano appena 334.690 in più delle non coniugate. Per gli uomini lo scarto era oltre quattro volte tanto: 1 milione 400 mila coniugati in più rispetto ai non coniugati. Non vivere con il proprio marito non significa non essere mai state sposate, e neppure non avere un marito. Ci sono molte vedove tra le donne senza marito e ciò spiega in larga misura la differenza con gli uomini, data la più lunga sopravvivenza delle donne. Mentre la maggior parte degli uomini termina la propria vita accanto alla propria compagna, la maggior parte delle donne, negli Usa come in Italia, anche se si è sposata e non ha mai divorziato, la termina quando ormai da qualche anno non ha più il proprio compagno. In Italia nel 2005 i vedovi erano 697.226, a fronte di 3.826.586 vedove. Vivere da sole in età anziana è la conseguenza imprevista e non voluta della maggiore longevità femminile. Tra le «senza marito» ci sono anche le separate e divorziate. C’è anche una piccola percentuale di donne coniugate, ma che vivono lontane dal marito: che hanno, si potrebbe dire, coabitazioni matrimoniali «pendolari», per motivi diversi - lavoro proprio o del marito, servizio nell’esercito, detenzione e così via. Un tempo il pendolarismo per lavoro era quasi esclusivamente dovuto ai mariti. Ma l’aumento dell’occupazione femminile ne incrementa le occasioni. Infine, vivere senza un marito non significa necessariamente non vivere con un partner. La diminuzione delle convivenze con un marito si accompagna infatti ad un aumento delle convivenze more uxorio, ma anche a quella forma di rapporto di coppia «a distanza», o «pendolare», che proprio gli americani anni fa hanno individuato come una delle forme di vita di coppia emergenti: living apart together, vivere separati insieme. Ciascuno a casa propria, decidendo di volta in volta i tempi, i modi, le circostanze della convivenza, ma salvaguardando i propri spazi, anche fisici, di autonomia. Non vivere con un marito, perciò, può riflettere situazioni molto diverse, oltre che essere una situazione più o meno transitoria, più o meno ricorrente. Ma proprio questa diversità e flessibilità delle e tra le diverse situazioni segnala da un lato come la coabitazione matrimoniale sotto lo stesso tetto sia solo una delle forme delle relazioni di coppia e certamente non più l’istituzione unica della vita relazionale e affettiva delle persone, in particolare delle donne. Anzi, per molte donne, la fine di un matrimonio - per divorzio o per vedovanza - apre alla scoperta che un altro modo di vivere e stare in una relazione di coppia è possibile. È vero che le divorziate e le vedove si risposano meno spesso dei vedovi e dei divorziati, perché uomini e donne hanno ancora una posizione asimmetrica sul mercato matrimoniale e per le donne l’età è un handicap più forte. Ma è anche vero che molte donne decidono consapevolmente di non risposarsi: visto che il matrimonio non le garantisce dall’abbandono e dalla solitudine, imparano a contare sulle proprie forze e a sviluppare rapporti più negoziali con gli uomini. È lo stesso motivo per cui molte decidono di convivere prima, o invece, di sposarsi: per negoziare meglio, da una posizione anche istituzionale di maggiore autonomia, i diritti e i doveri reciproci e gli spazi di autonomia. Più che l’esaurimento della voglia di fare coppia e di fare famiglia, questa maggioranza di donne più o meno temporaneamente senza marito - al di là dell’inesorabilità della demografia - segnala complessi processi di ridefinizione dei rapporti e delle aspettative entro cui si costruiscono le coppie e le famiglie. Questi processi sono profondamente segnati dai mutamenti delle aspettative e delle risorse delle donne. (La Stampa online) |
India, le famiglie scoprono il capitalismo d'assalto
L'America liberista di Bush ora corteggia la classe operaia
Index of Economic Freedom 2007
Se per la libertà economica l'Italia compete con l'Uganda (Franco Locatelli, il Sole 24 ore 17-01-2007 , rassegna Camera pdf)
Index of Economic Freedom 2007 (Heritage Foundation)
Una bomber, sotto inchiesta un poliziotto
"Vedo la fine del mio incubo. E ora cerchino quel pazzo" (Corriere 18-01-2006, rassegna Camera pdf)
Casson: in quel centro avvenne il depistaggio per la strage di Peteano (Corriere 18-01-2006, rassegna Camera pdf)
L'anno nero della democrazia
Freedom's Report Card Mixed - Nonpartisan Group's World Report Describes 'Stagnation'
(Washington Post 18-01-2006)
L'anno nero della democrazia. Nel mondo ora si è fermata. (Danilo Taino, Corriere 18-01-2006, Rassegna camera pdf)"Dietro ai successi economici dell'Asia ci sono regimi semifascisti e repressivi" (Tony Judt intervistato da Ennio Caretto, Corriere 18-01-2006, Rassegna camera pdf)
Il rapporto della Freedom House
Wednesday, January 10, 2007
La prima mossa è di Angela. Il ritorno al nucleare non è più tabù?
