solidarietà interessata
Kofi Annan e Colin Powell partono alla volta del summit umanitario di Giakarta accomunati dalla missione di pianificare il soccorso alle zone dell'Asia del Sud devastate dalle onde-killer dello tsunami ma con alle spalle uno scenario di forti tensioni politiche. Dietro le parole con cui il norvegese Jan Egeland, coordinatore degli aiuti per le Nazioni Unite, ha accusato di «tirchieria» l'America, c'è la volontà di chi nei piani alti del Palazzo di Vetro ha ceduto alla tentazione di sfruttare l'immane disastro per cavalcare l'antiamericanismo così diffuso nel Terzo Mondo, al fine di mettere sulla difensiva la Casa Bianca, sospettata di progettare un mondo unipolare, se non addirittura una Onu rinnovata.Dietro il massiccio impegno dell'amministrazione Bush negli aiuti - la portaerei Kennedy, oltre venti navi da guerra, migliaia di marines, la creazione di una coalizione ad hoc assieme a Giappone, India e Australia - c'è quello che il Segretario di Stato americano ieri ha definito «un investimento contro il fondamentalismo islamico», ovvero la convinzione che se saranno gli elicotteri con le insegne dell'Us Navy a portare coperte, medicinali e cibo ciò renderà più difficile ad Al Qaeda reclutare kamikaze in Indonesia e nell'Estremo Oriente. Quando parlano di aiuti Annan e Powell hanno intenzioni simili ma agende differenti perché l'uno mira a risollevare il prestigio dell'Onu bersagliata da fallimenti e scandali mentre l'altro vuole combattere il terrorismo. In tale quadro, il basso profilo finora tenuto dalla Cina sulla catastrofe che ha colpito la rivale India come l'invio da parte della Francia della portaelicotteri Jeanne d'Arc sembrano preannunciare la possibilità che la gestione dell'imponente operazione di soccorso si trasformi in un grande gioco diplomatico, un terreno su cui misurare gli interessi e gli equilibri geopolitici delle maggiori potenze. Trattandosi della maggiore operazione di soccorso mai tentata, il dopo-tsunami è destinato a mettere a dura prova la capacità della comunità internazionale di unirsi per portare aiuto al prossimo. L'urgenza di soccorrere milioni di persone che hanno perso tutto e sono a rischio di epidemie può trasformare il summit di Giakarta in un momento di rara coesione internazionale - con una ricaduta di benefici anche su altri scenari -, ma affinché ciò avvenga tutti i protagonisti dovranno riuscire a compiere un passo indietro.(Maurizio Molinari - La Stampa - 3 gennaio 2005)
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