iraq , pane e beretta
Bagdad, fuoco anche sulla fila per il paneDecine di morti in una serie di attacchi in tutto il Paese. Colpiti fedeli sciiti. Tardano i risultati del voto
DAL NOSTRO INVIATO BAGDAD - Per fortuna non c'erano ancora molte persone ieri mattina in coda al panificio del quartiere popolare di Hai al Min. Altrimenti i morti nell'attentato sarebbero stati molto più numerosi dei 9 (o 11, a seconda delle fonti) segnalati più tardi. Non erano ancora le 8, quando alcuni uomini armati di mitra sono arrivati a bordo di due auto, le hanno parcheggiate bloccando la zona di marciapiede attorno al panificio, poi si sono avvicinati all'ingresso e urlando «Allah Aqbar» (Allah è il più grande) hanno sparato a raffica. Un massacro a sangue freddo, senza possibilità di reagire, senza potersi difendere, come quasi sempre accade nell'Iraq del dopoguerra. A cadere tra i sacchi di farina e i cesti di pane fresco sono solo civili: due bambini, donne, tutti i garzoni del forno. Il motivo? Qualcuno indica i quattro o cinque manifesti inneggianti a Muqtada Al Sadr, il leader sciita radicale, appesi nel locale. «I terroristi vogliono colpire gli sciiti per cercare di fomentare la guerra civile» dicono i passanti. Questo è un quartiere a popolazione sciita e sunnita. Gente che convive in pace. Colpire proprio adesso, nei giorni iniziali del mese sacro sciita, il Moharram, serve a rilanciare la tensione. Nel febbraio 2004, proprio in occasione della Ashura, la ricorrenza che ogni anno pone fine al Moharram, quasi 200 sciiti persero la vita nei gravissimi attentati tra i pellegrini nelle città sante sciite di Karbala e Najaf. C'è comunque chi non esclude la matrice criminale. Non c'è invece alcun dubbio sulla matrice terroristica dell'autobomba esplosa alle 13 di fronte alla moschea sciita nella cittadina di Balad Ruz, 65 chilometri a nord della capitale. Il bollettino di sangue è cresciuto con il passare delle ore. Prima vengono segnalati 6 morti, poi 9, infine 14. I feriti sono una trentina, alcuni molto gravi. Tra loro 6 poliziotti. Avevano ricevuto la segnalazione che il camioncino carico di verdura parcheggiato di fronte alla moschea nascondeva un ordigno. Sono corsi sul posto, ma non hanno potuto fare nulla, se non trasformarsi da soccorritori in vittime. Nessun dubbio anche sulle responsabilità per il tentativo di assassinio a Bagdad dello sceicco Ammar al-Hilali, un rappresentante del grande ayatollah Alí al Sistani, massimo leader spirituale degli sciiti iracheni. Era stato più volte minacciato di morte per il suo sostegno alle elezioni del 30 gennaio. Ieri mattina due auto si sono affiancate alla sua vettura e dai finestrini sono partite alcune brevi raffiche. Al-Hilali è stato colpito 7 volte, nessuna letale. E il terrorismo-guerriglia non ha pietà neppure per i feriti. Nel pomeriggio 6 auto hanno circondato l'ospedale di Salman Pak, la cittadina a sud della capitale, dove due giorni fa si era svolta una battaglia campale tra agenti delle nuove forze di polizia e gruppi della guerriglia sunnita, durata oltre 6 ore. Ne sono scesi una ventina di armati e hanno rapito dai loro letti 20 agenti feriti. Il rischio molto concreto è che vengano tutti uccisi in esecuzioni «esemplari» per scoraggiare chiunque voglia arruolarsi. In questo clima di drammatica ripresa della violenza il mondo politico attende i risultati definitivi delle elezioni. Lo scrutinio delle schede è stato completato in 12 delle 18 province del Paese. A detta del capo della commissione elettorale, Abdel Hussein al-Hindawi, l'affluenza alle urne è stata più elevata nel sud: il picco è a Najaf, con il 73 per cento degli aventi diritto al voto. A Nassiriya la percentuale si aggira sul 67 per cento. Nella zona sunnita di Diyala non si va invece oltre il 34 per cento. «I risultati finali saranno resi noti martedì prossimo» sostengono i diplomatici della coalizione. Tra le cause del ritardo una serie di gravi irregolarità e brogli segnalati nella città di Mossul e in generale nelle zone sunnite. Ma non si fermano i negoziati volti a definire i rapporti di potere nel prossimo governo. Divisi appaiono i sunniti tra oltranzisti arroccati sul «no» a qualsiasi partecipazione e invece forze più moderate. Ieri uno dei massimi portavoce degli Ulema (l'assemblea dei notabili religiosi sunniti), Ahmad Abdul Samarrai, ha parlato della necessità di essere presenti alla formulazione della prossima Costituzione. E ha aggiunto che i sunniti «parteciperanno in massa» alle prossime elezioni nazionali, previste entro la fine del 2005. Circoli diplomatici in Iraq confermano le preoccupazioni di alcuni Paesi della coalizione (compresi alcuni ambienti americani) per l'eventualità che una forte vittoria elettorale sciita rischi di condurre alla teocrazia islamica.
Lorenzo Cremonesi
Esteri
PISTOLE BERETTA«Contratto vicino con le forze irachene»
BRESCIA - Le pistole Beretta potrebbero presto finire nelle fondine delle nuove forze di sicurezza irachene. Franco Gussalli Beretta, amministratore delegato della holding di famiglia e della fabbrica d'armi di Gardone Valtrompia, ha detto che l'azienda «è vicina» ad aggiudicarsi contratti relativi alla fornitura di «small arms», armi leggere, in Iraq.
