Monday, June 12, 2006

Rosy Bindi Come gestire famiglie complicate prendendo spunto da Nanni Moretti

La Stampa


Rosy Bindi Come gestire famiglie complicate prendendo spunto da Nanni Moretti

12-06-2006

A cipolla è un’altra cosa / Interiora non ne ha / Completamente cipolla / Fino alla cipollità». A Rosy Bindi piacciono questi versi della poetessa polacca Wislawa Szymborska, Nobel per la letteratura nel ‘96. «Cipolluta di fuori, / cipollosa fino al cuore, / potrebbe guardarsi dentro / senza provare timore». Ma non è un caso d’identificazione, come potrebbero essere portati a pensare alcuni tra i suoi detrattori, un Giuliano Ferrara che ebbe a definirla «una che assimila il dubbio al peccato». Bisogna arrivare all’ultimo verso per capire che, al contrario, è una presa di distanza, non da poco per una credente, dall’ «idiozia della perfezione». Non che Rosy si sgomenti quando si guarda dentro, per carità: «sono una persona ferma nelle sue convinzioni»; però osserva, e non da ieri, «un continuo processo di maturazione verso i valori della laicità», beninteso accanto a una fede salda «i cui contenuti cerco di non inventarmi». Dentro di lei, d’altronde, Arthur Schnitzler («riscoperto da poco») convive con Panariello («mi fa ridere su niente, come apre bocca mi metto a ridere»); don Tonino Bello con l’Enciclica «Deus Caritas Est» di Benedetto XVI. E pure De Gregori e Battisti «dentro di me sono sempre andati d’accordo», anche se sul presente aleggia più che altro Venditti: la giornata è stata dura, piena di contrarietà. Il ministro si prende perciò una pausa dal franco dibattito e da se stessa in gessato e conversa a ruota libera mangiando yogurt e banane. E si diceva non di canzonette o di diete - cinque chili persi in un mese, comunque - ma dell’importanza di riconoscere il limite, guardando oltre la propria cipollosità. Il suo limite, spiega Bindi, sarebbe «l’incapacità a mostrare la mia apertura alle ragioni degli altri: so che devo lavorarci»; cosa che ha finito per alimentare il cliché di quella che «quando si mette di traverso, non ci ragioni». Oddio, più che di traverso, alla toscana Rosy Bindi (12-2-51, Acquario) è capitato di prenderla di punta, «è che se niente-niente mi arriva il messaggio subliminale che dovrei essere arrendevole poiché donna, allora gliela fo’ vedere io», spiega. Di punta la prese per esempio col povero Funari, che ospite di Fabrizio Frizzi a «Per tutta la vita» le stava sparando un po’ grosse sugli ospedali italiani. L’allora ministro alla Sanità era in montagna e stava rilassandosi col programma di Raiuno dedicato ai fidanzati; racconta che provò «una ribellione interiore e immediata» e reagì: «Non potevo permettergli di dire tutte quelle menzogne alla tv pubblica. Telefonai in diretta. C’era poco campo, cadeva la linea, richiamai». Richiamò e diede a entrambi, conduttore e ospite, una memorabile ripassata. Impulsiva? «Macché, a volte gli amici me lo dicono, “Rosy dovresti riflettere”, ma i miei non sono impulsi, sono scatti razionali». Ne sa qualcosa Clemente Mastella, da Bindi apostrofato, nel corso d’uno scatto razionale, con una parolaccia, «una brutta cosa, ma poi facemmo pace». Con don Verzè, invece, i conti sono ancora aperti, e alla vicenda che li vide contrapposti il ministro dedica alcune pagine del suo libro «La salute impaziente». In sintesi, comunque, «feci il mio lavoro di ministro senza concedere sconti a nessuno». Eccome se lo fece, a cominciare dalla riforma che scardinò signorie e potentati. Anche con Di Bella, Bindi fece il suo lavoro da ministro, ma si capisce che l’anziano professore l’aveva un po’ mossa a tenerezza, «in fondo lui sapeva d’aver trovato in me un interlocutore», cosa che «Striscia la notizia» non mancò di rilevare nella celebre gag della telefonata sulle note di «Buonasera dottore». Dev’essere che Di Bella, pur sfidando la medicina ufficiale, non ha mai mandato messaggi subliminali al ministro donna chiamato a valutare il suo operato. Mentre in sedi politiche ne sono piovuti e ne piovono, il che spiega certi nervosismi degli ultimi giorni: per citare solo i più recenti, un ministero cambiato in corsa e per di più senza portafoglio e la titolarità congiunta, un mezzo Pacs con la collega Pollastrini, per quanto riguarda le deleghe. Sì, Rosy s’è arrabbiata, «ma non sui numeri, è vero Prodi avrebbe potuto inserire qualche donna in più nell’esecutivo, però pazienza; la delusione è che si faccia così fatica ad accettare che le donne possano avere posizioni di potere. Ma sbagliamo anche noi, il potere si conquista con le armi del potere e dovremmo imparare a usarle». Lei confessa di non sentirsi granché avanti in questo processo d’apprendimento, però si consola con la popolarità e il popolo, due parole che le sono sempre piaciute, e con un cauto ottimismo circa il neonato ministero: «Sono nelle condizioni di poter lavorare». Certo, tra molte prevedibili grane, poiché Bindi, senza portafoglio e con deleghe dimezzate, sta seduta sulle cosiddette questioni «eticamente sensibili», nel punto esatto in cui potrebbe verificarsi la temuta collisione. «Ma vediamola dal lato positivo: in quel punto c’è la possibilità di lavorare per creare un dialogo sereno in un Paese attanagliato dallo scontro tra clericalismo e radicalismo». Rosy, come pure papa Wojtyla la chiamava, si prepara andando al cinema: «Le commedie italiane, Almodóvar, i cowboy gay... ci sono bellissimi film che parlano di famiglia». E ha detto famiglia, mica famiglie come a qualcuno piacerebbe, «non c’è bisogno del plurale, la famiglia italiana è una realtà talmente sfaccettata», e tutta ‘sta bella complessità poi mica sfugge al ministro, capofamiglia come molti di un nucleo composto da una sola persona, figlia di genitori anziani che ogni settimana raggiunge nella natia Sinalunga, zia e zia-bis; oltreché personaggio politico di sesso femminile non sposata in un Paese dove si celebrano più che altro le mogli dei politici (e qui si apre una parentesi per chiedersi come mai farà Rosy a sopportare senza sbroccare i continui riferimenti alla sua castità: sul serio, chapeau). Resterebbero le famose questioni eticamente sensibili, ed è qui che a Rosy viene in soccorso il cinema: «C’è una scena meravigliosa nell’ultimo film di Nanni Moretti, quando Silvio Orlando è in auto con la giovane regista e una sua amica, e scopre che le due sono fidanzate. “Ma come? Siete lesbiche? Ma allora ‘sta bambina come l’avete fatta?... Vabbè, non ditemelo, non lo voglio sape’...». Una terza via, molto popolare, molto italiana, tra clericalismo e radicalismo e, perché no, un’indicazione programmatica: oggi come oggi, tra i diritti da garantire c’è anche quello di stupirsi, via.

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