Vince la nuova «crociata» contro le merendine grasse
Visti da lontano
Vince la nuova «crociata» contro le merendine grasse
di MASSIMO GAGGI
«F ood nazi», la nazista del cibo: quando, lo scorso settembre, Susan Combs, il Commissario all’Agricoltura del Texas, decise di vietare la vendita nelle scuole di dolciumi e bibite iperzuccherate, ammettendo nei bar degli istituti patatine fritte e biscotti solo se venduti in confezioni «mini», fu dipinta in questo modo da buona parte della stampa e da qualche studente-«graffitaro» in crisi d’astinenza. Ma protestarono anche i bidelli («ci chiedono di rovistare nei cestini dei ragazzi alla ricerca di merende proibite: mica siamo poliziotti») e i maestri («le caramelle sono anche uno strumento didattico: un modo per premiare i ragazzi più diligenti»). In puro stile «cow-girl» (è proprietaria di un grande ranch nel sud dello Stato), lei tirò dritto: " Food nazi ? Preferirei zarina. Comunque, con un terzo dei bambini del Texas obesi o soprappeso - molto più della media nazionale, già troppo elevata - quella della malnutrizione è una vera emergenza dello Stato: io non torno indietro». A leggere le cronache dei giornali degli ultimi giorni, si direbbe che la crociata della zarina e di pochi altri campioni (o «talebani», a seconda dei punti di vista) della sana alimentazione sparsi negli Stati Uniti, stia dando frutti insperati: dalla Pepsi Cola a McDonald’s, da Burger King alla Nestlé, parecchie multinazionali che producono (anche) «junk food», cibo-spazzatura, hanno promesso di diminuire il contenuto di zucchero, sale e grassi nei loro prodotti o di lanciare (e pubblicizzare) nuove bevande e merendine meno nocive per la salute dei bambini. McDonald’s si è poi impegnata a non usare più polli trattati con antibiotici mentre su un problema che ho segnalato qualche mese fa anche in questa rubrica - la pubblicità aggressiva che punta a conquistare il mercato dei ragazzi, soprattutto quelli al di sotto dei 10 anni, i più indifesi - arrivano alcune novità interessanti. La più significativa è la decisione della Kraft di smettere di pubblicizzare alcuni prodotti - i biscotti Oreo , le patatine Ahoy , le bibite Kool-Aid - nelle trasmissioni tv e radio e sui media destinati a ragazzi di età inferiore agli 11 anni. Un’improvvisa epidemia di «buonismo»? Non esattamente: le multinazionali sanno da anni che alcuni loro prodotti, se consumati in quantità notevole, hanno effetti nocivi. Ma la regola applicata agli adulti (se si esagera, tutto può far male: sta al consumatore trovare il giusto equilibrio tra gusto e salute) è stata pian piano silenziosamente trasferita anche a chi - i bambini - non ha una simile capacità di giudizio. Queste società non sono gestite da cloni di Erode ma da manager che hanno una coscienza ma anche la necessità di presentare buoni risultati economici ai loro azionisti: a volte hanno puntato su prodotti meno nocivi (meno grassi e meno zuccheri) ma poi sono dovuti tornare indietro perché patatine insipide e biscotti poco dolci stavano mettendo in fuga i consumatori. Le cose ora stanno cambiando essenzialmente per due motivi: le nuove tecnologie alimentari che consentono un miglior controllo dei sapori (sostituire lo zucchero è diventato abbastanza facile, per il sale siamo molto più indietro) e, soprattutto, il moltiplicarsi delle cause collettive promosse dai cittadini. Le multinazionali del cibo cominciano a temere di fare la fine di quelle del fumo, chiamate a rimborsare i danni prodotti ai polmoni dei clienti anche decenni fa. E si attrezzano. Cambiamento reale od operazione di facciata? Ci vorrà del tempo per capire. E l’impegno del presidente americano Bush che ha messo al terzo punto della sua agenda (dopo riforma delle pensioni e del Fisco) proprio la riduzione della «litigiosità» economica (cosa giusta in linea di principio in un Paese in cui molti medici smettono di esercitare la professione perché assediati dalle cause dei pazienti che chiedono risarcimenti) rischia di togliere determinazione alle imprese che proprio ora stanno cominciando a «disinnescare» i loro prodotti più nocivi.
