Thursday, January 27, 2005

media usa e paesi arabi - verso le elezioni in iraq

IL PALINSESTO - Corriere 26-01-05
Tribune elettorali e fitness sulle onde di Al Hurra
L’emittente finanziata dal Congresso americano trasmette via satellite nei Paesi arabi notizie e documentari 24 ore su 24
Un cavallo bianco al galoppo. E’ libero, è fiero. E’ chiaramente un destriero arabo. Stacco. Il cavallo non è solo: attorno a lui galoppano altri splendidi animali, il loro incedere sottolineato da una solenne musica orchestrale. Stacco. Alcuni uomini camminano a testa alta risalendo un fiume di folla. Vanno controcorrente ma non se ne preoccupano. Stacco. Primo piano sugli occhi di giovani e meno giovani, uomini e donne, che si spalancano uno dopo l’altro, e osservano, curiosi. Appare una scritta, in arabo: «Tu pensi, desideri, scegli, ti esprimi, sei libero. Al Hurra : proprio come sei tu». Lo spot si ripete tra un programma e l’altro, 24 ore su 24. E il cavallo bianco è diventato il simbolo della nuova televisione che, via satellite, può essere vista in tutto il mondo arabo, dall’Atlantico al Golfo Persico: Al Hurra , letteralmente, «La Libera». Nata il 14 febbraio 2004 con il chiaro intento di «rubare» audience a emittenti storiche come Al Jazira e Al Arabiya , Al Hurra è la voce dell’America in un mondo considerato - con un eufemismo - «di parte». E come l’antenata Voice of America , strumento informativo antinazista prima e antisovietico poi, l’ente proprietario, la Middle East Television Network (Mtn), fa capo al Broadcasting Board of Governors, l’agenzia federale indipendente che amministra - con i fondi del Congresso americano (stanziamento iniziale per Al Hurra : 62 milioni di dollari) - tutte le emittenti non militari giudicate «strategiche» per diffondere il punto di vista del «mondo libero» e gli interessi americani. Al Hurra si riceve via satellite in tutti Paesi arabi. In Iraq, data la scarsità di parabole, vietate dal regime di Saddam, l’agenzia federale ha deciso di «sdoppiare» l’emittente, creando ad aprile 2004 con uno stanziamento suppletivo di 40 milioni di dollari Al Hurra-Iraq , con programmi specifici per il pubblico locale e la possibilità di riceverli sui canali terrestri. Il palinsesto è quello classico di una televisione all news , spiegano all’emittente la cui sede principale è in Virginia ma ha uffici distaccati ad Amman, Dubai, Bagdad e altre capitali arabe: «Non trasmettiamo film, ma abbiamo programmi che parlano di tutte le ultime uscite di Hollywood». La giornata tipo si apre con Al aalam al yaum , nove minuti di notizie sul mondo. Il telegiornale è l’elemento portante del palinsesto: è ripetuto ogni ora ed è condotto da uno dei 200 giornalisti, tutti di madrelingua araba, assunti dal direttore dell’emittente, il giornalista americano di origine libanese, Mouafac Harb. La giornata prosegue con un’ora dedicata alla tecnologia: Al Hurra I-Tech , un programma che certo non potrebbe essere diffuso da una «normale» stazione araba. Recentemente, è andata in onda la storia di un americano arrestato per aver molestato sessualmente alcune donne attraverso Internet. Il linguaggio aperto e senza censure è utilizzato per tutti i programmi. «Stiamo attenti solo all’accuratezza e alla veridicità delle notizie», spiega Harb. Dai documentari sulla natura, a quelli storici (è stato trasmesso, sottotitolato, lo speciale della Bbc sulla «guerra di Blair», critico sull’intervento in Iraq). Linguaggio chiaro e diretto anche per Al Majless , un’ora di informazione politica, e per il talk show «dei due Fiumi», ovvero il programma-contenitore tutto dedicato all’Iraq che in questa settimana cruciale parla di elezioni e candidati. Come fa lo spot trasmesso a ripetizione per spiegare agli iracheni come si vota e perché si vota: «E’ il futuro del Paese». Molto spazio va all’intrattenimento: sport mondiale e iracheno, Nba, fitness, cucina e, per finire, «Dentro l’Actor’s Studio» e rubrica viaggi: per vedere il mondo. ( Ha collaborato Farid Adly )
Paolo Salom
Esteri
politici fanno campagna solo in televisione Comizi vietati dalla minaccia dei terroristi«Al Sharqia» denuncia la guerriglia sanguinaria, ma anche le brutalità dei marines E ogni sera mezz’ora di satira contro la corruzione
Videopropaganda
