Rai, politici in tv. Troppe dichiarazioni e conflittualità
Rai, politici in tv. Troppe dichiarazioni e conflittualità
ROMA, 14 FEB - Il 62% dei servizi dei Tg Rai dedicati alla politica verte esclusivamente sulle dichiarazioni dei protagonisti, e nei notiziari del servizio pubblico regna sovrana l'omologazione dei temi trattati, mentre si spinge l'acceleratore sulla conflittualità e sulla spettacolarizzazione. È quanto emerge da una ricerca sul rapporto tra informazione Rai e politica, commissionata dalla Commissione di Vigilanza Rai, realizzata dall'Isimm, e presentata oggi a Roma. Una ricerca che voleva andare oltre il minutaggio che «è soltanto uno dei criteri che misurano il rispetto del pluralismo e non è neanche il principale». I temi scelti dai tg sono sempre simili, ma forte è l' accentazione dell'aspetto conflittuale. Ad esempio, nel periodo preso in esame - 18 ottobre, 18 novembre 2004 - il più conflittuale risulta essere il Tg3 che dà il 66,5% dello spazio agli elementi di conflittualità, rispetto al 40,4% del Tg1 e al 38% del Tg2. Il Tg1 e il Tg3 poi rappresentano la politica in modo quasi diametralmente opposto: con il primo che esalta gli aspetti di scontro all'interno dell'opposizione (100%), mentre il Tg3 esalta quelli all'interno della maggioranza (84,2%). Il più equilibrato da questo punto di vista risulta essere il Tg2, che si mantiene intorno al 50% in entrambi i casi. In ogni caso la maggioranza delle notizie dei tg Rai nasce da dichiarazioni di politici (14%), percentuale nettamente superiore a ogni altra: solo lo 0,2% delle notizie nascono da inchieste dei tg. I servizi poi sono incentrati per il 62,4% nell'illustrare le posizioni dei politici, solo il 28,2% è per l'esposizione dei fatti e il 9,4% per i contenuti. Su questo punto i tre tg Rai si equivalgono: 65,1% per il Tg3, 62,2% per il Tg1, 58,8% per il Tg2. Quanto allo spazio dato alle forze politiche - sempre nel periodo esaminato - al governo e al centrodestra il Tg1 ha dato il 47%, il Tg2 il 49,9, il Tg3 il 44,1; all'opposizione il Tg1 il 34%, il Tg2 il 28,8 il Tg3 il 28,3. Più attenzione al Tg3 per i sindacati: il 15,1% rispetto all'8,1 del Tg1 e all'8,2 del Tg2. «La scelta dei temi di cui parlare, il livello di accordo o disaccordo con cui vengono raccontati i fatti della politica, le modalità di rapporto tra conduttore e ospite delle rubriche di approfondimento, sono tutti elementi che contribuiscono a determinare particolari rappresentazioni della politica e che si applicano in maniera diversa rispetto ai diversi esponenti dei partiti politici», ha spiegato Paolo Mancini, dell'Università di Perugia che ha coordinato la ricerca. Quanto alle rubriche di approfondimento (sono state prese in esame 'Porta a portà, 'Ballarò e 'Punto e a capò), sono molte le differenze che emergono ma tutte segnate dallo stile imposto dal conduttore. Emerge così che in 'Ballarò, gli ospiti parlano più a lungo che nelle altre due trasmissioni (618 secondi contro 506 di Porta a porta e 404 di Punto e a capo), e che, sempre in Ballarò il loro turno di parola è più lungo che negli altri due programmi (129 secondi contro 94 e 99). Questo nonostante il conduttore intervenga più frequentemente durante il loro turno ma senza per questo interrompere in maniera definitiva il loro discorso e passare la parola ad altri. «Ma anche qui - rileva ancora il curatore - ci si può chiedere se l'esasperazione dei punti di vista, cedendo ai bisogni della spettacolarizzazione, faciliti il contatto tra cittadini, istituzioni e partiti e se invece il compito del sistema dell'informazione giornalistica, soprattutto dell'emittente pubblica, non debba anche essere quello di stimolo continuo, di controllo e di facilitatore di una corretta partecipazione politica. Se l'esasperazione del conflitto può essere una buona occasione per vincere la competizione tra reti, c'è da chiedersi se così si renda anche un buon servizio alla società».
