Sempre più scarsa, sempre più “salata”
AMBIENTE E RISORSE Domani la giornata mondiale dell’acqua voluta dalle Nazioni Unite
Sempre più scarsa, sempre più “salata”
Più di una persona su sei nel mondo, ovvero 1,1 miliardi, non ha nemmeno accesso ai 20-50 litri giornalieri d’acqua dolce pulita, la quantità minima che l’Onu considera necessaria per soddisfare i bisogni primari di una persona, ovvero bere, cucinare, e lavarsi. Due persone su cinque non hanno servizi igienico-sanitari, ogni giorno 3.800 bambini muoiono di sete.
di STEFANO BALDOLINI
Europa quotidiano, mercoledì 20 marzo 2007.
“Fronteggiare la scarsità d’acqua” è il tema della Giornata mondiale dell’acqua 2007, celebrata ogni anno dalle Nazioni Unite il 22 marzo. Due importanti rapporti hanno preceduto l’appuntamento di quest’anno.
Uno studio del Wwf, “Rich countries, Poor water”, diffuso nell’agosto del 2006, ha mostrato come i cambiamenti climatici, la siccità, la scomparsa di zone umide, ma anche la cattiva gestione e l’inadeguatezza delle infrastrutture idriche stanno alimentando una crisi dell’acqua anche nei paesi ricchi, primi consumatori della preziosa risorsa.
Secondo un altro studio, dell’International Water Management Institute, è un terzo degli abitanti del mondo a fare i conti con la penuria d’acqua causata dal surriscaldamento globale, dall’aumento demogra fico e dalla cattiva gestione delle risorse idriche esistenti.
In effetti i dati sono allarmanti. Più di una persona su sei nel mondo, ovvero 1,1 miliardi, non ha nemmeno accesso ai 20- 50 litri giornalieri d’acqua dolce pulita, la quantità minima che l’Onu considera necessaria per soddisfare i bisogni primari di una persona, ovvero bere, cucinare, e lavarsi. Due persone su cinque non hanno servizi igienico-sanitari adeguati, ed ogni giorno 3.800 bambini muoiono di sete o per malattie conseguenti a condizioni igienico-sanitarie scadenti.
Mancanza d’acqua, concetto relativo
Ovviamente il problema si acutizza nelle zone più aride del mondo, dove vivono più di due miliardi di persone, e più della metà dei poveri del mondo. Nella maggior parte dei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa dove secondo un recente rapporto della Banca Mondiale, “Making the Most of Scarcity”, è già utilizzata l’80 per cento dell’acqua che proviene dalle piogge nella regione.
Ma anche in paesi relativamente sviluppati come Messico, Pakistan, Sudafrica e in gran parte della Cina e dell’India.
Tuttavia, sebbene la mancanza d’acqua richiami alla mente l’immagine della siccità, quest’ultima è solo una delle tante manifestazioni del problema. «La mancanza d’acqua è un concetto relativo – scrivono gli esperti delle Nazioni Unite – poiché può riferirsi sia alla mancanza assoluta d’acqua, sia alla difficoltà d’accesso a delle riserve idriche sicure.» In tutti i continenti le risorse idriche sono sempre più sfruttate dalla crescente richiesta di interventi irrigui per scopi agricoli, per le opere di urbanizzazione e per uso industriale.
Le stime prevedono che la popolazione mondiale raggiungerà la cifra di 8,1 miliardi entro il 2030, con un fabbisogno alimentare mondiale in crescita del 55 per cento rispetto ai dati del 1998 ed il relativo aumento del fabbisogno idrico per l’irrigazione pari ad almeno il 14 per cento.
