Tuesday, August 08, 2006

Nel duello Lieberman-Lamont si disegna il Partito democratico delle presidenziali 2008

CONNECTICUTNELLE PRIMARIE PER LA SCELTA DEL CANDIDATO ALLE ELEZIONI DI MIDTERM, SI SCONTRANO UN MODERATO E UN OUTSIDER SOSTENUTO DALL’ALA LIBERAL
Nel duello Lieberman-Lamont si disegna il Partito democratico delle presidenziali 2008
di STEFANO BALDOLINI
Europaquotidiano martedi 8 agosto 2006

Oggi si vota in Connecticut per scegliere il candidato dei democratici al senato alle elezioni del prossimo novembre, le cosiddette mid-term che ridisegneranno il Congresso, ora a maggioranza repubblicana.
A sfidarsi, le due componenti principali del partito dell’asinello. Da un lato i moderati, rappresentati dal senatore uscente Joe Lieberman, già candidato alla vicepresidenza da Al Gore nel 2000 e sfidante indipendente di George W. Bush nel 2004, dall’altro i liberal, che appoggiano un outsider, l’uomo d’affari Ned Lamont.
Dovrebbe trattarsi di un normale turno di primarie, ma così non è. Basta leggere i giornali più influenti del paese, con il Washington Post che non esita a parlare di «spartiacque» politico, e il New York Times di «battaglia per l’anima del partito democratico». E il fatto che le forze impegnate siano guidate da personaggi decisamente atipici non sembra indebolire la tesi di uno scontro epocale. Per dirla con il Guardian, si tratta del «meno affidabile» dei democratici «per il più affidabile dei seggi» (il Connecticut è considerato uno stato sicuro), contro un candidato costruito, per così dire, in provetta e a caccia del risentimento anti Bush.
Con la visione bipartisan del primo, attivo sostenitore dell’intervento in Iraq (fu uno dei 29 senatori democratici che votarono la missione), destinata a soccombere al radicalismo antiwar del secondo, sostenuto da movimenti web come MoveOn, che dal canto loro, forti dell’esperienza Howard Dean, si affermano sempre più come king-maker nella politica americana.
Tutto questo è sufficiente per fare del voto di oggi una questione nazionale.
Così per ribaltare i pronostici, Joe Lieberman, 64 anni, laureato a Yale in legge, veterano di Washington ma assai meno noto nell’America profonda, ha passato gli ultimi giorni della campagna elettorale a prendere le distanze da George W. Bush, e a definire bugiardo l’avversario che dal canto suo aveva lavorato sodo per affibbiargli l’etichetta di uomo del presidente.
«Io sono stato l’unico democratico americano a correre due volte contro George W. Bush in elezioni nazionali», è stato il suo mantra difensivo, che gli ha fatto comunque recuperare terreno nei sondaggi, e rimontare di tre punti, passando da un drammatico 41 per cento contro 54 della scorsa settimana (fonti Quinnipiac), al 45 per cento contro 51 di ieri.
Strano destino, quello del figlio di uno cresciuto in orfanotrofio, poi fattorino di una panetteria, che rischia di venire spazzato via da un miliardario sconosciuto ai più. Già, perché solo tre mesi fa, il 91 per cento dei democratici dichiaravano di non conoscere Ned Lamont, 52 anni, patrimonio personale stimato di circa 300 milioni di dollari, a capo di una società per impianti di telecomunicazioni, sposato con una venture capitalist ed erede di Thomas Lamont, il bisnonno presidente della Morgan Bank.
Scrive il Washington Post che una vittoria di Lamont finirebbe per ridisegnare la politica di sicurezza nazionale di un eventuale candidato alla Casa Bianca. Che con il suo successo, dovrebbero essere in molti a fare i conti, da Hillary Clinton, recentemente contestata per il suo appoggio alla guerra, ad Al Gore, fresco di attivismo neo-green e a suo tempo contrario all’intervento militare.
Questo ultimo potrebbe addirittura riconsiderare l’ipotesi di una candidatura.
Intanto non pochi repubblicani auspicano una affermazione di Lamont e uno spostamento su posizioni radicali dei loro avversari. «Vogliono ritirarsi, “sotto la maschera” della riduzione delle truppe in Iraq», scrive William Kristol nell’ultimo numero del Weekly Standard.
Il tempo stabilirà se la rappresentatività a scala nazionale del Connecticut, per tradizione democratico e dall’elettorato “garbato”, sia stata in questi giorni sovrastimata, ma il voto di oggi potrebbe portare un altro elemento importante al dibattito politico.
Dalle urne potrebbe infatti uscire l’embrione di quel terzo polo centrista auspicato da più parti e in diversi momenti della storia americana.
Lieberman ha infatti annunciato per tempo che in caso di sconfitta, alle elezioni di mid-term si presenterà da solo.
È un’eventualità non da poco, se si considera che nel Connecticut, su due milioni e centomila votanti, circa 942 mila (pari al 45 per cento) non sono affiliati ad alcun partito. Si tratta della maggioranza – se confrontata ai circa 700 mila militanti democratici e ai 456 mila repubblicani – una “miniera”, da cui estrarre consenso a piene mani.
Solo lo scorso gennaio, Alan Greenspan, poco prima di lasciare la presidenza della Federal Reserve, parlò di una frattura ideologica irreparabile che divide i conservatori del partito repubblicano dai liberal del partito democratico. Di uno spazio al centro dello schieramento politico per un eventuale candidato indipendente con adeguate capacità finanziarie e organizzative.
Da presentare nel 2008, o magari nel 2012. Anche sotto quest’ottica, le primarie del Connecticut sembrano un laboratorio interessante.

0 Comments:

Post a Comment

<< Home