ROMA, 14 FEB - Il 62% dei servizi dei Tg Rai dedicati alla politica verte esclusivamente sulle dichiarazioni dei protagonisti, e nei notiziari del servizio pubblico regna sovrana l'omologazione dei temi trattati, mentre si spinge l'acceleratore sulla conflittualità e sulla spettacolarizzazione. È quanto emerge da una ricerca sul rapporto tra informazione Rai e politica, commissionata dalla Commissione di Vigilanza Rai, realizzata dall'Isimm, e presentata oggi a Roma. Una ricerca che voleva andare oltre il minutaggio che «è soltanto uno dei criteri che misurano il rispetto del pluralismo e non è neanche il principale». I temi scelti dai tg sono sempre simili, ma forte è l' accentazione dell'aspetto conflittuale. Ad esempio, nel periodo preso in esame - 18 ottobre, 18 novembre 2004 - il più conflittuale risulta essere il Tg3 che dà il 66,5% dello spazio agli elementi di conflittualità, rispetto al 40,4% del Tg1 e al 38% del Tg2. Il Tg1 e il Tg3 poi rappresentano la politica in modo quasi diametralmente opposto: con il primo che esalta gli aspetti di scontro all'interno dell'opposizione (100%), mentre il Tg3 esalta quelli all'interno della maggioranza (84,2%). Il più equilibrato da questo punto di vista risulta essere il Tg2, che si mantiene intorno al 50% in entrambi i casi. In ogni caso la maggioranza delle notizie dei tg Rai nasce da dichiarazioni di politici (14%), percentuale nettamente superiore a ogni altra: solo lo 0,2% delle notizie nascono da inchieste dei tg. I servizi poi sono incentrati per il 62,4% nell'illustrare le posizioni dei politici, solo il 28,2% è per l'esposizione dei fatti e il 9,4% per i contenuti. Su questo punto i tre tg Rai si equivalgono: 65,1% per il Tg3, 62,2% per il Tg1, 58,8% per il Tg2. Quanto allo spazio dato alle forze politiche - sempre nel periodo esaminato - al governo e al centrodestra il Tg1 ha dato il 47%, il Tg2 il 49,9, il Tg3 il 44,1; all'opposizione il Tg1 il 34%, il Tg2 il 28,8 il Tg3 il 28,3. Più attenzione al Tg3 per i sindacati: il 15,1% rispetto all'8,1 del Tg1 e all'8,2 del Tg2. «La scelta dei temi di cui parlare, il livello di accordo o disaccordo con cui vengono raccontati i fatti della politica, le modalità di rapporto tra conduttore e ospite delle rubriche di approfondimento, sono tutti elementi che contribuiscono a determinare particolari rappresentazioni della politica e che si applicano in maniera diversa rispetto ai diversi esponenti dei partiti politici», ha spiegato Paolo Mancini, dell'Università di Perugia che ha coordinato la ricerca. Quanto alle rubriche di approfondimento (sono state prese in esame 'Porta a portà, 'Ballarò e 'Punto e a capò), sono molte le differenze che emergono ma tutte segnate dallo stile imposto dal conduttore. Emerge così che in 'Ballarò, gli ospiti parlano più a lungo che nelle altre due trasmissioni (618 secondi contro 506 di Porta a porta e 404 di Punto e a capo), e che, sempre in Ballarò il loro turno di parola è più lungo che negli altri due programmi (129 secondi contro 94 e 99). Questo nonostante il conduttore intervenga più frequentemente durante il loro turno ma senza per questo interrompere in maniera definitiva il loro discorso e passare la parola ad altri. «Ma anche qui - rileva ancora il curatore - ci si può chiedere se l'esasperazione dei punti di vista, cedendo ai bisogni della spettacolarizzazione, faciliti il contatto tra cittadini, istituzioni e partiti e se invece il compito del sistema dell'informazione giornalistica, soprattutto dell'emittente pubblica, non debba anche essere quello di stimolo continuo, di controllo e di facilitatore di una corretta partecipazione politica. Se l'esasperazione del conflitto può essere una buona occasione per vincere la competizione tra reti, c'è da chiedersi se così si renda anche un buon servizio alla società».
0 Comments:
Post a Comment
<< Home