Wednesday, June 21, 2006

Nella guerra “nucleare” dei nervi, Teheran ora gioca una parte più soft

IL MINISTRO MOTTAKI ATTESO A ROMA
Nella guerra “nucleare” dei nervi, Teheran ora gioca una parte più soft
di STEFANO BALDOLINI
Europa, martedì 20 giugno 2006

Gioco delle parti o meno, e in attesa della visita romana del capo della diplomazia di Teheran, Manuchehr Mottaki, prevista in settimana, non c’è dubbio che il gioco di forza tra l’Iran e il resto del mondo sia arrivato alla resa dei conti.
Le aspettative della comunità internazionale sembrano confermate dai toni, decisamente più morbidi, assunti recentemente da Mahmoud Ahmadinejad. «Difendiamo i diritti dell’Iran in modo deciso, coerente ma anche razionale e meditato», ha dichiarato solo ieri il presidente iraniano incontrando l’ayatollah Ali Khamenei.
E di «atmosfera positiva che può aiutare le trattative», ha parlato domenica scorsa Manouchehr Mottaki.
Certo, permangono le incertezze. Mottaki stesso non ha precisato se l’Iran risponderà al “pacchetto” di incentivi presentato all’inizio di giugno dal cosiddetto 5+1, i cinque paesi membri con diritto di veto del Consiglio di sicurezza dell’Onu – Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna – più la Germania. Incentivi che scatterebbero però solo in cambio della rinuncia ad arricchire l'uranio, il processo che secondo gli Stati Uniti e i suoi alleati punterebbe alla produzione di armi atomiche, e non di energia elettrica come sostenuto da Teheran.
Su questo punto Washington non è disposta a fare concessioni e rilancia: l’Iran rischia un intervento del Consiglio di sicurezza dell’Onu e sanzioni più severe. «Se i leader iraniani vogliono pace e prosperità e un futuro migliore per il loro popolo, dovrebbero accettare la nostra offerta, abbandonare i piani di armi nucleari e rispettare i loro doveri internazionali», ha detto ieri George W. Bush durante una cerimonia presso l’Accademia della marina mercantile. «Armi nucleari in mano al regime iraniano sarebbero una grave minaccia per tutto il mondo », ha aggiunto il presidente, che alla vigilia della missione in Europa, ha chiesto «un’unità d’intenti» con Bruxelles. E della vicenda dovrebbe discutersi nell’incontro Usa-Ue, in programma domani a Vienna.
Nelle stesse ore l’ex capo degli ispettori Onu, Hans Blix, dichiarava all’Associated Press che l’Iran «sarà in grado di produrre una bomba nucleare entro il 2010» se gli sarà permesso di arricchire l’uranio a scala industriale. «Èun problema di volontà», ha precisato Blix.
I leader iraniani che oggi sembrano escludere la costruzione di ordigni atomici «potrebbero cambiare idea».
La presa di posizione di Bush arriva all’indomani delle indiscrezioni raccolte dal Financial Times , secondo il quale l’Iran «sarebbe pronto a limitare il programma nucleare», ma non a sospendere il processo d’arricchimento. Secondo le fonti ascoltate dal quotidiano finanziario, Teheran farebbe affidamento sull’appoggio di Cina e Russia, che si “sfilerebbero” all’ultimo momento e finirebbero per indebolire la proposta dei Grandi.
In questa ottica vanno lette le dichiarazioni del portavoce degli Esteri, Hamid Reza Asefi. «Non ignoreremo il nostro diritto all’arricchimento», ha ribadito solo domenica scorsa il suo portavoce.
«Se i paesi europei hanno una logica – ha aggiunto Ase- fi– potremo avere negoziati senza alcuna pre-condizione. Se gli Usa vogliono agire in modo saggio, rimuoveranno ogni pre-condizione ».
Insomma, la guerra dei nervi, che ormai dura da quattro anni, si arricchisce di un capitolo decisivo e quella che si preannuncia come una svolta, ossia la risposta ufficiale della repubblica islamica, dovrebbe arrivare tra la fine di giugno o i primi di luglio.
Nel frattempo i segnali di distensione sul programma nucleare fanno registrare ricadute positive sulla quotazione del greggio, che si allontana dalla soglia dei 70 dollari. «Con la questione iraniana in sospeso, non si può davvero prendere una posizione troppo negativa sul mercato», dice alla Reuters David Thurtell di Commonwealth Bank of Australia. «Credo che il greggio potrebbe scendere di 6 o 7 dollari se l’Iran abbandonasse le proprie ambizioni nucleari e credo che lo farà. Sta solo cercando di ottenere in cambio degli incentivi», ha aggiunto.
In questo contesto non sfugge l’importanza dell’accordo firmato dalla compagnia petrolifera cinese Sinopec con l’Iran per l’esplorazione di giacimenti di petrolio e gas ad alta profondità a Garmsar, nella provincia del Serman, nel nord del paese, dove cinquant’anni fa è nato il presidente Ahmadinejad. Nel 2005, la Cina ha importato dall’Iran circa 300 mila barili di greggio al giorno, evidentemente la “fame” di energia di Pechino mal si concilia con i tempi della diplomazia.

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