Parte senza il dossier Turchia sul tavolo il Consiglio d’Europa che si apre oggi a Bruxelles.
Un compromesso sulla sospensione parziale dei negoziati per l’adesione di Ankara è stato infatti raggiunto lunedì scorso al Consiglio degli affari generali e relazioni esterne (Cagre).
«La riunione è stata molto aspra – dichiara a Europa Famiano Crucianelli, sottosegretario agli affari esteri – ma lo sviluppo del negoziato con la Turchia rappresenta un momento di grandissima importanza per tutti. Un’occasione storica che potrebbe trasformarsi in un grande errore storico». Il Cagre ha accettato le raccomandazioni formulate dalla Commissione europea, «a nostro parere equilibrate, perché nella sostanza si censura la violazione di una delle regole comunitarie da parte della Turchia», ammonita perché non rispetta l’impegno di aprire anche a Cipro l’accesso ai suoi porti e aeroporti, e «vengono bloccati otto capitoli su trentacinque» delle trattative in corso.
Una mediazione tra la posizione dei paesi pro-Ankara (Italia e Gran Bretagna in testa) che puntavano alla sospensione delle trattative su solo tre capitoli, e quella più intransigente (Grecia, Cipro, Austria e Olanda) che ne voleva bloccare almeno dieci.
«L’importante – continua Crucianelli – è che non sia passata la clausola di revisione che avrebbe portato a una verifica tra diciotto mesi. Sarebbe suonata come un ultimatum, e avrebbe comportato di fatto uno stop dei negoziati».
Raggiunto il compromesso, sugli altri punti si continuerà a trattare. La presidenza finlandese ha anche lanciato un appello per una soluzione in sede Onu del problema di Cipro. Si poteva ottenere qualcosa in più. «I turchi hanno fatto una proposta in extremis – rivela Crucianelli – dicendosi disponibili ad aprire un porto e un aeroporto, ma la presidenza finlandese ha stoppato. L’obiettivo era evitare che la questione turca ipotecasse tutta la discussione del Consiglio. D’altro canto, una crisi con la Turchia avrebbe ripercussioni immediate e dirette in tutto il mondo musulmano, nell’area mediorientale e nel Mediterraneo, con effetti che renderebbero più accentuati gi elementi di instabilità già largamente diffusi. Speriamo che questa “ripartenza” non sia una “falsa partenza”.
Una stagnazione vorrebbe dire un fallimento ».
All’adesione della Turchia è legata l’intera questione dell’allargamento, tema di cui invece si discuterà nella due giorni di Bruxelles. In questo senso, «i Balcani non possono essere lasciati fuori. Un loro coinvolgimento è la condizione per la stabilizzazione democratica di tutta l’area. Si è fatto un passo avanti sulla Serbia, ma non quello che chiedevamo, ossia l’adozione del modello croato: far partire il processo d’adesione e solo in un secondo momento verificare che le condizioni richieste fossero state rispettate». Naturalmente la questione chiave è l’indipendenza del Kosovo e «non è esclusa una rottura con la Serbia che può avere ripercussioni in Consiglio di sicurezza.
Ad oggi le posizioni sul tavolo – quella dell’autorità kosovara e quella serba – sono inconciliabili.
Un motivo in più per aprire a Belgrado.
La cosa più rischiosa sarebbe il suo isolamento e il prevalere di posizioni radicali, alle prossime elezioni per esempio». Nell’intera vicenda pesa anche il cambiamento di rotta di Mosca. «Non c’è dubbio che in questi ultimi tempi la Russia abbia assunto un atteggiamento nuovo, decisamente più intransigente, nei confronti della questione serba».
Il summit di Bruxelles potrebbe essere l’inizio di una nuova fase. Per dirla con Crucianelli, «mi aspetto che discuteremo molto di allargamento, molto di futuro, di come impostare le prossime tre presidenze di turno, a partire da quella tedesca. I prossimi diciotto mesi saranno decisivi. Ed è ora di ricominciare a parlare del trattato costituzionale, che venga superata la fase di “riflessione” che ha di fatto paralizzato l’intero processo d’integrazione. Con l’obiettivo simbolico di rilanciarlo il prossimo 25 marzo, in occasione del cinquantenario dei Trattati di Roma».
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