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Europa Quotidiano, mercoledi 10 gennaio 2007 La convergenza tra emergenza climatica e “guerra dell’energia” sta producendo come effetto collaterale il rafforzamento dei sostenitori del nucleare. |
il re dei noodle
I vermicelli istantanei che fecero il Giappone
Momofuku Ando È morto a Osaka, all'età di 96 anni, il businessman che nel 1958 inventò gli spaghettini precotti. In patria è celebrato come il padre della scoperta del XX secolo. I suoi rivoluzionari «ramen al pollo», pronti in 3 minuti, hanno cambiato fruizione, sapori e cultura del cibo contemporaneo, a est ma anche a ovest
Giulia Sbarigia
«La pace è assicurata quando la fame è saziata», amava ripetere Momofuku Ando, il businessman inventore dei noodle istantanei, fondatore e presidente della Nissin Food Products Co. Momofuku Ando è morto per un collasso cardiaco in un ospedale di Ikeda, nella prefettura di Osaka, pochi giorni fa - precisamente venerdì scorso, dopo la cena aziendale apparecchiata per festeggiare il 2007 e a base di prodotto della casa, riferiscono le cronache locali. Aveva 96 anni e in Giappone è considerato il padre della scoperta più geniale del XX secolo: i tagliolini pronti da mangiare in 3 minuti, che nella graduatoria delle invenzioni made in Japan si attesta davanti al karaoke, al walkman della Sony e alla console Nintendo.
La rivoluzione asiatica del fast food, un pugno di spaghettini disidratati al gusto di pollo da far rinvenire in poca acqua bollente, risale al 1958, ha fatto il giro del mondo e ha modificato fruizione, sapori e cultura del cibo contemporaneo. L'idea balenò a Momofuku Ando in un villaggio vicino a Osaka mentre guardava le interminabili file al mercato nero. Le rovine della seconda guerra mondiale fumavano ancora, il paese era affamato e doveva essere ricostruito, l'industria si espandeva aggressivamente e all'orizzonte si intravedeva la nascente era high-tech. Il flash che abbagliò sensei Ando e lo fece diventare miliardario, è raccontato nella sua biografia, Come ho inventato i noodle magici, scritta nel 2002: una notte del 1957 una lunga coda di persone si srotolava davanti a un chiosco per una ciotola di vermicelli caldi, erano operai e impiegati costretti tutto il giorno al superlavoro per rimettere in piedi il Giappone. Iperproduzione e pancia vuota, poco tempo e infinite attese per riempirla. Eureka.