Esteri
DAL NOSTRO INVIATO BAGDAD - Per fortuna non c'erano ancora molte persone ieri mattina in coda al panificio del quartiere popolare di Hai al Min. Altrimenti i morti nell'attentato sarebbero stati molto più numerosi dei 9 (o 11, a seconda delle fonti) segnalati più tardi. Non erano ancora le 8, quando alcuni uomini armati di mitra sono arrivati a bordo di due auto, le hanno parcheggiate bloccando la zona di marciapiede attorno al panificio, poi si sono avvicinati all'ingresso e urlando «Allah Aqbar» (Allah è il più grande) hanno sparato a raffica. Un massacro a sangue freddo, senza possibilità di reagire, senza potersi difendere, come quasi sempre accade nell'Iraq del dopoguerra. A cadere tra i sacchi di farina e i cesti di pane fresco sono solo civili: due bambini, donne, tutti i garzoni del forno. Il motivo? Qualcuno indica i quattro o cinque manifesti inneggianti a Muqtada Al Sadr, il leader sciita radicale, appesi nel locale. «I terroristi vogliono colpire gli sciiti per cercare di fomentare la guerra civile» dicono i passanti. Questo è un quartiere a popolazione sciita e sunnita. Gente che convive in pace. Colpire proprio adesso, nei giorni iniziali del mese sacro sciita, il Moharram, serve a rilanciare la tensione. Nel febbraio 2004, proprio in occasione della Ashura, la ricorrenza che ogni anno pone fine al Moharram, quasi 200 sciiti persero la vita nei gravissimi attentati tra i pellegrini nelle città sante sciite di Karbala e Najaf. C'è comunque chi non esclude la matrice criminale. Non c'è invece alcun dubbio sulla matrice terroristica dell'autobomba esplosa alle 13 di fronte alla moschea sciita nella cittadina di Balad Ruz, 65 chilometri a nord della capitale. Il bollettino di sangue è cresciuto con il passare delle ore. Prima vengono segnalati 6 morti, poi 9, infine 14. I feriti sono una trentina, alcuni molto gravi. Tra loro 6 poliziotti. Avevano ricevuto la segnalazione che il camioncino carico di verdura parcheggiato di fronte alla moschea nascondeva un ordigno. Sono corsi sul posto, ma non hanno potuto fare nulla, se non trasformarsi da soccorritori in vittime. Nessun dubbio anche sulle responsabilità per il tentativo di assassinio a Bagdad dello sceicco Ammar al-Hilali, un rappresentante del grande ayatollah Alí al Sistani, massimo leader spirituale degli sciiti iracheni. Era stato più volte minacciato di morte per il suo sostegno alle elezioni del 30 gennaio. Ieri mattina due auto si sono affiancate alla sua vettura e dai finestrini sono partite alcune brevi raffiche. Al-Hilali è stato colpito 7 volte, nessuna letale. E il terrorismo-guerriglia non ha pietà neppure per i feriti. Nel pomeriggio 6 auto hanno circondato l'ospedale di Salman Pak, la cittadina a sud della capitale, dove due giorni fa si era svolta una battaglia campale tra agenti delle nuove forze di polizia e gruppi della guerriglia sunnita, durata oltre 6 ore. Ne sono scesi una ventina di armati e hanno rapito dai loro letti 20 agenti feriti. Il rischio molto concreto è che vengano tutti uccisi in esecuzioni «esemplari» per scoraggiare chiunque voglia arruolarsi. In questo clima di drammatica ripresa della violenza il mondo politico attende i risultati definitivi delle elezioni. Lo scrutinio delle schede è stato completato in 12 delle 18 province del Paese. A detta del capo della commissione elettorale, Abdel Hussein al-Hindawi, l'affluenza alle urne è stata più elevata nel sud: il picco è a Najaf, con il 73 per cento degli aventi diritto al voto. A Nassiriya la percentuale si aggira sul 67 per cento. Nella zona sunnita di Diyala non si va invece oltre il 34 per cento. «I risultati finali saranno resi noti martedì prossimo» sostengono i diplomatici della coalizione. Tra le cause del ritardo una serie di gravi irregolarità e brogli segnalati nella città di Mossul e in generale nelle zone sunnite. Ma non si fermano i negoziati volti a definire i rapporti di potere nel prossimo governo. Divisi appaiono i sunniti tra oltranzisti arroccati sul «no» a qualsiasi partecipazione e invece forze più moderate. Ieri uno dei massimi portavoce degli Ulema (l'assemblea dei notabili religiosi sunniti), Ahmad Abdul Samarrai, ha parlato della necessità di essere presenti alla formulazione della prossima Costituzione. E ha aggiunto che i sunniti «parteciperanno in massa» alle prossime elezioni nazionali, previste entro la fine del 2005. Circoli diplomatici in Iraq confermano le preoccupazioni di alcuni Paesi della coalizione (compresi alcuni ambienti americani) per l'eventualità che una forte vittoria elettorale sciita rischi di condurre alla teocrazia islamica.
Lorenzo Cremonesi
Esteri
PISTOLE BERETTA«Contratto vicino con le forze irachene»
BRESCIA - Le pistole Beretta potrebbero presto finire nelle fondine delle nuove forze di sicurezza irachene. Franco Gussalli Beretta, amministratore delegato della holding di famiglia e della fabbrica d'armi di Gardone Valtrompia, ha detto che l'azienda «è vicina» ad aggiudicarsi contratti relativi alla fornitura di «small arms», armi leggere, in Iraq.
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