Il futuro della carta stampata? Niente carta né tipografie
Il futuro della carta stampata? Niente carta né tipografie
di STEFANO BALDOLINI
Europa quotidiano di martedi 25 aprile 2006
Si scrive giornale digitale, si legge “e-paper”. Ineluttabile, e ben accolta dagli ambientalisti, la rivoluzione dei media passa attraverso l’abbandono della carta. Internet e la carta elettronica - gli schermi ultrasottili arrotolabili fino a formare un tubo di appena due centimetri di diametro - faranno il resto.
«Gli schermi flessibili permetteranno la diffusione istantanea dei giornali ovunque e su supporti inediti, dal braccialetto-orologio ai muri delle stazioni e degli aeroporti…», dichiara a Le Monde Bruno Rives, fondatore della Tebaldo, società francese di consulting.
E-ink, l’azienda che per prima nel maggio 2003 ha sviluppato il supporto, fa sapere che la sua diffusione inizierà nel 2015. «Lo schermo flessibile sta uscendo dai laboratori di ricerca per entrare nella fase produttiva», spiega un portavoce di Plastic Logic, altra importante compagnia attiva nel settore.
Insomma, dopo anni di annunci e tentativi falliti, questo scorcio di primavera del 2006 vede i primi passi concreti verso il superamento dei giornali tradizionali. Due sono le filosofie prevalenti che provano a tastare il mercato.
La prima riproduce sul supporto elettronico il tradizionale formato del giornale, che non cambia stile e modalità grafica, riproponendo su video il prodotto disponibile in edicola. La seconda prova a personalizzare le informazioni in maniera differente, adattandosi al mezzo, un po’ come avviene sul web per i giornali online.
Così in Belgio dalla fine di marzo, duecento lettori del quotidiano finanziario De Tijd stanno testando il nuovo supporto sviluppato dalla Phillips, uno schermo formato A5, (la metà di un normale foglio di carta) facile da leggere, anche se colpito dalla luce del sole. Già perché la bassa qualità dell'immagine, oltre all'alimentazione e la delicatezza dei materiali, erano ad oggi i punti deboli della questione. Se superati, come sembra, gli articoli potranno essere aggiornati giorno per giorno attraverso una connessione Internet e letti in metropolitana come in un giardino (pur wireless) fino alla fine di giugno.
L’altro approccio, quello di differenziare i contenuti, è quello scelto dal giornale economico francese Les Echos, che lo scorso 17 marzo ha mostrato alla stampa il suo primo prototipo compatibile. L’obiettivo del quotidiano (proprietari la Pearson, editori del Financial Times) è di testare il lettore Sony su più di 500 utenti entro quest’anno. La sperimentazione potrebbe coinvolgere altre testate francesi, come Le Monde, La Parisienne e L’Equipe. In Giappone, il Yomiuri Shimbun ha già dimostrato attenzione alla questione.
Resta da capire se la rivoluzione sarà davvero tale. Il rischio del “giornale elettronico” è di essere troppo avanzato tecnologicamente per i tradizionali lettori dei quotidiani. Con la conseguenza che i nuovi prodotti potrebbero non essere sufficienti per scongiurare la crisi della carta stampata, che ormai da diversi anni affligge il mondo dell’editoria. D’altra parte l’e-paper potrebbe invece essere più adatta per proposte editoriali pensate per un pubblico più giovane ed esperto in fatto di nuove tecnologie.
D’altronde non è solo un problema di target. «I giornali abbraccino Internet», ammoniva giusto un anno fa all’American Society of Newspaper Editors di Washington, Rupert Murdoch. Il rischio era di perdere importanti fette di pubblicità. L’appello del magnate dei media veniva raccolto dal New York Times nell’agosto scorso, quando, come rivelato dal Wall Street Journal, partiva il progetto di integrare la divisione tradizionale con quella Web. Con l’obiettivo di riunire le due redazioni nel 2007.
E che la sensibilità verso l’integrazione tra carta stampata e web sia aumentata, lo dimostra la recente vicenda BlogBurst. Dal nome del servizio della Pluck Corp., che comprende articoli di bloggers che i quotidiani, secondo un discusso accordo, potranno usare.
Insomma, di questo passo probabilmente, come scrive Doreen Carvajal dell’International Herald Tribune, non dovremo aspettare il 2054 per vedere realizzata la profezia di Minority Report (nel film di Spielberg si vede Tom Cruise in metro impegnato a consultare su un maneggevole display l’edizione “live” dell’Usa Today)
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