Friday, March 18, 2005

sembra resistere la tela di Bush

Reazioni contrastanti alla nomina di Wolfowitz, sembra resistere la tela di Bush
Stefano Baldolini
La risposta a caldo della comunità internazionale alla “candidatura impresentabile” di Paul Wolfowitz alla presidenza della Banca Mondiale può considerarsi decisamente interlocutoria. E dunque qualcosa in più di un mezzo successo per il Bush seconda maniera. Quello che invia la neo-segretaria di Stato Condy Rice a ricucire lo strappo atlantico più o meno negli stessi giorni in cui a Davos si discuteva (senza alcun rappresentante di spicco americano) di lotta alla povertà e di governance globale, quello che giunge di persona nel cuore dell’Europa, quello che prima di tirare fuori il “falco dal cilindro” chiama le cancellerie di mezzo mondo, da Chirac al presidente sud africano Thabo Mbeki (passando per Berlusconi).
Con il risultato che ogni protagonista è sembrato limitarsi a rispettare senza troppa convinzione il proprio spartito, in un concerto complessivo di cause-effetti ai quali la tela diplomatica di Bush sembra ormai ben attrezzata.
Così, se il segretario al Foreign Office britannico, Jack Straw, ha accolto positivamente l'annuncio e si è detto pronto a lavorare con Wolfowitz, “una personalità di spicco, esperta sul piano internazionale”, decisamente più tiepide sono state le reazioni del suo collega francese, Michel Barnier, che ha provato a “depotenziare” la mossa Usa (“è una proposta. La esamineremo in funzione della personalità ed eventualmente di altri candidati”), o del governo tedesco.
“L'entusiasmo nella vecchia Europa non è proprio travolgente”, ha dichiarato il ministro dello sviluppo Heidemaria Wieczorek-Seul, con una punta di humour decisamente british.
Sullo sfondo, la cautela della Commissione europea, che si è limitata a "prendere nota" della designazione. “Per noi la cosa importante è che lo sviluppo sia al centro dell'azione della Banca mondiale”, ha dichiarato un portavoce di Bruxelles.
“La nomina è stata una sorpresa per qualcuno. Comunque Wolfowitz deve avere il tempo di definire se stesso prima che tutti gli altri lo definiscano. Aspettiamo e vediamo cosa succedera”, ha aggiunto il commissario europeo al commercio estero, Peter Mandelson.
Positiva la reazione del Giappone. “Wolfowitz è una gran persona e ben preparato sui temi relativi allo sviluppo in Asia”, ha dichiarato Hiroyuki Hosoda, dell’esecutivo di Tokio.
E l’ideologo della guerra irachena piace al Direttore del Fmi, de Rato, perché porterà “una serie impressionante di esperienze nel servizio pubblico, tra cui la gestione degli affari internazionali, in particolare in Asia e in Medio Oriente”.
Ci provano le ong a mettere qualche granello di sabbia nell’ingranaggio.
Dave Timms, portavoce del World Development Network, ha definito “terrificante” la designazione. Il numero due del Pentagono è “inesperto e una figura che divide”, ha dichiarato Patrick Watt, della britannica Action Aid.
Non manca il dibattito nel mondo accademico. Tra le voci più critiche, Jeffrey Sachs, il direttore dell’Earth Institute alla Columbia University, che punta l’indice contro la presunta inadeguatezza culturale. “E’ il momento per altri candidati più competenti di farsi avanti”, ha dichiarato il consigliere di fiducia in materia di povertà di Kofi Annan.
“Non abbiamo bisogno di una persona competente in sviluppo”, gli ha risposto Allan Metzer, tra gli studiosi più critici di Banca Mondiale e Fondo Monetario. “Alla Banca Mondiale siamo pieni di persone così. La questione chiave è amministrativa.”
Tutto secondo copione anche sui media. Con il Wall Street Journal, vicino ai neoconservatori, particolarmente favorevole alla designazione, e gli altri alla finestra. E mentre Al Jazeera sottolinea che “la nomina avrà una particolare importanza per Israele. Che la Banca Mondiale giocherà un ruolo chiave a Gaza nell’attuazione del piano di ritiro di Sharon”, è proprio attraverso la stampa, che lo stesso Wolfowitz prova a stemperare il clima, come detto neanche troppo acceso.
“Prima di avere una mia visione, avrò bisogno di ascoltare molto.. Io credo profondamente nell’obiettivo dello sviluppo”, ha dichiarato con toni decisamente concilianti al Financial Times, il “crociato della democrazia”, che si è detto ispirato, nella sua nuova missione, dal recente tsunami.
Venerdì 18 marzo 2005 su Europa Quotidiano

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