Esteri
Vince la nuova «crociata» contro le merendine grasse
di MASSIMO GAGGI
«F ood nazi», la nazista del cibo: quando, lo scorso settembre, Susan Combs, il Commissario all’Agricoltura del Texas, decise di vietare la vendita nelle scuole di dolciumi e bibite iperzuccherate, ammettendo nei bar degli istituti patatine fritte e biscotti solo se venduti in confezioni «mini», fu dipinta in questo modo da buona parte della stampa e da qualche studente-«graffitaro» in crisi d’astinenza. Ma protestarono anche i bidelli («ci chiedono di rovistare nei cestini dei ragazzi alla ricerca di merende proibite: mica siamo poliziotti») e i maestri («le caramelle sono anche uno strumento didattico: un modo per premiare i ragazzi più diligenti»). In puro stile «cow-girl» (è proprietaria di un grande ranch nel sud dello Stato), lei tirò dritto: " Food nazi ? Preferirei zarina. Comunque, con un terzo dei bambini del Texas obesi o soprappeso - molto più della media nazionale, già troppo elevata - quella della malnutrizione è una vera emergenza dello Stato: io non torno indietro». A leggere le cronache dei giornali degli ultimi giorni, si direbbe che la crociata della zarina e di pochi altri campioni (o «talebani», a seconda dei punti di vista) della sana alimentazione sparsi negli Stati Uniti, stia dando frutti insperati: dalla Pepsi Cola a McDonald’s, da Burger King alla Nestlé, parecchie multinazionali che producono (anche) «junk food», cibo-spazzatura, hanno promesso di diminuire il contenuto di zucchero, sale e grassi nei loro prodotti o di lanciare (e pubblicizzare) nuove bevande e merendine meno nocive per la salute dei bambini. McDonald’s si è poi impegnata a non usare più polli trattati con antibiotici mentre su un problema che ho segnalato qualche mese fa anche in questa rubrica - la pubblicità aggressiva che punta a conquistare il mercato dei ragazzi, soprattutto quelli al di sotto dei 10 anni, i più indifesi - arrivano alcune novità interessanti. La più significativa è la decisione della Kraft di smettere di pubblicizzare alcuni prodotti - i biscotti Oreo , le patatine Ahoy , le bibite Kool-Aid - nelle trasmissioni tv e radio e sui media destinati a ragazzi di età inferiore agli 11 anni. Un’improvvisa epidemia di «buonismo»? Non esattamente: le multinazionali sanno da anni che alcuni loro prodotti, se consumati in quantità notevole, hanno effetti nocivi. Ma la regola applicata agli adulti (se si esagera, tutto può far male: sta al consumatore trovare il giusto equilibrio tra gusto e salute) è stata pian piano silenziosamente trasferita anche a chi - i bambini - non ha una simile capacità di giudizio. Queste società non sono gestite da cloni di Erode ma da manager che hanno una coscienza ma anche la necessità di presentare buoni risultati economici ai loro azionisti: a volte hanno puntato su prodotti meno nocivi (meno grassi e meno zuccheri) ma poi sono dovuti tornare indietro perché patatine insipide e biscotti poco dolci stavano mettendo in fuga i consumatori. Le cose ora stanno cambiando essenzialmente per due motivi: le nuove tecnologie alimentari che consentono un miglior controllo dei sapori (sostituire lo zucchero è diventato abbastanza facile, per il sale siamo molto più indietro) e, soprattutto, il moltiplicarsi delle cause collettive promosse dai cittadini. Le multinazionali del cibo cominciano a temere di fare la fine di quelle del fumo, chiamate a rimborsare i danni prodotti ai polmoni dei clienti anche decenni fa. E si attrezzano. Cambiamento reale od operazione di facciata? Ci vorrà del tempo per capire. E l’impegno del presidente americano Bush che ha messo al terzo punto della sua agenda (dopo riforma delle pensioni e del Fisco) proprio la riduzione della «litigiosità» economica (cosa giusta in linea di principio in un Paese in cui molti medici smettono di esercitare la professione perché assediati dalle cause dei pazienti che chiedono risarcimenti) rischia di togliere determinazione alle imprese che proprio ora stanno cominciando a «disinnescare» i loro prodotti più nocivi.
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