Momofuku Ando all'epoca aveva 48 anni, uno spiccato senso degli affari e della modernità. Era nato nel 1910 in un piccolo paese di Taiwan, al tempo colonia giapponese, aveva ereditato il piglio imprenditoriale dal padre, un mercante di tessuti, a Osaka commerciava stoffe e cibo, qualche hanno prima aveva anche fondato una società di risparmio e credito, operazione che gli costò due anni di prigione per bancarotta fraudolenta. Da qui in poi, con il racconto di Ando orfano bambino, delle sue cadute e dei sui successi - fino ai 3 miliardi di dollari annui fatturati dalla multinazionale Nissin Foods Co. con le sue 29 aziende sussidiarie sparse in 11 paesi - la biografia del Re dei noodle si riempie di particolari imprescindibili per ogni self made man che si rispetti. Il climax di tutta la vicenda si colloca appunto alla fine degli anni Cinquanta, gusto pionieristico e sapore di pollo, tecniche antiche e tempi moderni, tutto in via sperimentale, prove su prove effettuate in un laboratorio improvvisato dove i tagliolini venivano lessati e insaporiti nel brodo quindi fritti nell'olio di palma e poi disidratati seguendo il procedimento di essiccazione al sole e affumicatura che garantiva la conservazione della materia. La ricetta degli avveniristici ramen di pollo, così Ando li chiamò fin dalla prima porzione, fu messa a punto ispirandosi alla preparazione della tempura: tuffata nella padella incandescente la pastella liquida composta da acqua e farina è sottoposta a micro eruzioni, le bolle d'acqua a contatto con l'olio bollente vaporizzano immediatamente lasciando sulla superficie croccante dei piccoli crateri. Ando osservò che versando dell'acqua sull'impasto cotto questo tornava soffice, proprio grazie a quelle piccole asole dorate.
Il principio era semplice, ma in effetti a nessuno era mai venuto in mente di avviarci un business. In poco tempo l'Andy Warhol del tagliolino invase il mercato con il suo prodotto, la diffusione di massa del cibo ready-made, che andava di pari passo alla proliferazione dei supermercati, abbattè anche i puristi della gastronomia: 10.000 razioni furono consumate solo nell'arco del primo anno nonostante il prezzo fosse di 35 yen a confezione, sei volte superiore a quello degli udon, i tagliolini freschi, e il salario medio di un lavoratore raggiungesse 13.000 yen al mese. Il tempo sospeso tra eros e vitalità, il sublime piacere impiegato per preparare la magistrale zuppa di Tampopo (quasi un Sette samurai del ramen con la regia di Juzo Itami), viene irrimediabilmente soppresso.
Con l'ingresso della televisione nelle case dei giapponesi la Nissin fiutò l'occasione per accelerare ulteriormente la popolarità dei ramen pronti in 3 minuti. Il lancio di una delle prime campagne pubblicitarie televisive dell'epoca, che a guardarla ora è il massimo del lounge, fece guadagnare ai vermicelli gusto pollo sintetico lo status di icona culturale del paese. Il 1971 è la data della svolta globale, oltre i confini, che farà coniare a Ando lo slogan della sua azienda: «fare cibo per il mondo», da mangiare in ogni posto e in ogni momento. Gli spaghettini magici iniziavano a essere importati negli Stati uniti, gli americani li consumavano in tazza tirandoli su con la forchetta, ecco allora l'idea fusion: la cup-noodle, package e nutrimento rapido da asporto per pochi centesimi di dollaro e non c'era più bisogno di lavare i piatti. La forchetta di plastica pieghevole incorporata, incastrata sotto il coperchio di stagnola, sarebbe arrivata poco più tardi.
Gli anni Ottanta guardano all'Occidente, fino al 1990 il testimonial dell'azienda per il mercato nipponico fu infatti Arnold Schwarzenegger. Un altro traguardo fondamentale nella biografia di Momofuku Ando è il lancio in orbita della sua invenzione. Era il luglio del 2005 e i vermicelli a zero gravità della Nissin, confezionati appositamente sottovuoto, costituivano pranzo e cena dell'astronauta giapponese Soichi Noguchi a bordo dello shuttle Usa Discovery. Mostrando i suoi space ram ai giornalisti, Ando, sempre proiettato nel futuro, non mancò di commentare: «Sono felice di aver realizzato il mio sogno: i ramen possono andare nello spazio!».
Le stime del 2006 dicono che nel mondo sono stati venduti 85.7 miliardi di pacchetti di noodle precotti: in Cina ne sono stati consumati oltre 44 miliardi, segue l'Indonesia con 12.4 miliardi e il Giappone con 5.4. Negli Usa sono 3.9 miliardi le confezioni vendute lo scorso anno, le cifre sono meno esaltanti in Europa dove la Gran Bretagna si è convertita ai prodotti di Ando negli anni Settanta, mentre la Germania si è accodata negli anni Novanta
il manifesto, 9 gennaio 2007