La nuova Rai non dimentica l’Africa
Media
La nuova Rai non dimentica l’Africa
di STEFANO BALDOLINI
EUROPA QUOTIDIANO, giovedi 9 novembre 2006
Che l’Africa sia un enorme paradosso non è una novità assoluta.
Fonte inesauribile di storie eppure coperta in maniera risibile dai media, troppo grande per essere mai pienamente compresa ma poco “notiziabile” perché si investa realmente nella sua narrazione, ecco che ci si riduce alla “solita Africa” delle guerre civili, del sottosviluppo e dei governi corrotti, motore immobile di migranti, meta di turisti o di imprenditori senza scrupoli (e negli ultimi tempi in prevalenza cinesi).
Di fronte a tutto ciò, non può dunque che far piacere sapere che l’annunciata nuova sede di corrispondenza Rai di Nairobi, il primo avamposto della nostra tv pubblica nel continente, è effettivamente in rodaggio.
«Dovrebbe diventare operativa entro l’anno», fa sapere Maxia Zandonai dell’Usigrai (l’occasione è la presentazione di uno speciale del Tg1 nella sede romana di viale Mazzini), «per ora ci si appoggia ad un service della Reuters».
Ma se il buon giorno si vede dal mattino, la nuova sede dedicata a Ilaria Alpi, Miran Hrovatin e Marcello Palmisano, chiesta a gran voce da ong e missionari, non avrà vita facile.
Così per esempio in questi giorni, nel pieno del summit mondiale sul clima nella stessa Nairobi, il corrispondente Enzo Nucci non potrà muoversi con una sua troupe. «Sta lottando contro la burocrazia del paese, non ha ancora i permessi necessari », continua la Zandonai. Il timore è che finisca per prevalere un letale principio di sovrapposizione degli effetti, che «alla lentezza burocratica keniota vada ad aggiungersi quella italiana ». Questo mentre nessuna grande testata italiana ha un ufficio di corrispondenza nel continente e si auspica un “effetto domino” positivo, «con il Corriere della Sera – conclude la Zandonai – che potrebbe seguire a ruota». Segnali positivi, dunque. Ma se da una parte il servizio pubblico prova a fare il suo mestiere, cioè a trainare l’informazione italiana sul versante della qualità, dall’altra bisogna non esagerare con gli entusiasmi per evitare di passare per i soliti parvenu.
Guai dunque a non ricordare come in Africa la Rai sia “a rimorchio” dei grandi network internazionali, Bbc, Cnn, Zdf, e persino di al Jazeera.
Così soltanto a valle del necessario “bagno di realtà“, si può parlare dello speciale del Tg1 che andrà in onda domenica prossima 12 novembre, non proprio in prime time ma in un orario tutto sommato decente (23.25).
Si intitola “Contrasto africano” ed è un tentativo di raccontare il continente attraverso vicende in evidente dialettica tra loro. Dalle storie di immigrati africani che vivono in Italia, alla triste Somalia in mano alle corti islamiche (una troupe Rai torna nel paese a dieci anni dagli omicidi degli inviati italiani, e come primi reporter occidentali a Mogadiscio dall’omicidio di un giornalista svedese, lo scorso giugno). Dalle cliniche della Tunisia dove si va per interventi low cost di chirurgia estetica o di ricrescita dei capelli (con tanto di bandana post operatoria di rito), all’emergenza profughi del Darfour. Fino al laboratorio politico Sudafrica, speranza del continente.
Migliaia di km a sud di Nairobi da dove prova a ripartire la nuova Rai.
La nuova Rai non dimentica l’Africa
di STEFANO BALDOLINI
EUROPA QUOTIDIANO, giovedi 9 novembre 2006
Che l’Africa sia un enorme paradosso non è una novità assoluta.
Fonte inesauribile di storie eppure coperta in maniera risibile dai media, troppo grande per essere mai pienamente compresa ma poco “notiziabile” perché si investa realmente nella sua narrazione, ecco che ci si riduce alla “solita Africa” delle guerre civili, del sottosviluppo e dei governi corrotti, motore immobile di migranti, meta di turisti o di imprenditori senza scrupoli (e negli ultimi tempi in prevalenza cinesi).
Di fronte a tutto ciò, non può dunque che far piacere sapere che l’annunciata nuova sede di corrispondenza Rai di Nairobi, il primo avamposto della nostra tv pubblica nel continente, è effettivamente in rodaggio.
«Dovrebbe diventare operativa entro l’anno», fa sapere Maxia Zandonai dell’Usigrai (l’occasione è la presentazione di uno speciale del Tg1 nella sede romana di viale Mazzini), «per ora ci si appoggia ad un service della Reuters».
Ma se il buon giorno si vede dal mattino, la nuova sede dedicata a Ilaria Alpi, Miran Hrovatin e Marcello Palmisano, chiesta a gran voce da ong e missionari, non avrà vita facile.
Così per esempio in questi giorni, nel pieno del summit mondiale sul clima nella stessa Nairobi, il corrispondente Enzo Nucci non potrà muoversi con una sua troupe. «Sta lottando contro la burocrazia del paese, non ha ancora i permessi necessari », continua la Zandonai. Il timore è che finisca per prevalere un letale principio di sovrapposizione degli effetti, che «alla lentezza burocratica keniota vada ad aggiungersi quella italiana ». Questo mentre nessuna grande testata italiana ha un ufficio di corrispondenza nel continente e si auspica un “effetto domino” positivo, «con il Corriere della Sera – conclude la Zandonai – che potrebbe seguire a ruota». Segnali positivi, dunque. Ma se da una parte il servizio pubblico prova a fare il suo mestiere, cioè a trainare l’informazione italiana sul versante della qualità, dall’altra bisogna non esagerare con gli entusiasmi per evitare di passare per i soliti parvenu.
Guai dunque a non ricordare come in Africa la Rai sia “a rimorchio” dei grandi network internazionali, Bbc, Cnn, Zdf, e persino di al Jazeera.
Così soltanto a valle del necessario “bagno di realtà“, si può parlare dello speciale del Tg1 che andrà in onda domenica prossima 12 novembre, non proprio in prime time ma in un orario tutto sommato decente (23.25).
Si intitola “Contrasto africano” ed è un tentativo di raccontare il continente attraverso vicende in evidente dialettica tra loro. Dalle storie di immigrati africani che vivono in Italia, alla triste Somalia in mano alle corti islamiche (una troupe Rai torna nel paese a dieci anni dagli omicidi degli inviati italiani, e come primi reporter occidentali a Mogadiscio dall’omicidio di un giornalista svedese, lo scorso giugno). Dalle cliniche della Tunisia dove si va per interventi low cost di chirurgia estetica o di ricrescita dei capelli (con tanto di bandana post operatoria di rito), all’emergenza profughi del Darfour. Fino al laboratorio politico Sudafrica, speranza del continente.
Migliaia di km a sud di Nairobi da dove prova a ripartire la nuova Rai.
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