Saturday, April 09, 2005

Terra sempre più a rischio a causa dell'uomo

Terra sempre più a rischio a causa dell'uomo
Stefano Baldolini

“L'attività umana sta ponendo dei seri rischi alle naturali funzioni della Terra tanto che la capacità degli ecosistemi del pianeta di sostenere le future generazioni non può più essere data per scontata.” Questa la drammatica denuncia del Millennium Ecosystem Assessment Synthesis Report, ricerca coordinata dalle Nazioni Unite e finanziata da Global Environment Facility, United Nations Foundation, David and Lucile Packard Foundation e Banca Mondiale.
“Il 60% dei servizi forniti dalla natura al genere umano – aria pulita, acqua, stabilità climatica.. - è degradato o usato in maniera non sostenibile.”
E le dannose conseguenze di tale tendenza “potrebbero crescere significativamente nei prossimi 50 anni vanificando gli sforzi verso i cosiddetti Obiettivi del Millennio”, si legge nel documento alla cui stesura hanno collaborato oltre 1.360 esperti di 95 paesi.
Negli ultimi cinquant'anni gli esseri umani hanno modificato gli ecosistemi “più rapidamente e profondamente” che in qualsiasi altro periodo della storia umana, soprattutto per venire incontro alla crescente domanda di cibo, acqua dolce, legno, fibre e combustibile.
Con il termine “ecosistema”, introdotto nel 1935 dall’ecologo inglese George Tansley, si intende il sistema formato dall'insieme degli organismi vegetali e animali che popolano un dato luogo e dai fattori ambientali che caratterizzano il luogo stesso. Un ecosistema ha capacità di autoregolazione. Cioè entro certi limiti riesce a tamponare le variazioni determinate da fattori esterni, ripristinando il suo equilibrio; ma al di fuori di tali valori l’equilibrio tra le componenti del sistema può spostarsi in modo irreversibile, determinando l’alterazione o la morte dell’ecosistema stesso (si pensi all’immissione di un’ingente quantità di inquinanti chimici in un piccolo lago). Proprio tale principio sembra essere minato dalla recente accelerazione impressa dall’uomo. Per farsi un’idea basta pensare che è stata convertita alla coltivazione più terra dal 1945 che nel diciottesimo e diciannovesimo secolo messi insieme. “Ciò ha provocato una sostanziale e irreversibile perdita delle biodiversità” con il risultato che oggi rischiano l'estinzione dal 10% al 30% delle specie di mammiferi, uccelli e anfibi.
A partire da tali ipotesi lo studio prefigura scenari inquietanti: epidemie di colera o malaria, ma anche la comparsa di malattie ad oggi sconosciute. E prova a tracciare le linee per i cosiddetti decision makers sollecitati a cambiare le basi economiche su cui si compiono le scelte, a migliorare le politiche, la pianificazione e la gestione, ad influenzare i comportamenti individuali e sviluppare le tecnologie a basso impatto ambientale.
Il genetista e filosofo della scienza Lewontin affermava che “ogni organismo produce e distrugge le condizioni della propria esistenza” ma che “gli esseri umani hanno una proprietà unica che non è condivisa dagli altri organismi. (..) Non possono arrestare i cambiamenti del mondo ma con un’adeguata organizzazione sociale possono orientare quei cambiamenti in una direzione più vantaggiosa e così, forse, anche rimandare la loro estinzione di alcune centinaia di migliaia di anni.” (Biologia come ideologia, 1991). Il rapporto, disponibile online all’indirizzo www.millenniumassessment.org, sembra lanciare l’ennesimo appello perché, da tale peculiarità, si riprovi a ripartire.
Europa di giovedì 31 marzo

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