Monday, December 04, 2006

In Italia Kathleen Kennedy, “ambasciatrice” liberal dei diritti umani

INTERVISTALA FIGLIA DI BOB A NAPOLI PER UN’INIZIATIVA PROMOSSA DALLA FONDAZIONE INTITOLATA AL PADRE UCCISO

di STEFANO BALDOLINI

Due giorni dopo che Jfk venne assassinato durante la celebre parata di Dallas del novembre 1963, Robert F. Kennedy scrisse una nota su carta intestata della Casa Bianca alla figlioletta di dodici anni: «Essendo la più grande della prossima generazione tu hai una responsabilità particolare… Sii gentile con il prossimo e lavora per il tuo paese».
Quella ragazzina era Kathleen Kennedy e quelle parole costituivano l’eredità politica – la legacy – di Bob, che verrà poi ucciso cinque anni dopo all’Ambassador Hotel di Los Angeles in piena corsa alla presidenza degli Stati Uniti.
Inevitabile che a partire da quella legacy, Kathleen dovesse impegnarsi in politica, dovesse «lavorare per il suo paese»: prima nell’amministrazione Clinton, poi dal 1995 al 2002 per lo stato del Maryland dove è arrivata a candidarsi alla carica di governatore.
«Una delle mie attività – dichiara a Europa – è andare in giro per il mondo promuovendo gli ideali della Robert F. Kennedy Memorial». Di qui la visita di sabato scorso, nel napoletano, per inaugurare la mostra fotografica itinerante “Coraggio”, ospitata in un grande centro commerciale di Giugliano e sostenuta dalla RFK of Europe onlus, di cui Federico Moro è segretario generale. Luogo quanto mai appropriato: Napoli è nell’occhio del ciclone per i recenti episodi di violenza e criminalità. Così l’obiettivo è «spingere la gente a credere nell’importanza del ruolo della legge e della lotta alla corruzione; e l’iniziativa “Speak Truth to Power” vuole sensibilizzare al rispetto dei diritti umani. Ecco dunque l’impegno nelle scuole, in Lombardia e in Calabria, e parallelamente l’attività di fund raising. Con buoni risultati, come in occasione del recente incontro tra Jacques Chirac e Romano Prodi. Entrambi hanno dimostrato simpatia per la nostra campagna».
Con le elezioni di mid-term ancora “calde”, non si può non finire a parlare di politica. «Naturalmente sono lieta che i democratici abbiano vinto, ora abbiamo una grande sfida davanti con l’Iraq, e quello che dobbiamo fare è lavorare per sviluppare un buon programma». Nonostante l’affermazione al Congresso, la sinistra americana è stata però recentemente attraversata da una forte polemica interna.
Lo scorso settembre Tony Judt, influente intellettuale ebreo, dalle colonne della London Review of Books arrivò a definire i liberal «utili idioti», parlò della «strana morte dell’America liberal». Secondo Judt, la voce dei liberal americani è ormai assente dalla sfera pubblica. La fine degli ideali degli anni Sessanta, rimpiazzati dai miti del consumo e del benessere, e il progressivo disfacimento del Partito democratico e dei valori del welfare e della giustizia sociale, li ha resi acquiescenti verso il governo Bush, in particolare verso le scelte di politica estera. Al direttore del Remarque Institute alla New York University, altri intellettuali risposero poi con un “Manifesto liberal”, pubblicato sulla rivista progressista The American Prospect, e firmato da oltre quaranta studiosi.
L’occasione è troppo ghiotta per non parlarne con una delle discendenti della dinastia liberal per eccellenza, la famiglia Kennedy. «Credo che Judt sbagli – replica Kathleen, ridendo – La missione liberal è viva e vuole che il governo lavori, lo faccia per la gente, sia efficace, e che traduca con rispetto la volontà politica delle persone.» Non esiste un problema di visione. «La visione liberal – continua quasi a rafforzare il concetto – implica che il governo sia efficiente, che abbia una politica estera efficace, che rispetti la legge».
Pensando alle prossime presidenziali, ineluttabile poi il paragone con Barack Obama, il senatore dell’Illinois, stella del sistema politico americano.
Chissà che non sia il nuovo Kennedy. «Non lo definirei il nuovo Kennedy, – fa Kathleen– dei Kennedy però ha la caratteristica di essere molto attractive. Però io sto con Hillary Clinton. Sta facendo un lavoro molto buono focalizzato sul rispetto della legalità, e sui temi cosiddetti centristi. Hillary è sveglia ed esperta. Ma è vero che Obama è molto attractive».

Europa Quotidiano, 28 novembre 2006

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