Thursday, May 05, 2005

Cile, la Rice alla Comunità delle Democrazie

Cile, la Rice alla Comunità delle Democrazie

Stefano BAldolini
Europa di venerdì 29 aprile

Sotto lo sguardo vigile di Condi Rice, ha preso il via a Santiago del Cile la terza riunione plenaria della Comunità delle Democrazie. Dopo aver toccato Brasile, Colombia ed El Salvador, il Segretario di Stato americano conclude il viaggio in America Latina (il secondo in meno due mesi) presenziando all’incontro che vedrà impegnati fino a domani 104 governi a discutere di democrazia.

La Community of Democracies lanciata nel giugno del 2000 a Varsavia riunisce governi democraticamente eletti e paesi in transizione verso la democrazia. La coalizione ha l’obiettivo di incentivare la cooperazione tra stati democratici in istituzioni regionali e globali, coordinare le iniziative per il consolidamento del rispetto dei diritti umani e della democrazia e il supporto alle democrazie emergenti.
La riunione di Santiago rappresenta il terzo passaggio ufficiale, dopo la Dichiarazione dei Principi del 2000 e il Piano di Azione di Seul, del novembre 2002. Negli intenti degli organizzatori dovrebbe dunque verificare l’efficacia delle decisioni sin qui prese, ma non solo. Si cercherà anche di mandare un messaggio forte alla comunità internazionale. Dopo l’inizio in sordina degli anni scorsi “vi è la possibilità concreta – scriveva sul Corriere, Emma Bonino, capo della delegazione italiana – che la gran parte dei Paesi partecipanti decidano di realizzare una effettiva “coalizione democratica”, in grado di agire di comune accordo su alcuni grandi temi della politica internazionale.”
In questo senso la presenza della Rice non può che costituire un pesante imprimatur alla credibilità del meeting. O al limite una garanzia che i media non si dilegueranno come nel 2002 quando Colin Powell decise di disertare Seul. “La settimana scorsa l’amministrazione Bush ha partecipato ad uno dei più grandi incontri sulla democrazia, ma non ve ne siete accorti”, ironizzava allora la Washington Post.
Poi c’è un’altra questione. “E’ noto come l’amministrazione Bush abbia posto al centro della sua politica estera la promozione della democrazia. La domanda è quanto sia reale quest’intenzione e se alla Casa Bianca si capisca veramente cosa vuol dire democrazia”, scriveva qualche settimana fa il Nobel “pentito” Stiglitz.
Andando a Santiago, Condi Rice sembra rispondere almeno alla prima domanda. E le critiche dei giorni scorsi a Venezuela ed Ecuador sembrano confermare che sulla dottrina Bush non si intende abbassare la guardia.
Ma la riunione di Santiago riveste particolare importanza anche alla luce delle proposte di Kofi Annan per la riforma delle Nazioni Unite. La struttura attuale dell’Onu fa sì che le democrazie, predominanti in varie istituzioni regionali, risultino in minoranza in altre. Con l’effetto che coalizioni di paesi non democratici riescono a bloccare iniziative su temi come le libertà fondamentali. Una delle strategie adottate della Community of Democracies è quella di costituirsi in “caucus”, cioè in gruppi organizzati che rafforzino la presenza dei paesi democratici.
Ma “il Caucus per la Democrazia è ancora debole” ha dichiarato Jennifer Windsor, direttore di Freedom House, storicamente in prima linea con Democracy Coalition Project e Partito Radicale Transnazionale. L’obiettivo di Santiago dunque è di rafforzare tali gruppi.
Sempre in ambito Onu, c’è poi la riforma della Commissione per i Diritti Umani. Criticata in passato per l’inefficienza (si riunisce sei settimane l’anno) e per i criteri di selezione della presidenza (il Sudan in maggio 2004, o la Libia l’anno prima sono gli esempi più citati), si propone di sostituirla con un Consiglio dei Diritti Umani, “più snello e duraturo”.

Infine, come detto, la Comunità rappresenta sia paesi democratici che in transizione. Il problema è stabilire i criteri di democraticità, (al minimo) necessari per l’invito alle riunioni plenarie. Solo per quest’ultima di Santiago, c’è da registrare la delusione delle Ong che hanno partecipato al meeting preparatorio del marzo scorso e che criticano gli inviti rivolti a Bahrain, Fiji, Russia e Venezuela.

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