Thursday, May 12, 2005

Intanto Lula cerca di sfondare sul fronte arabo

Intanto Lula cerca di sfondare sul fronte arabo
il MAnifesto 11 maggio 05
A Brasilia il primo vertice fra l'America latina e i paesi arabi. Per «una nuova geografia internazionale»
Il vertice di Brasilia non piace a Usa e Israele. Condanna del terrorismo ma riconoscimento del «diritto alla resistenza contro l'occupazione straniera»

MAURIZIO MATTEUZZI
Mentre George Bush da Riga, Mosca e Tbilisi lancia la sua nuova mappa del mondo, ieri a Brasilia si è aperto il primo vertice fra l'America latina e i paesi arabi. C'erano 10 dei 12 presidenti latino-americani invitati - Lula per il Brasile, Kirchner per l'Argentina, Chavez per il Venezuela, Vazquez per l'Uruguay, Lagos per il Cile, Toledo per il Perù... - con le eccezioni dell'Ecuador (ancora scombussolato dopo la cacciata di Gutierrez) e della Colombia del vassallo Uribe. Fra i 22 della Lega araba, qualche leader - l'algerino Bouteflka, l'emiro del Qatar Khalifa bin-Thani, il palestinese Abbas, l'iracheno Talabani -, molti premier - il siriano Otri, il libanese Miqati - e ministri degli esteri - il libico Shalgam.. «Una riunione audace per i suoi obiettivi e ambiziosa per le sue aspirazioni - ha detto nel suo discorso di apertura il presidente Lula -: la nostra grande sfida è disegnare una nuova geografia internazionale» sul piano politico, economico e commerciale. Lula ha voluto e organizzato questo vertice che s'incastra perfettamente nella sua aggressiva strategia di forgiare nuove alleanze e aprire nuovi mercati superando la classica dicotomia nord-sud.

L'intercambio fra l'America latina e il mondo arabo è cresciuto con forza negli ultimi anni ma ha tutte le potenziolità per moltiplicarsi ancor più velocemente nel prossimo futuro in quanto in molti casi le economie delle due aree sono complementari. Un primo risultato è stata la firma a Brasilia di un accordo-quadro fra il Mercosud - Brasile, Argentina, Paraguaya e Uruguay - e il Consiglio di cooperazione del Golfo - Arabia saudita, Bahrein, Emirati arabi, Kuwait, Oman e Qatar.

L'aspetto politico del vertice brasiliano ha una valenza meno immediata di quella economico-commerciale ma non trascurabile. Il documento finale in 13 punti, «la Dichiarazione di Brasilia», tocca anche temi politici di estrema attualità. La stampa brasiliana parla di dissensi su alcuni punti, che invece il ministro degli esteri Celso Amorim nega ricordando che il testo è già stato concordato nell'ultima riunione preparatoria in Marocco. La Dichiarazione parla dei «legittimi diritti nazionali del popolo palestinese» e chiede il ritiro di Israele nei confini del `67 in ottemperanza alle risoluzioni dell'Onu; cita gli Usa riferendosi alla «profonda preoccupazione» per le sanzioni contro la Siria; chiama in causa anche l'Inghilterra e indirettamente l'Unione europea (che di recente ha messo le Falkland-Malvine nella mappa dell'Europa) chiedendo che Londra e Buenos Aires riprendano i negoziati sulle isole australi.

Ma i punti che faranno più discutere, e storcere il naso ad alcuni, sono i due paragrafi che si riferiscono al terrorismo e alla resistenza all'occupazione straniera. Il terrorismo «in tutte le sue forme» è condannato senza ambiguità. Però viene riconosciuto espressamente «il diritto alla resistenza contro l'occupazione straniera fondato sul diritto umanitario internazionale».

Non sono parole da poco in un contesto in cui gli stati-vassalli degli Usa, specie fra gli arabi, sono la maggioranza.

Tutti i partecipanti al vertice - al lato del quale se ne è svolto un altro con 1250 imprenditori d'entrambe le aree - hanno cercato di minimizzarne las portata politica. Anche l'esuberante Chavez, ha dichiarato che esso «non deve essere visto come un'aggressione contro nessuno». Però poi - se no non sarebbe Chavez - ha precisato che «sono finite le pretese egemoniche di una superpotenza che vuole essere padrona del mondo e dettare i modelli di condotta in politica ed economia». E commentando la richiesta Usa, respinta da Lula, di essere presente a Brasilia con «un osservatore», ha detto che Lula ha fatto bene perché «gli Stati uniti, qui, non hanno nulla a che vedere».

In effetti il messaggio è arrivato: Usa e Israele hanno già manifestato preoccupazioni e timori per l'incontro fra latino-americani e arabi.

Appuntamento nel 2008 in un paese arabo. Si vedrà se Brasilia è stata solo una photo-opportunity o l'inzio di una «nuova geografia».

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