Wednesday, February 02, 2005

Chavez, Putin e la «maledizione» del petrolio

Chavez, Putin e la «maledizione» del petrolio
di MOISÉS NAÍM *
Confronti
Giochiamo a «Indovina chi...». Come si chiama il presidente di questo Paese ricco di petrolio? Ecco gli indizi utili a risalire alla sua identità e a individuare interessanti tendenze del mondo d’oggi. Il tenente colonnello è emerso da una relativa oscurità negli anni Novanta ed è rapidamente diventato un leader politico nazionale. Oggi sulla cinquantina, si è formato nei tardi anni Settanta e Ottanta: formazione dalla quale ha ricavato l'idea di un mondo gerarchicamente organizzato, dominato da un forte governo centrale sostenuto dall'esercito. Pur democraticamente eletto alla fine degli anni Novanta - e recentemente rieletto -, si è giovato della forte concentrazione di potere nelle mani dell'esecutivo e dell'erosione delle pratiche democratiche. Ha persino voltato le spalle al proprio partito, preferendo governare affiancato dai vecchi compagni d'armi. Che ora dirigono ministeri, agenzie, governi provinciali, imprese e tutte le principali istituzioni dello Stato. La crescita della sua popolarità è in larga misura dipesa dalla capacità di rispondere a una domanda: a cosa è dovuto il peggioramento delle condizioni di vita in un Paese dotato di ingenti risorse petrolifere? Per la maggior parte dei cittadini la soluzione era scontata: la causa è la corruzione. Il presidente ha intercettato il desiderio popolare di un leader capace di porre fine al ladrocinio ed è stato abile a trarre vantaggio da questo stato d’animo. Ha additato come pubblico nemico il ristretto circolo degli oligarchi. Il presidente ha colto qualsiasi occasione per denunciarli, accusandoli di manipolare i mezzi di informazione, di influenzare il processo politico e cospirare contro di lui. Le denunce si sono presto trasformate in persecuzione, per lo più sotto forma di imposizioni tributarie. La maggiore compagnia petrolifera del Paese è stata l'oggetto della contesa più aspra, che ha destabilizzato i mercati energetici globali. Il presidente ha vinto - silurando, esiliando o incriminando i rivali nella lotta per il potere. Intanto, il prezzo internazionale del petrolio saliva alle stelle. Una valanga di valuta estera si riversava nelle casse dello Stato. Il boom della spesa pubblica procurava agli amici del governo eccezionali occasioni per arricchirsi e dava vita a una nuova classe di gruppi d'affari, forti alleati del presidente e della sua cerchia. Nonostante l'instabilità politica e l'opacità delle norme che regolavano la proprietà privata e gli investimenti stranieri, le compagnie petrolifere multinazionali non potevano permettersi di restare fuori dal gioco. Il presidente ha inoltre beneficiato di una favorevole congiuntura politica internazionale. Non perché fosse particolarmente benvoluto o stimato dagli altri leader, ma perché il mondo era troppo preso dalla guerra tra altri presidenti del petrolio: George W. Bush e Saddam Hussein. Le più urgenti emergenze geopolitiche di altri Paesi hanno così consentito a questo presidente di prendere decisioni al riparo dagli sguardi di una comunità internazionale impegnata e distratta. Di chi parliamo? Raccontiamo la storia sia del presidente russo Vladimir Putin che del venezuelano Hugo Chávez. Sorprendente, non solo per la straordinaria coincidenza dei dettagli, ma anche per le profonde differenze tra le personalità e le storie dei due uomini. Il presidente Chávez, ex tenente colonnello dell'esercito venezuelano, è un tipo alla mano, esuberante, socievole e irriverente. Il presidente Putin, ex tenente colonnello del Kgb, è un uomo riservato, schivo, gelido. Putin è nato e cresciuto nella fredda San Pietroburgo; Chávez viene da Sabaneta, un minuscolo villaggio perso negli Ilanos, le piane venezuelane. Anche i due Paesi sono profondamente diversi. La Russia ha undici fusi orari e conta una popolazione di 147 milioni di persone. Il Venezuela è un Paese caraibico, copre una superficie pari al cinque per cento della Russia, con una popolazione che non arriva a un quinto di quella russa. La Russia è una potenza nucleare che dispone di un'economia industriale dieci volte più sviluppata di quella venezuelana. Eppure i percorsi della recente evoluzione dei due Paesi sono incredibilmente simili sotto numerosi e rilevanti aspetti. Com’è potuto accadere? Risposta semplice, ma imprescindibile, il petrolio. Il petrolio non è soltanto una risorsa, è una forza capace di orientare la politica interna di una nazione, i suoi rapporti internazionali e persino la sua cultura. In Paesi privi di istituzioni democratiche mature e di un settore pubblico flessibile, il petrolio diventa una maledizione. Genera corruzione, ineguaglianza, disoccupazione e lotte per il potere che si concentrano naturalmente sul controllo della principale industria nazionale. Il petrolio garantisce al governo potere e autonomia, assicura entrate indipendenti dalle tasse. Beninteso, questa è anche la storia del mondo arabo. Ricordate il tenente colonnello Gheddafi? La differenza sta nel fatto che nei Paesi produttori di petrolio del Medio Oriente, i governanti non hanno bisogno di passare per democratici, come Chávez e Putin; ma se il Medio Oriente avviasse un processo di transizione verso regimi politici meno autoritari, probabilmente anche loro indosserebbero la maschera democratica. Ed ecco la morale del nostro indovinello geopolitico: Russia e Venezuela sono Paesi geograficamente, culturalmente e storicamente assai lontani, ma politicamente affini a causa del petrolio. Le similitudini qui riportate rispecchiano le potenti forze che spiegano il recente passato delle due nazioni, delineano il loro probabile futuro e quello di altri Paesi afflitti dalla ricchezza del petrolio. * direttore di Foreign Policy , ex ministro venezuelano dell’Industria e del Commercio Moisés Naím (Traduzione di Maria Serena Natale)
Esteri

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