Immigrazione, tensioni Usa-Messico
Immigrazione, nuove tensioni Usa-Messico
Stefano Baldolini
Quando quattro anni fa nelle terre aride di San Cristobal si concluse l’incontro tra Vicente Fox e Gorge Bush, l’aria che si respirava era quella delle grandi occasioni. Una nuova pagina della storia delle relazioni tra Stati Uniti e Messico sembrava scritta. E la cosiddetta “proposta di Guanajuato” - dal nome della regione che ospita il ranch di famiglia dove, narrano le biografie, “il giovane Fox conobbe il significato della parola povertà” giocando con i contadini locali – rappresentava il documento più significativo. Naturalmente l’annosa questione dell’immigrazione clandestina negli States (circa un milione solo lo scorso anno secondo il “Center of Immigration Studies”) rappresentava uno dei perni della preziosa collaborazione. “Entrambi i paesi lavoreranno per uno sviluppo economico e sociale delle comunità di frontiera”, si leggeva nella “Proposta”.
Difficilmente in qui giorni cordiali, si sarebbe immaginato che lo stesso Fox avrebbe finito per incoraggiare l’emigrazione clandestina. Ma questo è quello che deve aver pensato J. D. Hayworth, Repubblicano, dopo aver avuto tra le mani la "Guida per il Migrante Messicano", un libretto d’istruzioni in chiave ironica prodotto recentemente da Città del Messico (www.sre.gob.mx/tramites/consulares/guiamigrante/default.htm). “E’ il sostegno di uno Stato all’immigrazione clandestina”, ha dichiarato il rappresentante al Congresso dello Stato dell’Arizona, dopo aver inviato a Fox una lettera di protesta. “Aveva come unico scopo quello di salvare delle vite”, è stata la replica. Così le 31 paginette a colori “hanno acceso le micce dei gruppi più intransigenti nei confronti dell’immigrazione”, ha scritto il New York Times, e questo proprio nei giorni in cui Bush cerca di convincere i suoi della bontà di un programma di concessione visti per lavoratori messicani temporanei.
Ma al di là delle intenzioni più o meno bellicose celate nel manuale diffuso da Città del Messico è evidente che gli ultimi mesi hanno segnato un raffreddamento tra i due Paesi in materia d’immigrazione. In questo senso il governo Fox sembra comunque intenzionato a tenere la questione al centro dell’agenda.
Pare dimostrarlo il Premio Nazionale per i Diritti Umani conferito lunedì scorso a un‘attivista in prima linea per la difesa dei migranti che attraversano il Messico con destinazione Stati Uniti. E le dichiarazioni dello stesso Fox , “il Messico non fornisce la protezione adeguata ai migranti” - rese mentre consegnava il premio alla stessa Olga Sanchez Martinez, direttrice di un ostello nel Chiapas.
Sempre lunedì, il Segretario agli Interni, Santiago Creel, ha criticato duramente l’amministrazione Bush. Sotto accusa, la misura adottata dagli elettori dell’Arizona nel novembre scorso, la cosiddetta “Proposition 200”, che nega i servizi di assistenza sociale agli immigrati senza documenti e che obbliga gli impiegati pubblici a denunciarli. Contro tale provvedimento, il Partito Democratico Rivoluzionario (il terzo in Messico) aveva lanciato un appello per il ritiro dell’ambasciatore da Washington. Fox ha ignorato la richiesta, forse memore del clima di San Cristobal. Quegli stessi giorni evocati dal suo Segretario agli Interni, che ha chiesto a Bush, senza mezzi termini, di “onorare la parola data”.
da Europa quotidiano
di oggi 12 gennaio 2005
Stefano Baldolini
Quando quattro anni fa nelle terre aride di San Cristobal si concluse l’incontro tra Vicente Fox e Gorge Bush, l’aria che si respirava era quella delle grandi occasioni. Una nuova pagina della storia delle relazioni tra Stati Uniti e Messico sembrava scritta. E la cosiddetta “proposta di Guanajuato” - dal nome della regione che ospita il ranch di famiglia dove, narrano le biografie, “il giovane Fox conobbe il significato della parola povertà” giocando con i contadini locali – rappresentava il documento più significativo. Naturalmente l’annosa questione dell’immigrazione clandestina negli States (circa un milione solo lo scorso anno secondo il “Center of Immigration Studies”) rappresentava uno dei perni della preziosa collaborazione. “Entrambi i paesi lavoreranno per uno sviluppo economico e sociale delle comunità di frontiera”, si leggeva nella “Proposta”.
Difficilmente in qui giorni cordiali, si sarebbe immaginato che lo stesso Fox avrebbe finito per incoraggiare l’emigrazione clandestina. Ma questo è quello che deve aver pensato J. D. Hayworth, Repubblicano, dopo aver avuto tra le mani la "Guida per il Migrante Messicano", un libretto d’istruzioni in chiave ironica prodotto recentemente da Città del Messico (www.sre.gob.mx/tramites/consulares/guiamigrante/default.htm). “E’ il sostegno di uno Stato all’immigrazione clandestina”, ha dichiarato il rappresentante al Congresso dello Stato dell’Arizona, dopo aver inviato a Fox una lettera di protesta. “Aveva come unico scopo quello di salvare delle vite”, è stata la replica. Così le 31 paginette a colori “hanno acceso le micce dei gruppi più intransigenti nei confronti dell’immigrazione”, ha scritto il New York Times, e questo proprio nei giorni in cui Bush cerca di convincere i suoi della bontà di un programma di concessione visti per lavoratori messicani temporanei.
Ma al di là delle intenzioni più o meno bellicose celate nel manuale diffuso da Città del Messico è evidente che gli ultimi mesi hanno segnato un raffreddamento tra i due Paesi in materia d’immigrazione. In questo senso il governo Fox sembra comunque intenzionato a tenere la questione al centro dell’agenda.
Pare dimostrarlo il Premio Nazionale per i Diritti Umani conferito lunedì scorso a un‘attivista in prima linea per la difesa dei migranti che attraversano il Messico con destinazione Stati Uniti. E le dichiarazioni dello stesso Fox , “il Messico non fornisce la protezione adeguata ai migranti” - rese mentre consegnava il premio alla stessa Olga Sanchez Martinez, direttrice di un ostello nel Chiapas.
Sempre lunedì, il Segretario agli Interni, Santiago Creel, ha criticato duramente l’amministrazione Bush. Sotto accusa, la misura adottata dagli elettori dell’Arizona nel novembre scorso, la cosiddetta “Proposition 200”, che nega i servizi di assistenza sociale agli immigrati senza documenti e che obbliga gli impiegati pubblici a denunciarli. Contro tale provvedimento, il Partito Democratico Rivoluzionario (il terzo in Messico) aveva lanciato un appello per il ritiro dell’ambasciatore da Washington. Fox ha ignorato la richiesta, forse memore del clima di San Cristobal. Quegli stessi giorni evocati dal suo Segretario agli Interni, che ha chiesto a Bush, senza mezzi termini, di “onorare la parola data”.
da Europa quotidiano
di oggi 12 gennaio 2005
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