Friday, January 21, 2005

Stati Uniti, obesità infantile nel mirino

Stati Uniti, obesità infantile nel mirino

Quella che si chiude è stata una settimana cruciale per le abitudini alimentari dei cittadini americani .

Arnold Schwarzenegger, icona del salutismo Usa, ha dato in qualche modo fuoco alle polveri. “Abbiamo più bambini obesi e spendiamo più risorse che qualsiasi altro stato del paese, ma dobbiamo fare di più”, ha dichiarato il governatore della California aprendo lunedì scorso a Berkeley la sessione 2005 della Conferenza sull’Obesità Infantile. “Per la carenza di campi da gioco nei centri urbani e l’abbondanza di bevande gassate e di merendine nelle scuole, la condizione dei ragazzi americani è diventata un problema di salute pubblica” hanno dichiarato gli organizzatori. “La combinazione tra obesità, inattività e diabete porterà i nostri ragazzi a vivere meno dei loro genitori, e il pericolo è più evidente tra le comunità più povere, afro e latinoamericane, dove le diete sono più carenti e sbilanciate”.

La tendenza della ricca California sembra ricalcare quella del pianeta. L’obesità infantile è una malattia che comporta numerosi rischi per la salute, da malattie cardiovascolari al diabete tipo 2, una volta sconosciuto tra gli adolescenti. Contro tale emergenza l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo scorso novembre ha lanciato una campagna di prevenzione. Secondo l’Oms, “circa 22 milioni di bambini sotto i 5 anni sono obesi o sovrappeso, con più di 17 milioni nei paesi in via di sviluppo”.

Negli Usa, i critici dell’industria alimentare puntano l’indice contro il marketing diretto verso i bambini. “Se verrà dimostrato un nesso tra pubblicità ingannevoli rivolte all’infanzia e obesità ci sarà poco da ridere.”, scriveva Fortune nel febbraio 2003.

Giovedì scorso la “Kraft Foods”, la più grande produttrice di cibo degli States, ha dichiarato che abbandonerà gli spot commerciali di snack diretti ad under 12. Le immagini di merendine non saranno più diffuse in tv e radio durante la cosiddetta fascia “protetta”. Nelle stesse ore, i fabbricanti dei distributori automatici hanno lanciato una campagna d’immagine contro i tentativi di rimuovere le loro vituperate macchine dalle scuole. Cartellini adesivi per distinguere i prodotti in base al contenuto calorico e software a basso costo per insegnare a distinguere i cibi dai colori. Sulla stessa linea, la “Sugar Association”.

Le mosse dei big dell’industria alimentare sono arrivate il giorno successivo alla decisione del governo di abbandonare dopo 12 anni la cosiddetta “piramide alimentare”, e alle nuove raccomandazioni “di fare esercizio fisico tra i 30 e i 90 minuti al giorno, mangiare cereali integrali, frutta e verdura.”

Venti anni fa, Marvin Harris scriveva che “in un’economia di mercato come può essere quella degli Stati Uniti, ‘buono da mangiare’ può in realtà significare ‘buono da vendere’, ossia ‘buono’ indipendentemente da ciò che vale sul piano strettamente nutritivo”. Il celebre antropologo provava così a spiegare la “relazione paradossale” che viveva il paese in cui “i costi e i benefici in termini nutrizionali e ambientali non sempre coincidono con costi e benefici in termini monetari.”. Oggi, con “quasi due terzi della popolazione soprappeso” – secondo il ministro della Sanità Thompson – quell”’equilibrio paradossale” sembra reggere a fatica.

Stefano Baldolini
(Europa, sabato 15 gennaio 2005)


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