Irrigazione agricola: un prezzo salato
«La capacità produttiva dell’agricoltura – secondo gli esperti Onu - è fondamentale per ridurre la povertà ed incoraggiare lo sviluppo socio-economico. Tuttavia, il prezzo pagato per aumentare la produzione agricola è stato alto.» L’ottanta per cento della superficie agricola mondiale si basa su un apporto idrico pluviale mentre il venti per cento sull’irrigazione, ma è quest’ultima che genera il quaranta per cento della produzione agricola totale. Tuttavia gli interventi irrigui hanno ridotto le risorse idriche sotterranee e di superficie, hanno indebolito la qualità e la resistenza del suolo, riducendo così la vegetazione spontanea e la fauna locale. «La sfida che il settore agricolo deve cogliere, e che nessuno può più permettersi di ignorare, è trovare un modo per incrementare la produzione utilizzando meno acqua e ridurre i potenziali danni ambientali.»
La paura della finanza
Uno degli obiettivi del millennio è di dimezzare entro il 2015 il miliardo di persone che non ha accesso all’acqua. Il costo stimato è di 23 miliardi di dollari all’anno in progetti globali di gestione delle risorse idriche.
Il principale soggetto chiamato a finanziare progetti di sviluppo naturalmente è la Banca mondiale, che garantisce prestiti annuali per complessivi di 3,3 miliardi dollari, attraverso l’International Development Agency.
Ma c’è un altro problema che l’emergenza acqua porta con sé, ed è quello legato ai potenziali rischi finanziari legati alla carenza della preziosa risorsa, e alla possibilità che possano scoppiare conflitti in aree critiche, per esempio tra paesi africani o latino americani. D’altro canto, già nel 1995, dalle Nazioni Unite vaticinavano che «nel prossimo secolo, le guerre scoppieranno per l’acqua». E oggi non è così difficile immaginare un’escalation della tensione nel bacino del Nilo, del Tigri-Eufrate, o nel Mekong, in Cina.
Carenze d’acqua, incremento dei costi di produzione, ritardi nella consegna, limiti all’espansione commerciale, il tutto innescherebbe una spirale negativa pronta a ripercuotersi sulle imprese e di conseguenza sui mercati. In questo senso, fa scuola il caso della indiana Chennai Petroleum Corporation, che negli anni ‘80 fu obbligata a chiudere a causa della scarsità d’acqua ed oggi, per sopravvivere, è costretta ad acquistare acque di scolo.
Sempre più scarsa, sempre più “salata”
Più di una persona su sei nel mondo, ovvero 1,1 miliardi, non ha nemmeno accesso ai 20-50 litri giornalieri d’acqua dolce pulita, la quantità minima che l’Onu considera necessaria per soddisfare i bisogni primari di una persona, ovvero bere, cucinare, e lavarsi. Due persone su cinque non hanno servizi igienico-sanitari, ogni giorno 3.800 bambini muoiono di sete.
di STEFANO BALDOLINI
Europa quotidiano, mercoledì 20 marzo 2007.
“Fronteggiare la scarsità d’acqua” è il tema della Giornata mondiale dell’acqua 2007, celebrata ogni anno dalle Nazioni Unite il 22 marzo. Due importanti rapporti hanno preceduto l’appuntamento di quest’anno.
Uno studio del Wwf, “Rich countries, Poor water”, diffuso nell’agosto del 2006, ha mostrato come i cambiamenti climatici, la siccità, la scomparsa di zone umide, ma anche la cattiva gestione e l’inadeguatezza delle infrastrutture idriche stanno alimentando una crisi dell’acqua anche nei paesi ricchi, primi consumatori della preziosa risorsa.
Secondo un altro studio, dell’International Water Management Institute, è un terzo degli abitanti del mondo a fare i conti con la penuria d’acqua causata dal surriscaldamento globale, dall’aumento demogra fico e dalla cattiva gestione delle risorse idriche esistenti.
In effetti i dati sono allarmanti. Più di una persona su sei nel mondo, ovvero 1,1 miliardi, non ha nemmeno accesso ai 20- 50 litri giornalieri d’acqua dolce pulita, la quantità minima che l’Onu considera necessaria per soddisfare i bisogni primari di una persona, ovvero bere, cucinare, e lavarsi. Due persone su cinque non hanno servizi igienico-sanitari adeguati, ed ogni giorno 3.800 bambini muoiono di sete o per malattie conseguenti a condizioni igienico-sanitarie scadenti.