DAL NOSTRO INVIATO BAGDAD - Due settimane fa la mancanza d'acqua nelle condutture della capitale stava facendo montare la rabbia popolare. «Sono stati capaci di invaderci in 20 giorni, possibile che dopo due anni non siano ancora in grado di riparare le tubature?», ripeteva la gente riprendendo l'ormai consueta accusa contro gli americani e i loro protetti nel governo Allawi. Poi una troupe della televisione Al Sharqia (L'Orientale) ha fatto un reportage del tutto inedito per gli iracheni. Si è unita a un gruppo di tecnici della municipalità incaricati di riparare le tubature alla stazione di pompaggio a El Mishaqdeh danneggiate da un attentato della guerriglia. «Un servizio che ha raccolto pubblico e consensi. Si sono viste in diretta le gravose conseguenze degli attentati per i civili. Cosa che in qualche modo potrebbe spingere la gente alle urne», dicono i giornalisti. Un nuovo tipo di televisione-verità che sembra imporre nuove sensibilità e porta il video al centro dell'attenzione politica. In un Paese dove comizi elettorali e incontri con il pubblico sono per lo più impossibili a causa delle minacce terroristiche, la televisione diventa il veicolo maggiore per far conoscere candidati e programmi. E Al Sharqia cerca di proporsi come strumento al di sopra delle parti. Se pure denuncia i danni di violenza e terrorismo, non risparmia però le accuse contro le brutalità commesse dai soldati americani. Ormai da un paio di mesi trasmette una volta alla settimana Karaste ual amel (traducibile come «lavoro e materiali»), un programma in cui in ogni puntata viene scelta un'abitazione danneggiata dalle truppe Usa e l'emittente garantisce la completa riparazione a patto che gli inquilini siano disposti a raccontare le loro storie davanti alla telecamera. Ogni sera, dopo i notiziari delle 21, va poi in onda Caricatura : mezz'ora di satira contro la corruzione. Per esempio la ricostruzione in chiave farsesca delle recenti accuse contro il ministro della Difesa di aver trasferito in contanti quasi 500 milioni di dollari dalla Banca centrale di Bagdad al Libano. Sei comici di professione, tra gli altri Abu Henej, celebre anche negli anni del regime, se la prendono con i telefonini che non funzionano, la mancanza di elettricità, i funzionari al ministero del Petrolio che con la copertura dei politici e la passività connivente degli americani regalano benzina a parenti e amici da rivendere sul mercato nero. Non manca neppure l'ironia contro le decine di liste elettorali sorte dal nulla e dalle migliaia di candidati ancora del tutto sconosciuti dal grande pubblico. Le tv irachene concedono a ciascuno tra i 3 e i 5 minuti a testa prima del voto. Chi vuole più spazio deve pagare. Sino a 11.000 dollari ogni 30 secondi per gli orari di punta. Ma parlare con i responsabili dell'emittente risulta praticamente impossibile. I loro uffici lungo il Tigri sono controllati da guardie armate, il marciapiede di fronte all'entrata è cintato di filo spinato per evitare le autobomba. Alcuni temono la vendetta dei vecchi compagni nel partito Baath. E' il caso di Moaied Al Badri, ex direttore dei programmi sportivi per la tv del regime, poi caduto in disgrazia, fatto licenziare dal figlio di Saddam Hussein, Uday, e ora tornato a occuparsi di calcio per Al Sharqia . «Non posso rilasciare interviste per motivi di sicurezza. Non sapete che negli ultimi mesi sono stati assassinati almeno 10 giornalisti iracheni? E sapete quanti sono stati minacciati?», risponde frettoloso anche il direttore, Alà Dahan. Parla invece molto più facilmente Mohammed Abdul Jabbar, direttore del quotidiano Al-Sabah (oltre 50.000 copie vendute ogni giorno), che però viene all'appuntamento nella zona protetta dagli americani dell'Hotel Palestine scortato da due guardie armate. Non lo lasciano neppure per il pranzo. Spiega: «Noi della carta stampata abbiamo fatto del nostro meglio per raccontare la campagna elettorale. Sei giorni alla settimana dai primi di gennaio pubblichiamo un supplemento di 4 pagine chiamato Ntikab (l'imperativo "vota") e finanziato dalla Commissione elettorale governativa. Ma non basta. Solo il 4 per cento degli iracheni legge i giornali. L'unico modo per raggiungere il grande pubblico dove non si può fare campagna elettorale, come Bagdad, Mosul e le zone sunnite, resta la televisione. Sempre che la gente disponga dei generatori per farla funzionare». Si calcola che comunque il 60 per cento dei possessori di televisioni sia collegato con un'antenna satellitare. Una rivoluzione avvenuta subito dopo la caduta del regime: la rivolta spontanea contro il divieto assoluto e asfissiante di avere accesso a qualsiasi canale che non fosse quello nazionale. Così si spazia liberamente tra i film egiziani e siriani anni Cinquanta, i quiz luccicanti della Lbc (Lebanon Broadcasting Corporation), i programmi religiosi iraniani e sauditi, sino ai porno delle tv private europee e turche. Tra gli iracheni cala l'audience della tv del Qatar, Al Jazira , e sale invece quello dell'emittente rivale del Dubai, Al Arabiya . La prima, che pure andava per la maggiore ancora nell'estate 2003, è ora vista da tanti come il canale degli estremisti sunniti. « Al Arabiya all'inizio era ostile alle elezioni. Ma adesso partecipa a diffondere la campagna elettorale», dice Emad Alkafaji, di Al Hurra , l'emittente locale filo-Allawi, che assieme a El Iraqia è finanziata dal Congresso americano. E aggiunge: «Mi spiace che Al Jazira sia stata obbligata dal governo a chiudere gli uffici in Iraq. Ma era inaccettabile che continuasse a diffondere i video di Al Qaeda. Chi si fa portavoce dei terroristi ne diventa complice».
Lorenzo Cremonesi

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