Wednesday, January 10, 2007

La prima mossa è di Angela. Il ritorno al nucleare non è più tabù?

SCENARI LA CONVERGENZA TRA GLOBAL WARMING E “GUERRA DELL’ENERGIA” STA RAFFORZANDO I SOSTENITORI DELLE CENTRALI ATOMICA

di STEFANO BALDOLINI

Europa Quotidiano, mercoledi 10 gennaio 2007

La convergenza tra emergenza climatica e “guerra dell’energia” sta producendo come effetto collaterale il rafforzamento dei sostenitori del nucleare.
Oggi l’Unione Europea adotterà la nuova “Strategic Energy Review” con l’obiettivo di ridurre entro il 2020 le proprie emissioni di gas serra di almeno il venti per cento rispetto al 1990. Sul nucleare il collegio dei commissari europei dovrebbe limitarsi a locuzioni che evitino di innescare ulteriori conflitti tra i paesi membri, ma avvertendo comunque che, se si vorrà chiudere alcune delle centrali oggi esistenti, la loro produzione di energia dovrà essere rimpiazzata da fonti che non producono emissioni di carbonio.
Ma la novità politica più rilevante arriva dalla Germania. La chiusura in Bielorussia del principale oleodotto che porta in Europa il petrolio russo ha indotto Angela Merkel, già ministro federale dell’ambiente e della sicurezza nucleare nell’ultimo governo Kohl, a riaprire il dibattito sull’uscita dal nucleare. «Bisogna puntare sulle energie rinnovabili, – ha detto la Bundeskanzlerin intervistata dalla prima rete tv pubblica Ard – ma è anche necessario riflettere su quali conseguenze si possono avere se chiudiamo le centrali nucleari».
Il tema divide i partiti della “Grosse Koalition”, dopo che una legge approvata nel 2002 dal passato governo rosso-verde di Gerhard Schroeder ha deciso lo spegnimento, entro il 2021, delle diciassette centrali ancora attive (già quest’anno è prevista la chiusura del reattore Biblis A, in Assia, cui seguiranno altri tre stop nei prossimi due anni). Se i cristiano-democratici della Cdu, guidati dalla Merkel, e i cugini bavaresi della Csu chiedono di prolungare l’attività delle centrali, reazioni di segno contrario sono arrivate dagli esponenti socialdemocratici ed ecologisti. Dal canto suo la Merkel incassa il sostegno della Vea, la più grande associazione tedesca di acquirenti di energia, che rappresenta soprattutto medie aziende e istituzioni pubbliche.
Oltre a trattarsi di una novità in senso assoluto – è la prima volta dalla nascita della “Grosse Koalition” che si tocca l’argomento, chiuso per “rispetto” nei confronti della Spd –, l’apertura della Merkel assume un particolare significato. Intanto perché avviene in concomitanza con l’avvio del semestre tedesco di presidenza della Ue. E proprio ieri il presidente della commissione, Josè Manuel Barroso si è espresso per una nuova strategia energetica europea. che «parli con una sola voce». Poi perché si lega a un’altra recente (e clamorosa) apertura al nucleare, quella di Tony Blair, che lo scorso luglio, alla vigilia del G8 di San Pietroburgo, annunciava la costruzione di una nuova generazione di impianti nucleari in sostituzione di quelli esistenti.
La decisione fece scalpore perché rappresentò una vera e propria inversione di rotta: solo nel 2003 l’esecutivo laburista aveva deciso di abbandonare il nucleare per investire in forme di energia rinnovabile. Nelle previsioni del governo, le spese di costruzione e di gestione delle nuovi centrali (dotate dei più moderni e sofisticati sistemi di sicurezza) sarebbero ricadute quasi interamente sul settore privato. La svolta di Blair provocò le reazioni degli ambientalisti che denunciarono «l’ossessione nucleare» del premier britannico e lo accusarono di aver ceduto alla pressione delle lobby delle aziende di settore. Greenpeace rincarò la dose ricordando l’alto numero di incidenti avvenuti nell’impianto di Sellafield e la pericolosità delle operazioni di trasporto dei materiali radioattivi. Alle associazioni ambientaliste si associarono molti deputati laburisti che non erano convinti del piano: non aggiungeva nulla sulla sicurezza degli impianti, possibili target di attentati terroristici, e non affrontava in dettaglio la questione dello smaltimento delle scorie.
Come detto, le proposte del governo di Londra caddero proprio alla vigilia del vertice di San Pietroburgo, che vide Stati Uniti e Russia in prima fila per un rilancio della produzione nucleare come alternativa ecologica alla più inquinante energia prodotta dagli idrocarburi.
Secondo Mosca e Washington, si doveva addirittura permettere ai paesi in via di sviluppo di utilizzare energia prodotta attraverso il nucleare, pur sotto il rigido controllo delle superpotenze, per evitare la proliferazione per usi non civili. In ogni caso, la discussione non decollò, e anche a causa dello spauracchio atomico di Teheran, piuttosto vivace nel frattempo, si arrivò ad un accordo annacquato.
Così alcuni osservatori decretarono il fallimento del G8, che preferì nel documento finale parlare di “Sicurezza energetica globale” piuttosto che affrontare il tema della regolazione dei mercati energetici lasciando il campo a chi – come Vladimir Putin – ha tutto l’interesse a giocare un ruolo indipendente e a sfruttare posizioni di vantaggio ai fini della pura contrattazione politica. Infine, dettaglio non trascurabile – anche alla luce delle parole della Merkel –, è il fatto che dell’asse Londra e Berlino, allora principali avversari del piano di Mosca e Washington, oggi rimane poca cosa, e non resta che registrare un ri-allineamento dei maggiori governi dell’Unione europea.
Di cui ora andrebbero convinti i cittadini. Secondo l’ultimo sondaggio di eurobarometro, infatti, solo il venti per cento degli europei si dichiara favorevole all’uso dell’energia nucleare. Ma ad onor del vero va detto che il fronte dei contrari non è così compatto come può sembrare. Di recente sono registrate clamorose prese di posizione anche da parte di ambientalisti “storici” che confidano nel nucleare come rimedio all’effetto serra. È il caso, ad esempio, di James Lovelock, il padre della teoria di “Gaia”, che nel maggio 2004, con riferimento ai rischi di riscaldamento globale, dichiarava: «non abbiamo più tempo per fare esperimenti con fonti di energia visionarie; la civiltà è in pericolo imminente e deve utilizzare il nucleare – una fonte di energia sicura e disponibile – ora, oppure sopportare la sofferenza che sarà a breve imposta dal nostro pianeta oltraggiato.» E grande affidamento si fa sugli impianti di cosiddetta “terza” e “quarta generazione” (il cui lancio è previsto per il 2020) e che, secondo Georges Van Goethem, per esempio, responsabile di fissione e radioprotezione della commissione europea, fornirebbero «credenziali di sicurezza ed ecologiche inaspettate». Tutto questo mentre secondo l’Iaea (l’Agenzia per l’energia atomica delle Nazioni Unite) nel gennaio del 2006 erano in costruzione nel mondo ben 24 reattori nucleari (di cui otto in India, quattro in Russia, due in Cina, due in Ucraina, due a Taiwan, uno in Giappone, uno in Romania).
Insomma, la Germania non è un caso isolato e concreti segnali di rinnovato interesse verso l’atomo giungono anche da tutti quei paesi (occidentali in primis) ove negli ultimi anni sembrava farsi strada l’ipotesi di una moratoria di fatto.

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