Mancanza d’acqua, concetto relativo
Ovviamente il problema si acutizza nelle zone più aride del mondo, dove vivono più di due miliardi di persone, e più della metà dei poveri del mondo. Nella maggior parte dei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa dove secondo un recente rapporto della Banca Mondiale, “Making the Most of Scarcity”, è già utilizzata l’80 per cento dell’acqua che proviene dalle piogge nella regione.
Ma anche in paesi relativamente sviluppati come Messico, Pakistan, Sudafrica e in gran parte della Cina e dell’India.
Tuttavia, sebbene la mancanza d’acqua richiami alla mente l’immagine della siccità, quest’ultima è solo una delle tante manifestazioni del problema. «La mancanza d’acqua è un concetto relativo – scrivono gli esperti delle Nazioni Unite – poiché può riferirsi sia alla mancanza assoluta d’acqua, sia alla difficoltà d’accesso a delle riserve idriche sicure.» In tutti i continenti le risorse idriche sono sempre più sfruttate dalla crescente richiesta di interventi irrigui per scopi agricoli, per le opere di urbanizzazione e per uso industriale.
Le stime prevedono che la popolazione mondiale raggiungerà la cifra di 8,1 miliardi entro il 2030, con un fabbisogno alimentare mondiale in crescita del 55 per cento rispetto ai dati del 1998 ed il relativo aumento del fabbisogno idrico per l’irrigazione pari ad almeno il 14 per cento.
Irrigazione agricola: un prezzo salato
«La capacità produttiva dell’agricoltura – secondo gli esperti Onu - è fondamentale per ridurre la povertà ed incoraggiare lo sviluppo socio-economico. Tuttavia, il prezzo pagato per aumentare la produzione agricola è stato alto.» L’ottanta per cento della superficie agricola mondiale si basa su un apporto idrico pluviale mentre il venti per cento sull’irrigazione, ma è quest’ultima che genera il quaranta per cento della produzione agricola totale. Tuttavia gli interventi irrigui hanno ridotto le risorse idriche sotterranee e di superficie, hanno indebolito la qualità e la resistenza del suolo, riducendo così la vegetazione spontanea e la fauna locale. «La sfida che il settore agricolo deve cogliere, e che nessuno può più permettersi di ignorare, è trovare un modo per incrementare la produzione utilizzando meno acqua e ridurre i potenziali danni ambientali.»
La paura della finanza
Uno degli obiettivi del millennio è di dimezzare entro il 2015 il miliardo di persone che non ha accesso all’acqua. Il costo stimato è di 23 miliardi di dollari all’anno in progetti globali di gestione delle risorse idriche.
Il principale soggetto chiamato a finanziare progetti di sviluppo naturalmente è la Banca mondiale, che garantisce prestiti annuali per complessivi di 3,3 miliardi dollari, attraverso l’International Development Agency.
Ma c’è un altro problema che l’emergenza acqua porta con sé, ed è quello legato ai potenziali rischi finanziari legati alla carenza della preziosa risorsa, e alla possibilità che possano scoppiare conflitti in aree critiche, per esempio tra paesi africani o latino americani. D’altro canto, già nel 1995, dalle Nazioni Unite vaticinavano che «nel prossimo secolo, le guerre scoppieranno per l’acqua». E oggi non è così difficile immaginare un’escalation della tensione nel bacino del Nilo, del Tigri-Eufrate, o nel Mekong, in Cina.
Carenze d’acqua, incremento dei costi di produzione, ritardi nella consegna, limiti all’espansione commerciale, il tutto innescherebbe una spirale negativa pronta a ripercuotersi sulle imprese e di conseguenza sui mercati. In questo senso, fa scuola il caso della indiana Chennai Petroleum Corporation, che negli anni ‘80 fu obbligata a chiudere a causa della scarsità d’acqua ed oggi, per sopravvivere, è costretta ad acquistare acque di scolo.
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